Amelia Rosselli, “Impromptu”. A Trilingual Edition

da | Ott 21, 2015

Tre poesie dall’edizione trilingue di “Impromptu”, a cura di Gian Maria Annovi (traduzione francesce di Jean-Charles Vegliante, traduzione inglese di Gian Maria Annovi e Diana Thow, Toronto, Guernica, 2014) precedute da una recensione di Chiara Carpita.

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L’edizione trilingue di “Impromptu” curata da Gian Maria Annovi contiene la prima traduzione in inglese del poemetto, a cura di Annovi e Diana Thow, e la traduzione in francese di Jean-Charles Vegliante, completamente rivista rispetto a quella pubblicata nel 1987.

Rosselli scrive “Impromptu” una mattina del 1979, dopo un lungo periodo di silenzio creativo, un’idea coltivata da tempo che irrompe all’improvviso per un “colpo d’ispirazione”. Il titolo allude ad un genere di composizione musicale, l’autrice lo definisce “assolo” in un’intervista (p. 8), sottolineando il legame musica-poesia al centro della composizione. Come fa notare il curatore, il termine “note” usato nel testo (“io / non scriverei più codeste belle / note!”, p. 48), ha un doppia connotazione: può infatti riferirsi sia alla musica che alla scrittura, un’espressione che rispecchia l’importanza che la formazione musicale dell’autrice riveste anche in questa opera.

Alla fine degli anni ’70, tra il 1977 e il 1979, anno in cui compone “Impromptu”, Rosselli torna ad occuparsi di etnomusicologia. In una lettera del 22 settembre 1977 inviata al fratello John, adesso conservata nel Fondo Rosselli di Pavia, Amelia racconta di aver incontrato nuovamente Diego Carpitella, conosciuto con De Martino negli anni ’50, che gli aveva prospettato la possibilità di far finanziare le sue ricerche di teoria musicale e acustica interrotte 10 anni prima dal “Centro Nazionale delle Ricerche”. Nella biblioteca dell’autrice conservata nel Fondo Rosselli dell’Università della Tuscia è conservato un testo pubblicato proprio nel 1979, anno di composizione del poemetto, “Le sorgenti della musica” di Curt Sachs, con prefazione di Diego Carpitella, fittamente postillato. Rosselli si sofferma in particolare sullo studio del meccanismo della ripetizione, fondamentale nella musica popolare: tutta la produzione poetica rosselliana è caratterizzata proprio dall’uso delle figure della ripetizione e il ricorrere di parole-idea che funzionano come refrain (C. Carpita, “‘Spazi metrici’ tra post-webernismo, etnomusicologia, Gestalttheorie e astrattismo. Sulle fonti extra-letterarie del ‘nuovo geometrismo’ di Amelia Rosselli”, «Moderna»,  2/2013, p. 98). Il rapporto ‘fisiologico’ di Rosselli con la musica emerge nella conclusione di “Impromptu” (“perso / l’istinto per l’istantanea rima / perché il ritmo t’aveva al dunque / già occhieggiata da prima”): il “ritmo dionisiaco”, come spiega Rosselli commentando i versi finali del poemetto, era preesistente in lei alla scrittura stessa, era come se la “musica circostante” l’avesse “forzata alla poesia” (p. 8).

Insieme all’influenza musicale, l’altro aspetto fondamentale dell’opera è la sua natura plurilingue. Lo scopo di questa edizione come spiega il curatore è quella di indagare le radici del trilinguismo rosselliano per introdurre il lettore nel “laboratorio mentale” di Amelia Rosselli. La natura conscia e consapevole del plurilinguismo rosselliano è evidente in “Impromptu”: i termini in francese e inglese  non solo si mescolano a quelli italiani, nel tentativo di espandere il linguaggio poetico, ma sono anche materiali linguistici intercambiabili, “toletta, toilette”, “nel blé, the grass” (p. 21).

Annovi costruisce una nuova suggestiva interpretazione di “Impromptu” ricca di spunti critici (a partire dai numerosi percorsi intertestuali individuati): la traduzione trilingue è da leggersi in realtà come un “close reading” (p. 17), ci consente cioè di cogliere alcune sfumature di significato del testo italiano e di comprendere il complesso intreccio intertestuale che può essere svelato solo nel contesto plurilingue. La traduzione in inglese della parola “frassine” è in questo senso emblematica: il Frassine è in realtà il nome della villa dell’amica di famiglia Giorgina Zabban dove Amelia e la madre avevano soggiornato nel 1946. Amelia sceglie questa parola per alludere all’albero frassino (come dimostrano le correzioni autografe da “frassine” a “frassino” presenti nel manoscritto dell’opera conservato nel fondo pavese e nelle copie di “Impromptu” conservate nel Fondo Siciliano e nel Fondo Rosselli di Viterbo). La traduzione inglese di frassino, “ash-tree”, come sottolinea Diana Thow nelle note a commento della traduzione, ci permette di comprendere il motivo della scelta da parte dell’autrice di questo albero associato alla figura del “fratello” Pierpaolo (p. 84). L’“ash tree” è l’albero dei morti e la parola “ash”, ‘cenere’, evoca l’opera pasoliniana “Le Ceneri di Gramsci”, che, come dimostra Annovi con grande intelligenza critica, rappresenta l’intertesto principale del poemetto. Nel testo di Pasolini, Gramsci viene chiamato “fratello umile”: il poeta, come Rosselli, identifica l’umile con il povero. Come nell’opera pasoliniana, l’autrice si rivolge al poeta morto, come in una metaforica visita alle sue ceneri, e sceglie come tema principale della sua riflessione la lotta del povero: i suoi versi sono infatti definiti “paesani” (p. 18), lo scopo della sua poesia è quella di difendere “i lavoratori”, “il loro pane a denti stretti”. Come osserva Nelson Moe in un noto saggio citato da Annovi, il verso d’apertura di “Impromptu”, “Il borghese non sono io che tralappio”, può essere letto come una riposta a Pasolini che aveva definito la poesia rosselliana come la manifestazione tipica della “grande cultura liberale del ventesimo secolo” (p. 25). Nel neologismo “tralappio”, fusione di ‘tralasciare’ e ‘accalappiare’, è sintetizzato il giudizio dell’autrice sulla borghesia e la sua volontà di rivendicare la sua appartenenza ai poveri, a coloro che sono dimenticati dalla Storia. Convincente la traduzione in inglese di tralappio, ‘gralapsing’. Thow spiega come la scelta del verbo ‘lapse’, nasca dalla volontà di evocare la parola lapsus che richiama un’altra intrepretazione pasoliniana rifiutata da Rosselli: quella dell’origine inconscia delle sue deviazioni dalla norma linguista a cui si era opposta (p. 82).

