Sul telaio le donne di questo paese…

da | Ott 13, 2018

Tre traduzioni inedite a cura di Francesco Tarquini.

Mi hanno chiesto di chiudere la porta.
Io l’ho aperta.
Non posso dire non posso.
Le parole.
………..Un labirinto mi ha attraversata.
E’ sprofondato il fiume dell’infanzia
e io là ad aprire la porta,
il cuore, la bocca.
Ad aprire la lacrima che s’asciugava.
Non posso dire non posso.
Il linguaggio è in piedi.
E io decido di chiudere la porta.

*

Me pidieron que cerrara la puerta.
Yo la abrí.
No puedo decir que no puedo.
Las palabras.
…………..Un laberinto me recorrió.
Se hundió el río de la infancia
y yo ahí, abriendo la puerta,
el corazón, la boca.
Abriendo la lágrima que se secaba.
Y yo ahí, anochecida, roja de deseo.
No puedo decir que no puedo.
El lenguaje está de pie.
Y yo decido cerrar la puerta.

***

Mi sono svegliata in questa mattina piovosa e la mia memoria
si incamminava verso una casa
in cui c’erano un gelso, e un albicocco, che mi appartenevano.

C’era in quella casa un patio vastissimo
e là mio padre allevava in gran numero canarini,
calandre e usignoli e teruteru.
Erano il fratello che non avevo
e giocavo a inventare per loro silenzi nel vento.
Così pure mi sedevo per scrivere in aria
quella luna che scorgevo fra gli alberi.

E in questa città, in cui sfuma la musica
nel fiume immenso,
quest’uomo tuttora mi dice:
………………….“Ascolta, là c’è la calandra”.

Ha gli occhi più umidi che mai abbiano visto i miei occhi,
per il suo canto degli uccelli sa
e per via del ricordo ritorna a farsi mia
quella casa
………………….che più non mi appartiene.

*

Desperté esta mañana llovida mi memoria
caminando a una casa
donde había una morera, una damasca, que eran mías.

Ésta era una casa con un patio muy grande
donde mi padre cuidaba de infinitos canarios,
calandrias y zorzales y teros.
Ellos eran el hermano que yo no tenía
y jugaba a inventarles silencios en el viento.
Me sentaba igualmente a escribir en el aire
esa luna que veía entre árboles.

Y en esta ciudad, en que la música se esfuma
en el río inmenso,
ese hombre aún me dice:
…………………..“Escuchá, allí está la calandria”.

Tiene los ojos más húmedos que mis ojos han visto,
por su canto de los pajaros sabe
y por el recuerdo vuelve a hacerse mía
la casa
……………………que ya no es mía.

***

Sul telaio le donne di questo paese
filano la luce.

Con la lingua infilano il luccichìo nella saliva
restato.
C’è sempre un dopo nascosto
nelle loro sottane.
Palpitano
ricamando il tramonto già passato,
simile a un vento rosso
che si è portato via la luce e i loro destini.

Non attendono, le donne di questo paese,
non parlano,
osservano gli odori per rammendarli
in quiete sulla tessitura.

Mute, le attraversa il desiderio
mentre si strappano i vestiti;
però non chiedono,
………………….non attendono,
…………………………..non parlano.

*

Las mujeres de ese pueblo en el telar
hilan la luz.

Enhebran con su lengua el brillo que en la saliva
queda.
Siempre hay un después que se oculta
en sus enaguas.
Laten
mientras bordan ese atardecer que pasó.
Fue como un viento rojo
que se llevó la luz y sus destinos.

Las mujeres de ese pueblo no esperan,
no hablan,
miran los olores para zurcirlos
quietos en la trama.

El deseo las atraviesa mudas
mientras sus vestidos arrancan;
pero no piden,
………………..no esperan,
…………………….no hablan.

Immagine: C. Floyer.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).