Realism – Poeti inglesi contemporanei /6

da | Ott 10, 2015

Traduzioni e nota critica di Giovanni Greco.

***

DIARIO

Sono sempre stato cosciente che un giorno morirò
ma sento la mia vera mortalità iniziare
quest’anno quando, per la prima volta, ho compilato
‘in caso di emergenza si prega avvisare:’

*

DIARY

I’ve always been aware one day I’ll die
but I feel my real mortality begin
when this year, for the first time, I’ve filled in
the ‘in case of emergency please notify:’

***

L’INTERURBANA

I
Ti alzi sempre con il piede sinistro. La tua vita è un [dramma.
Lascio che la telefonata faccia la lugubre corsa nota:
‘N ce la faccio più, in ‘sta casa vuota!
Le carote strozzano senza la salsa di mamma!

Le caramelle che m’hai portato, te le puoi ripigliare.
Ho il diabete, ora. M’ha detto tutto.
(Il diabete che si va a sommare
alle due coronarie e alle cataratte.)

Mi so’ sempre piaciute le cose dolci! Ma ora mi metto
il cibo in gola! Tanto vale farne a meno.
E se bevo birra (il dietista l’ha detto)
è solo per sciacquare i reni.

Quando vado a trovarlo, saranno pronte lì, le caramelle,
le Lifesavers, i piaceri del Nuovo Mondo di mio padre,
ancora nella scatolona marrone, e comprate davvero
in gran fretta all’aeroporto JFK, come ultimo pensiero.

II
Benché mamma fosse già morta due anni addietro,
papà le scaldava le pantofole alla stufa a gas,
le metteva la borsa dell’acqua calda nel letto,
e andava ancora a rinnovarle la tessera dell’autobus.

Non si poteva capitare per caso. Bisognava telefonare.
Ti rimandava di un’ora per darsi tempo
di riporre le cose di lei e sembrare solo
come se fosse un crimine il suo amore ancora fresco.

Non poteva rischiare la mia incredulità senza cuore,
sebbene sicuro che presto l’avrebbe sentita armeggiare
con la chiave nella ruggine della toppa, disperdere il suo [dolore.
Sapeva che era appena uscita per comprare il tè.

Credo che la vita finisca con la morte, e questo è quanto.
So che voi due non siete andati a far la spesa, eppure
c’è il vostro nome nella mia nuova agenda di pelle scura
e il numero disattivato che ancora chiamo.

*

LONG DISTANCE

1.
Your bed’s got two wrong sides. You life’s all grouse.
I let your phone-call take its dismal course:

Ah can’t stand it no more, this empty house!

Carrots choke us wi’out your mam’s white sauce!

Them sweets you brought me, you can have ‘em back.
Ah’m diabetic now. Got all the facts.
(The diabetes comes hard on the track
of two coronaries and cataracts.)

Ah’ve allus liked things sweet! But now ah push
food down mi throat! Ah’d sooner do wi’out.
And t’only reason now for beer ‘s to flush
(so t’dietician said) mi kidneys out.

When I come round, they’ll be laid out, the sweets,
Lifesavers, my father’s New World treats,
still in the big brown bag, and only bought
rushing through JFK as a last thought.

2.
Though my mother was already two years dead
Dad kept her slippers warming by the gas,
put hot water bottles her side of the bed
and still went to renew her transport pass.

You couldn’t just drop in. You had to phone.
He’d put you off an hour to give him time
to clear away her things and look alone
as though his still raw love were such a crime.

He couldn’t risk my blight of disbelief
though sure that very soon he’d hear her key
scrape in the rusted lock and end his grief.
He knew she’d just popped out to get the tea.

I believe life ends with death, and that is all.
You haven’t both gone shopping; just the same,
in my new black leather phone book there’s your name
and the disconnected number I still call.

