Verticale

da | Feb 12, 2016

Otto poesie da Verticale (Collana Gialla Pordenonelegge, Lietocolle, 2015).

Pace

A volte pare che alcuni luoghi
non era vero che c’erano.
Ti sbagli – dice la madre
non siamo mai andati lì, non esiste.
Quella radura inabitata o la scogliera
dove pensavo a cadere
non bisogna mostrarle, si deve
insabbiare come gli adulti
che non dicono mai niente.
Non bisogna indicare le persone
le imperfezioni della pelle,
meglio sarebbe stare sempre lì
prima dei fatti, sull’orlo dei nervi
tentare la pace.

*

Fratelli

Mi arrampicavo sull’albero di fico
e un giorno l’odore repellente
della sua malattia mi spaventò;
noi della compagnia gli abbiamo tolto
lo sporco con un legno ed urlavamo
che la linfa sapeva di fegato
e il gioco era di spingervi addosso
il più debole di tutti.
Il pianto muto di quei rami
solo alcuni lo hanno avvertito;
covavo in quel tempo la mia malattia.

*

Presenze

Una sera si stava al sicuro in veranda
e qualcuno iniziò a raccontare;
nelle pause narrative e quando per poco
si rimaneva in silenzio e la radura
circostante non emetteva suono,
i grilli stranamente zitti
e quando pareva inabitato
anche l’ultimo filo d’erba,
era chiaro allora che niente è vuoto
e a ben guardare nell’umido della notte
si affollavano presenze, una sull’altra
ascoltavano le storie e a noi
quasi non era dato respirare.

*

Pineta

Al mare si andava per stare insieme.
La casa di frasche era solo per loro
come l’ingresso al mare incandescente,
la delicatezza del vento e del vento
le risonanze interne.
Uno dei più piccoli chiese di andare
a perlustrare la pineta
ma gli dissero di certi mostri
e lui innamorato della paura
non inseguiva che quelli.

*

Diceva mamma che l’importante
è la struttura, averne una,
non come mio padre che era quello
dei regali e poi grandi punizioni
e spesso l’ho visto sconfitto
srotolarsi lungo sul letto.
Mi spiace per tutte le mie esplosioni
o sregolati idilli.
Anche la città era ormai nemica:
quale che sia la mia natura,
è alla natura che devo tornare.

*

Come fare per dormire? L’invidia
per loro era grande, quegli altri beati
che la testa sul cuscino è già sonno,
gli appoggiati che si affidano alla notte.
Forse a me manca una parte, pensavo,
nell’evoluzione della specie
essere ancora un po’ troppo animale,
che quando la luce viene meno
raddrizza l’orecchio
e, ridicolo, si gonfia come può
per fare la guardia a chi ama.

*

Casale sul Sile

– Guarda un fagiano – dice – nel campo
tra il magazzino di lamiere e il sole.
Il nulla del Nord, la nebbia
nella testa mentre il mezzo procede,
si va al lavoro
meccanicamente e senza cuore.

*

Avvenne
quando per tutto il giorno cercai
di isolarmi e solo respirare
verticale e non ascoltarli mai
nelle loro paure e sterminate pretese;
finalmente dimenticata
il sonno mi fu sopra zitto e fondo
come la mano del mare.

Immagine: Fiume Sile, Friuli.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).