Jucci

da | Set 15, 2014

Jucci è l’ultima raccolta di Franco Buffoni in uscita in questi giorni per “Lo Specchio” Mondadori, di cui proponiamo alcune poesie. Nel 2013 avevamo pubblicato un’altra anteprima accompagnata da una nota di Franco Buffoni che potete leggere qui. La fotografia è un ritratto di Dino Ignani.

Cioccolata con panna

Venivo dall’inverno dei vent’anni
Le domeniche pomeriggio l’odore
Di cioccolata con panna
Nelle salette dei bar…

….Giochi di bimbi sciocchi
….Senza una precisione
….Coi movimenti brevi
….Messi per un rumore
….Verso la fine lenta
….Lenta per un motivo:
….Dalla risata fatua
….Il segno preso in giro.

I giochi di appartenenza alla razza degli uguali,
L’astuto dramma della mia
Censura personale,
Viaggiatore assoluto con notizia
Dal fianco cespuglio, calciatore accosciato
Aria di Murge. E storie percosse congiuntivi
A seguire il fore ut, canali senza appigli
Punture nel torace, tenaglie
Al museo delle torture.

*

Tu legno e io

Come una preghiera per non violenti giorni
Dal lago si estendeva ai colli circostanti,
Sommergeva persino i già bisbigli
Emessi dai risvegli,
Era il cielo con due nuvole
L’emissione della voce
E a forma di labbra la pronuncia:
Tu legno e io poliuretano espanso.
Quando si dice i materiali antichi
Destinati a durare
E quelli innovativi…
Cercavamo il sesso della morte
Nelle pitture alpine. È maschio è maschio
Ricordo che scoprivo.

*

Per una narrazione dei fatti

Per una narrazione dei fatti
Che si sono compiuti tra noi,
All’ingresso dell’antro fioriva folto il papavero
Rosso su nero, a imbarcare cupezza
Con le vette aguzze sopra
Le testine calve dei ciottoli.
Così il tuo cuore, per comparazione musicale,
Percepiva i ritmi e gli intervalli, i tempi e le scale
Del mio male:
“La cascata che si butta giù in quel modo
Per ritrovarsi sola col suo schianto
Fa come te quando deludi”.
Dove la Vevera, il torrente femmina
Cominciava a raccontare
Cose di montagna alla città
Ed io a vagare
A ridosso della caserma
Per scambi verdi di sesso in punizione.

*

Alla clinica della bambola

Il tavolino con sopra l’odore delle medicine
E quattro dita della mano destra ad indicare
Sospensione del discredere
Dal libro al cielo.
Mossa dal solo fiore l’altra mano
Dalla pagina al seno.
A Norimberga alla clinica della bambola
Dovevamo portarti,
Non al Fatebenefratelli in luglio imbacuccata.
Ti avrebbero con più delicatezza
Sollevato il braccino
Aperto il pancino
E aggiustato il groviglio
Di fili scoperti,
Tra respiri certi
Sarebbe
Nato tuo figlio.

*

Dove il fiume fa l’ansa

Per me tu sei rimasta dove il fiume fa l’ansa,
La corrente l’isola le rapide dicevi
Si vedono meno quando è in piena,
L’impeto confonde tutto
E quanto tu gli porti lui si prende,
Non se ne accorge.
Invece d’estate i colori
Più sassi più rossi sul fondo
Nel punto dove volevi
Passarlo senza stivali.
Per me sei rimasta là
Non ti ha presa nessuno,
Soltanto il fiume
Sull’isola legata alla terra
Per tanti mesi dell’anno.

*

L’infinita paura

Mi fa paura l’acqua del canale
Mi ha sempre fatto paura e piangere il canale
Perché non si giunge a riva.

Non vedevi gli appigli,
Agnellino di montagna che tremi,
Corpo desiderato.

E il mio spavento ti penzolava davanti…

Eravamo una bocca che parlava a un orecchio
Per giurare qualcosa.
Quanto vorrei quanto sostituire
– Mentre si porta al mio fianco, assomiglia
A un serpente dorato il ruscello –
Quell’infinita paura con la gioia.

Ma tira calci il torrente, non senti
Quanto minaccia le baite da vicino la gente?
È un intero paese con le lacrime
Un luogo che piange.
E tu mi cerchi dietro il vetro smerigliato.

Non li sento e anche tu non dire che li senti…
Io da qui vedo solo
Un trattore alto e rosso sulle ruote
Saziare di letame la terra isterilita.

In profondità vedrò di seppellire i nostri cocci
Per tenere drenato il terreno.

Sei la solita altalena che non smette
Di mutare la paura in voce calma.

NOTE:

Tu legno e io: nelle pitture alpine, dalle Pennine
alle Carniche, come nel Nord Europa, la morte è raffigurata
come un essere di genere maschile.

Per una narrazione dei fatti: Vevera, torrente che
scende dal monte Barro fino ad Arona, dove affluisce
nel lago Maggiore. Designato al femminile dagli abitanti
del luogo, negli atlanti è indicato al maschile.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).