***

Da L’antologia di guerra (1)

I
L’OPERAZIONE CUORI E MENTE

La ‘decapitazione’ per vincere cuori
e menti, un bombardamento dato per chirurgico,
umano, è soltanto parzialmente taumaturgico
se l’inizio è lo scalpo di un bimbo col cervello di fuori.

II
IMMAGINE ALLO SPECCHIO

Costretto in casa con il sole che splende fuori
un bambino di sette anni che dovrebbe avere
pace per giocare all’altalena, al girotondo,
allo scivolo, scivolò su un letto da obitori.

IV
RISO AMARO!(2)

“L’Airborne USA non è lì per fare da scorta
ai bambini a scuola” nitrisce Condoleeza
“No, non a scuola” contro-nistrisco io
“ma alla camera mortuaria sì, nel freezer”

V
RICONTA DEI CORPI

Gli Iraqeni morti votano Bush nel finale.
La frode di Bush in Florida si ripete a Baghdad.
Viene rieletto da quelli mentre cadono
come schegge di carne umana nell’urna elettorale.(3)

VI
PARATA DI ROSE

Scusate se i vostri petali di liberatori sono avvizziti.
Non c’è acqua qui per tenere i fiori fioriti
anche se la vostra doccia di metallo a pezzetti, laser [guidata,
la nostra carne di umide rose rosse ha seminata.

IX
NINNANANNA DI BAGHDAD

Ssshhh! Ssshhh! Benché una granata ti faccia urlare
e deformità in futuro come un mostro ti possano segnare,
capirai, un giorno, che l’invalidità è una benedizione e un [favore
inviato tramite bombe cerca-bambini da Hoon il [benefattore.

X
ELEGIA DEL ILLINOIS

Le reliquie di mio figlio tornano per la mia afflizione.
Se avessero potuto, me ne avrebbero portato ancora da [sotterrare.
Si sono dati un tale disturbo per salvare
la traccia del DNA su questo pezzo di cotone.

*

From The Krieg Anthology
I
THE HEARTS AND MINDS OPERATION

‘Decapitation’ to win mind and hearts,
a bombing bruited surgical, humane, ’s
only partially successful when its start ’s
a small child’s shrapnelled scalp scooped of its brains.

II
MIRROR IMAGE

Forced indoor with shining sun outside,
a child of seven who should have peace
on a swing, a roundabout, a slide
slid out on a chilled morgue metal tray.

V
THE BODY RECOUNT

Dead Iraqis vote BUSH after all!
Florida’s Bushibboleth’s become Baghdad’s.
He’s re-elected by them as they fall
with flayed-off human flesh like hanging chads.

VI
ROSE PARADE

Sorry they’re shrivelled, your liberators’ petals!
There’s no water here to keep the flowers fresh
though your laser-guided shower of shattering metal’s
sown these damp red roses in our flesh.

IX
BAGHDAD LULLABY

Ssshhh! Ssshhh! Though now shrapnel makes you shriek
and deformities in future may brand you as a freak,
you’ll see, one day, disablement’s a blessing and a boon
sent in baby-seeking bomblets by benefactor Hoon.

X
ILLINOIS ELEGY

My son’s remains come back for me to grieve.
They’d’ve brought me more to bury if they could.
They went to so much trouble to retrieve
the DNA smear on this cotton bud.

***

POTERE LEGALE

Il nostro futuro re de jure può inzuppare
non più nella fica della sua concubina ma della sua sposa.
O che la Legge faccia di questo monarca una bara
come l’assorbente di Camilla dopo la menopausa.

*

LEGAL RULING

Our future King de jure may be dunked
into his spouse’s cunt no more his whore’s.
O let Law make this monarch as defunct
as Camilla’s tampon after menopause.

***

VUOTI

Seduti a poppa del traghetto, mio figlio, mio Padre, e un [vuoto
dov’ero stato io fino al momento in cui feci queste foto.
Indossano cappelli di pelliccia che avevo portato da [Leningrado
nei giorni della Guerra Fredda prima della caduta del [Muro.

