Otto domande sul lavoro dell’editor – Giulia Ichino

da | Feb 28, 2014 | Senza categoria

Continua la serie delle interviste agli editor italiani.
Abbiamo sottoposto il questionario a Giulia Ichino, editor della narrativa italiana per Mondadori.
Hanno già risposto alle nostre otto domande: Ginevra Bompiani, Carlo Carabba, Stefano Izzo, Chiara Valerio, Gabriele Dadati.

1) Quali sono le caratteristiche principali che un libro deve avere per colpire la sua attenzione?
Mi verrebbe da dire: tutte quelle che non possono venirmi in mente nel rispondere a una domanda come questa. Nel senso che in un libro cerco forse prima di ogni altra cosa un elemento sorprendente, non prevedibile, uno scarto rispetto al mio orizzonte di attese e a qualsiasi “norma”. Se voglio provare a condensare tutto questo in una parola, direi che forse quello che cerco in un romanzo è una forma di intensità: stilistica, formale o emotiva.

2) Se e in che modo è cambiato il suo modo di leggere negli ultimi anni?
Il mio modo di leggere è cambiato sicuramente dal punto di vista materiale: sempre più spesso leggo sull’ipad, e visto che non posso fare a meno di annotare i testi che leggo ho scaricato un programma che consente di scrivere sui pdf.
E poi è cambiato nel senso della velocità; per natura sarei una lettrice lenta, che assapora e non divora. Ho imparato a volare attraverso le pagine, cercando di non perdere l’incanto e la capacità di fermarmi e soffermarmi tutte le volte che posso.

3) Quale pensa che sia il ruolo di un editor oggi? Crede che debba influenzare le scelte dell’autore fin dal concepimento dell’opera?
Credo che il compito dell’editor sia quello dell’editore in senso più ampio: dare valore alle opere che pubblica. Valorizzare nel senso più profondo, che è quello di far fiorire un talento, di illuminarne l’unicità; e anche nel senso più concreto legato ai meccanismi dell’industria editoriale: tanto più in un mercato veloce e mutevole come quello attuale, l’editor ha la responsabilità di essere un tramite instancabile tra il mondo di chi scrive – che va protetto nei suoi tempi e nei suoi spazi spesso non commensurabili con quelli comuni – e il mondo dei lettori, perché è nell’incontro tra questi due universi che si genera la ricchezza, culturale ed economica.
Quanto agli autori, se si crea un’“influenza” con l’editor questo avviene secondo le dinamiche che si determinano in ogni relazione umana non superficiale: ed è sempre un’influenza reciproca.

4) Ci parli della sua formazione culturale, il suo percorso fra gli autori e le letture.
La mia è una formazione estremamente ordinaria, iniziata con il piacere grandissimo e per certi versi irripetibile della narrativa per ragazzi e proseguita con gli studi letterari alla Statale di Milano. Fondamentale per me è stato l’incontro con Vittorio Spinazzola e Gianni Turchetta, con il loro modo laico, divertito, appassionato di affrontare la letteratura contemporanea anche nei suoi esiti più popolari. In realtà credo che la mia formazione si compia ogni giorno lavorando e leggendo.

5) A chi si ispira nel suo lavoro sui testi, ha un modello di riferimento? È cambiato nel corso del tempo?
Non ho modelli di riferimento e credo che sarebbe pericoloso se ne avessi.
Cerco sempre di unire un rispetto profondo del testo e della poetica dell’autore a quello slancio dialogico, maieutico, a volte dissacrante da cui spesso nascono gli stimoli più fecondi.

6) Qual è la parte più difficile del suo lavoro? E la più frustrante?
La parte più difficile da accettare per me è l’impossibilità di fare fronte a tutte le proposte che ricevo. Mi arrivano decine di testi ogni giorno, leggere tutto è impossibile così come lo è trovare il tempo per motivare approfonditamente a tutti autori le ragioni per cui si decide di non pubblicare un romanzo. Davanti alla mia scrivania c’è un grande schedario che contiene l’archivio dei pareri di lettura della Mondadori fino agli anni Settanta. Allora per ogni manoscritto che giungeva in casa editrice “funzionari” come Sereni, Vittorini, Pontiggia e molti altri stilavano dettagliati pareri dei quali poi discutevano in lunghe riunioni. A volte sogno di poter tornare indietro a quegli anni gloriosi. Poi ci ripenso, e credo che la sfida del mondo editoriale contemporaneo sia per molti aspetti molto più appassionante.
La cosa più frustrante per me è la sensazione che per tantissimi scrittori la vita editoriale dei loro libri si trasformi in una sofferenza, comunque vada. Io credo invece che pubblicare libri, leggerli, parlarne, condividerli sia un privilegio grandissimo che da solo vale tutta la fatica del gioco.

7) Quali autori del passato ha amato? Quali pensa che oggi incontrerebbero difficoltà a essere pubblicati, e perché?
Temo non sia davvero interessante che io elenchi gli scrittori che amo. Posso dire che ho amato molto la scrittura per il teatro. Il ritmo, la capacità di generare uno spazio scenico con poche pennellate, il dramma o la brillantezza in un guizzo. Le commedie di Goldoni, per esempio, mi mettono un’irresistibile allegria.
Quanto all’esercizio di immaginare i classici nel mondo editoriale attuale, lo trovo divertente e arguto ma tendenzialmente utilizzato per deprecare l’editoria contemporanea – sport dal quale, per un’infinità di ragioni, talune ovvie, altre forse meno, mi dissocio.

8) In che modo è cambiato il modo di leggere? Secondo lei cosa cercano oggi i lettori in un libro?
I “bisogni” dei lettori sono gli stessi dai tempi di Omero, ma la lettura come la letteratura è un’esperienza in continuo divenire. Con il cambiamento dei supporti e la violenta onda di velocità che ha investito tutto il mondo della comunicazione stanno cambiando i tempi di lettura. Personalmente, credo che una parte non insignificante del cambiamento nelle modalità di lettura sia legato al mutamento della condizione femminile: la storia delle donne ha da sempre accompagnato quella del romanzo, in età moderna, e anche adesso scorgo dei parallelismi interessanti. Viviamo in un mondo frammentato, rapido, multimediale a ogni livello dell’esistenza; ma le donne non smettono di compiere un lavoro quotidiano per tenere insieme tutto questo, per tessere fili che compongano, dai frammenti, una storia: e infatti non cambia il fatto che, nonostante tutto, siano loro le maggiori lettrici di romanzi.

Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).