Quello di Papà, malgrado i compagni lo schernissero, era [molto portato.
Nella sua tribuna del Leeds United il cranio pelato
era tenuto al calduccio da un orso bruno siberiano.
Mia figlia ha ora il suo cappello, e Papà è morto da tempo.

Quello di mio figlio era di coniglio e ne aveva staccato
via la pelliccia a brani quando vedemmo Lo squalo.
Non ne ha avuto bisogno al chiuso del caldo reparto,
con le sue visioni da Prima Guerra del Golfo, da infarto.

Questa foto non è che una scena rubata di famiglia felice,
sole brillante di inverno newyorkese tra due docce di luce
che risplendono su loro e nel bel mezzo
le torri ancora inesplose del World Trade Center.

*

GAPS

Sitting in the ferry’s stern, my son, my dad
with a gap where I’d been till I took these snaps.
Both wear fur hats I’d brought from Leningrad
in Cold War days before the Wall’s collapse.

Dad’s, although his mates mocked, got lots of wear.
On his Leeds United terrace his bald head
was kept snug by Siberian brown bear.
My daughter’s got his hat, but Dad’s logn dead.

My son’s was made of rabbit and he gnawed
the fur off it in clumps when he saw Jaws.
He didn’t need it in the locked hot ward,
his visions frightening as the First Gulf War’s.

This snap’s a snatched but happy family scene,
bright New York winter sun between two showers
shining on both of them, and in between
the World Trade Center’s unbombarded towers.

***

Da Afrodite del Mar Nero e altre poesie

DIANA & ATTEONE

E tu, signore, sì, signore, tu che hai appena iniziato
a leggere questi versi sei, forse, un uomo segnato.
Non hai un po’ pensato che mentre hai la visione
di Atteone che s’intromette anche tu fai un’intrusione?
Forse troppo opulenta per gusti più decadenti
per bellezza meno corposa e fianchi macilenti,
Diana, disprezzata dagli intenditori di magrezza sparuta,
punisce chi se l’arruffianerebbe come una porno paffuta.

Atteone fissa il cranio del cervo, la pelle in filigrana
sopra la ninfa che asciuga lo stinco di Diana.
Il cranio del cervo posto in primo piano
sulla carne mortale immortalata da Tiziano,
magari ti induce a compatire il destino di Atteone
dopo aver lasciato la sicurezza di questo stanzone.

Su quelli che la carne di Diana fa sbavare
e scoprire troppo tardi le orbite del cranio del cervo
appariranno peli all’improvviso drizzati
e facce attonite se ne riempiranno come cervi condannati.

Ora che esci dalle porte a vetri della galleria
non è tuo il riflesso di quella testa con chincaglieria? (4)
Per amor di sopravvivenza all’uscita meglio stare
all’erta dai cagnacci che abbaiano in Trafalgar Square.

*

Da Black Sea Afrodite and other poems

DIANA & ACTAEON

And you, sir, yes, sir, you who just began
to read these lines you’re, maybe, a marked man.
Haven’t you half thought that while you view
Actaeon’s intrusion you’re intruding too?
Perhaps too chubby for most modern tastes
for less ample pulchritude and skinny waists,
Diana, scorned by connoisseurs of scrawn,
punishes those who’d pimp her as plump porn.

Actaeon stares at the stag skull, the flayed skin
above the nymph who dries Diana’s shin.
The stag skull in its dominant position
over mortal flesh immortalised by Titian,
maybe marks you out to share Actaeon’s doom
after you’ve left the safety of this room.

On those Diana’s flesh makes salivate
and clock the stag skull’s sockets far too late
stiff sprouting hairs will suddenly appear
and flesh-hooked faces fur up like doomed deer.

As you exit through the gallery’s glass doors
that antlered head reflected, is it yours?
For survival’s sake when leaving best beware
of baying bloodhounds in Trafalgar Square.

***

SUL METRO

Io spesso cito le coeur bat l’iambe
Jean Louis Barrault sul metro di Racine.
Sangue registrato sopra un ecocardiogramma
in sinc con un karaoke di calamari sullo schermo,
lo sento ora con una donna biancovestita.
Benché non giambico, piuttosto trocheo sconvolto,
il raro docmio, l’anapesto, noto
che il verso nel mio cuore pulsante almeno non è sciolto.

Il battito è in un flusso di sangue, il suono è più
una fabbrica piena per molte ore ma adesso deserta
dove il pulitore notturno dà lo straccio a un vasto [pavimento
sul quale scarpe tintinneranno e faranno eco arrivata [l’alba,
qualcuno stanco e spossato dal lavoro ma di corsa
con misurate sferzate dal suo straccio mézzo.

Lei spegne quel suono come di sudicio alla deriva
e io sento la marea di quasi alessandrini fermarsi.

*

ON THE METRE

I’m always quoting le coeur bat l’iambe –
Jean Louis Barrault on the metre of Racine.
Blood recorded on an echocardiogram
in sync with karaoke squid shape on the screen,
I hear now with a woman in white coat.
Though more iambic, more fluttery trochee,
the odd dochmiac, anapaest, I note
the verse in my pounding heart at least’s not free.

The beat’s in a blood wash, the sound’s more
a factory filled most hours but now forlorn
where a nightshift cleaner swabs a vast tiled floor
shoes’ll caltter on and echo come the dawn,
someone weary and worksick but in a hurry
with measured swishes from his sodden mop.

She switches off that sound like sloshing slurry
and I hear the tide of almost alexandrines stop.

***

REALISMO

Quello che accade, quando il teatro rifiuta il parlato
e l’attore si sforza di mostrarci che ha cacato,
è che, per quanto si sforzi, dal posto dove ronzo
non arriva la vista né l’odore di un solo stronzo.

*

REALISM

What happens when the theatre shuns the word
and an actor strains to show us that he’s shitting
’s that, strain though he might, from where I’m sitting
I can neither see nor smell a single turd.

***

BRODWAY

Un fiasco è quando il bouquet del debutto della diva
di molti giorni allo spettacolo stesso sopravviva.

*

BROADWAY

A flop is when the star’s first night bouquets
outlast the show itself by several days.

NOTE:

(1) The Krieg Anthology rifa’ il verso a The Greek Anthology, cioè al modo in cui si traduce in inglese il titolo dell’Antologia Palatina o Antologia Graeca, raccolta di epigrammi amorosi e funebri di differenti epoche della Grecità, iniziata in età ellenistica. Ma la parola Krieg oltre all’assonanza con Greek vuol dire anche guerra in tedesco.

(2) Paddy è l’accesso d’ira che coglie l’autore nel sentire le parole di Condoleeza Rice, all’epoca Segretario di Stato USA, il cui nome vuole dire anche riso. La traduzione gioca l’intraducibilità del titolo, che vuol dire anche ‘campo di riso’, a partire dal doppio senso della parola ‘riso’ in italiano come nell’omonimo film.

(3) Lett. Con pezzi di carne umana strappata come talloncini elettorali. Si fa riferimento con gli hanging chads alla riconta di voti che bloccò per alcuni mesi la prima elezione di Bush jr nel 2001 e che si risolse con un intervento della Corte Suprema di quello Stato che assegnò proprio a Bush la vittoria su Gore per poche centinaia di voti (n.d.t.).

(4) Lett. ‘testa cornuta’.

***

Tony Harrison (Leeds 1937) è figura multipla, inafferrabile con una definizione e per definizione. Il suo è un eclettismo militante che spazia dalla poesia al teatro al cinema al giornalismo e che declina l’atto poetico come tensione unificante, come vocazione onnipervasiva, come sintesi sempre provvisoria tra biografia, e vorrei dire biologia, e stile, se per stile si intende con Barthes, proprio il biologico, il segreto del corpo del poeta, il marchio della sua impronta digitale unica e irripetibile come una rima. Il drammaturgo, lo sceneggiatore, il corrispondente dal fronte, il regista teatrale o cinematografico, il polemista condividono in Harrison quello spessore arcaico, aedico, che è precedente alle scissioni e alle mediazioni, alle specializzazioni che hanno reso il poietés, nei millenni e fino ai nostri giorni, ben modesta figura, spezzettata e minuscola, marginale e persino irrilevante come uno dei tanti frammenti nei quali venne dilaniato il Poeta che resuscitava dai morti con il suo canto, Orfeo nella sua variante dionisiaca, paradigma e profezia dell’arte e della sua fine. La poesia di Harrison, intesa come impegno globale, è atto totalizzante anche quando mima i procedimenti del minimalismo e dell’arte per l’arte, è multipla e ibrida anche quando si dispone dentro un genere e una tradizione riconosciuti e canonizzati, è provocazione anche quando allude al privato più intimo, alla biografia più inconfessabile, al racconto di fisime e tic di una parabola umana e artistica comunque straordinaria.

Questa poliedricità, questa molteplicità che parrebbero a prima vista un portato del post-modern, e farebbero di Harrison uno dei tanti figli della sua epoca, assumono invece come dato di partenza il classicus, la visione classica del mondo e dell’arte, la lezione del mondo pagano ancora estranea alla codificazione cristiana, e se ne fanno interpreti in una prospettiva complessa che vive l’operazione letteraria in senso greco come operazione politica tout court e in senso romano come necessità di una traduzione culturale oltre che linguistica di una tradizione canonica e codificata che non smette mai di parlare al futuro (Tony Harrison, figlio di un fornaio di Leeds, si è laureato con una tesi su Virgilio). In questo senso, quasi tutta la produzione di Harrison coniuga scientemente cronaca e leggenda, attualità e mito, riconfigurando il presente nei termini del passato, rileggendo la contemporaneità nella sua esuberanza ancestrale, conformando la sua parola sistematicamente ad una doppia articolazione di parola tradotta e tradita ma icasticamente attuale, in polemica con il ‘metodo mitico’ di eliotiana memoria che dell’intertestualità propone una visione riconciliata, quella della Waste Land, ma soprattutto quella dei Four Quartets. Biologicamente, Tony Harrison è traduttore, la sua parola come il suo ritmo, la sua sintassi come la sua immancabile rima sono sempre citazione, allusione, riuso: in questo senso, la verbalizzazione, la performance orale/aurale risultano connaturate ad una scrittura che nasce e si propone sempre come ri-citata o re-citata, teatrale, e dunque incompiuta, monca, nostalgica della voce, della saliva, del respiro di un aedo ovvero di un attore e di una messa in scena. La mise en abyme, quella profondità che non è immersione soffocante ma eterno ritorno del già detto che non si può evitare di ri-dire in quel coagulo unico e inesauribile, diventa allora procedimento ossessivo di molti testi che trascendono i già labili confini fra traduzione, adattamento, riscrittura e diventano ipertesti fino al punto di confermare, paradossalmente, l’aforisma di Borges che è l’originale che è infedele alla traduzione.

La polemica con Eliot e con il metodo mitico, conio eliotiano riferito all’Ulisse di Joyce, è una linea rossa che attraversa tutta la scrittura di Harrison: questa idea dialogica della testualità in senso diacronico come sincronico, non prende mai contorni esclusivistici, quando non intellettualistici di un fare letterario avulso, che non si pone il problema della trasformazione e della critica delle relazioni di potere all’interno della società e dunque degli immaginari e dei linguaggi che possono sradicare rapporti di forza dati come un fatto di natura. Il mito, la citazione, la filologia sono vissuti come il luogo dove esprimere più coerentemente la carica rivoluzionaria di ciò che è al margine, della sofferenza e della privazione, la novità e spesso la distanza di un mondo senza voce, violento e spietato, ma talora pasolinianamente tenero e primordiale, in un senso anti-romantico, utopia, non-luogo vagheggiato davanti all’entropia corrotta dei mala tempora attuali. A questo si aggiunga che la parola di Harrison non si limita ad essere intertestuale, deposito e proiezione di un dialogo muto tra testi nel tempo e nello spazio, ma si fa, con Segre, interdiscorsiva, ovvero si produce come intonazione seconda, ritmo, sussurro, urlo, rhesis, in breve significante raddoppiato, parole soufflée avrebbe detto Artaud, che lancia il corpo nella mischia del simbolico e ne fa paradigma e senso. Il polistilismo, la Kreuzung der Gattungen, la mescolanza tra alto e basso, tra osceno e sublime, tra generi e forme espressive, che si risolve talora in parodia, talora in farsa, talora in tragi-commedia non si esaurisce sul piano eminentemente letterario, privato, intimo della lettura silenziosa ai tempi dell’alienazione eretta a sistema, facendo del poeta post-modern una figura irrilevante dal punto di vista del dibattito pubblico, ma necessitano di una produzione/fruizione dell’atto poetico che sia totalizzante, integrale, conflittuale, in praesentia. Ciò non vuol dire, come dice lo stesso Harrison, sottrarre nulla all’urgenza dell’intimità nel renderla non solo traccia scritta, segno vergato, corporeità della pagina, ma significa raddoppiarla artaudianamente, perché sia insieme vocalizzo, phonè, durata carnale e sanguigna del suono e del silenzio. E significa essere capaci allo stesso tempo di polemizzare oscenamente con la Regina che propone, per vie traverse, a Harrison, repubblicano, il titolo di Laureate poet (poeta laureato) alla morte di Ted Hughes, e di commuoversi, quasi superstiziosamente, davanti alla malattia del figlio diversamente abile, siglando voti assurdi in giro per il mondo alla ricerca di una guarigione impossibile.

Le poesie che qui si presentano senza nessuna pretesa di esaustività, spaziano dal piano più intimo e lirico (Diario, L’interurbana, tra le poesie più studiate e lette nell’Inghilterra degli ultimi decenni), dove risuona sempre e comunque l’eco prepotente dell’attualità, a quello legato al mondo classico, alla traduzione dei classici, al teatro, alimento inesausto della vena poetica di Harrison (Diana e Atteone, Sul metro, Realismo e Broadway), fino a quello più direttamente implicato con la cronaca e nella polemica con il quotidiano (una scelta da L’antologia di guerra, durissimo atto d’accusa contro la Seconda Guerra in Iraq; Potere legale, vero e proprio pun irriverente contro la monarchia britannica, summa fulminante delle poesie scritte per evitare la nomina a poeta laureato; Vuoti potente e profetico ibrido di pubblico e privato), proseguono un percorso che si approfondisce e per certi versi continua ad inverarsi secondo un’accezione antichissima ovvero una declinazione totalizzante della poesia che, così intesa, ritorna ad essere poiesis, classica ma non classista, azione dal basso, e non contemplazione dall’alto, voc-azione, sublim-azione, trasfigur-azione solenne, centripeta e centrifuga, laica divin-azione. Se dunque Tony Harrison non si può dire post-moderno alla luce di quanto suggerito, non si può neppure dire classico in senso stretto ovvero classicista in un senso riduttivo: troppo terso da un certo punto di vista, troppo sporco dall’altro.

Giovanni Greco

Poeti inglesi contemporanei /1: Kathleen Jamie
Poeti inglesi contemporanei /2: Jack Underwood
Poeti inglesi contemporanei /3: Sam Riviere
Poeti inglesi contemporanei /4: Patrick McGuinnes
Poeti inglesi contemporanei /5: Alice Oswald

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).