Sviluppando le riflessioni di Annovi sul rapporto tra storia e identità, “Storia” dei vincenti (“l’indifferenza per tutto ciò / che riguarda la Storia”) e storia degli ultimi (“un’altra storia”), in “Impromptu” è possibile individuare ulteriori tracce intertestuali del dialogo tra il testo rosselliano e la raccolta “Le ceneri di Gramsci”: una copia postillata dell’edizione Garzanti del 1957 è conservata nella biblioteca dell’autrice.

Il motivo della povertà (con le varianti della miseria, la fame, il pane), della lingua dell’analfabeta, è presente nella poesia rosselliana fin dalla sua prima produzione in “Variazioni belliche” e “La Libellula”. L’io poetico rosselliano vuole dare voce alla “grammatica dei poveri” (“Variazioni belliche”, in “L’opera poetica”, Meridiano Mondadori, 2012, p. 23). Un celebre passo della “Libellula” sulla lingua dell’adolescente e del povero (“distorto, inesperto, espertissimo linguaggio dell’adolescenza! Difficilissima lingua del povero!”, “L’opera poetica” cit., p. 208) presenta analogie evidenti con la rappresentazione degli esclusi dalla storia nel poemetto “L’appennino” di Pasolini, primo degli undici poemetti che compongono la raccolta “Le ceneri di Gramsci”:

Ragazzi romanzi sotto le palpebre
chiuse cantano nel cuore della specie
dei poveri rimasta sempre barbara

a tempi originari, esclusa dalle vicende
segrete della luce cristiana,
al succedersi necessario dei secoli: […]

Se ognuno sa, esperto, l’ingenuo linguaggio
dell’incredulità, della indolenza
dell’ironia, nel dialetto più saggio
e vizioso, chiude nell’incoscienza
le palpebre, si perde in un popolo
il cui clamore non è che silenzio.”

(Le Ceneri di Gramsci, Garzanti, Milano, 1957, pp.17-18, corsivo mio)

Gli adolescenti romani “della specie dei poveri”, come “i poveri in spirito” della poesia rosselliana, non sono stati raggiunti dalla luce, metafora delle conoscenza e della consapevolezza del proprio ruolo nel mondo, e sono stati relegati alla dimensione del silenzio. L’io poetico di Impromptu” si trova nella stessa condizione: la sua impossibilità di attingere ad un linguaggio che sia “semplice”, che sia cioè espressione autentica della propria soggettività marginale, la porta a chiudersi nel proprio “muro d’un più alto silenzio”:

Tarda tornavo alle parole che
mi sfuggivano; bloccata la promessa
d’un semplice linguaggio […]

(Impromptu, p. 62)

Il povero con cui Rosselli si identifica si esprime nella dimensione dell’oralità, del canto che si oppone all’artificio della scrittura, come denuncia l’io poetico del “Canto popolare”: “non abbiamo nozione / vera di chi è partecipe alla storia / solo per orale, magica esperienza;” (“Le Ceneri di Gramsci”, p. 24). Nella conclusione di “Impromptu” la superiorità del ritmo, della dimensione dell’oralità su quella della scrittura è legata all’“indifferenza per tutto ciò / che riguarda la Storia”(p. 72), contro la quale l’io poetico rosselliano oppone polemicamente la dimensione privata, quella destinata alle donne, com’è evidente dall’allusione “all’ebete femmina ingaggiata / per una storia d’amore” (p. 72). Come sostiene Annovi il concetto di lingua universale espresso da Rosselli in “Spazi metrici” corrisponde alla descrizione che Hèlène Cixious fa dell’universalità della “lingua che le donne parlano quando non c’è nessuno a correggerle” (p. 15). Rosselli rifiuta il ruolo passivo marginale riservato alle donne dalla Storia dominata dal maschile, rivendicando invece la sua identità di poeta donna che condivide il destino degli umili. Se l’io poetico delle “Ceneri di Gramsci” rappresenta l’intellettuale che vive con dolore la sua condizione di “posseduto”, “illuminato dalla storia” (“Le Ceneri di Gramsci”, p. 78), che lo divide dal popolo nonostante la passione civile che lo anima, l’io poetico di “Impromptu” rifiuta di collocarsi dentro la storia e proprio perché “vinta” (“Quando vinta rispecchiati nella vittoria che è l’indifferenza per tutto ciò che riguarda la Storia”, p. 72) può “esercitare” la propria “passione, d’ingaggiarsi per altri versi”, quelli di “un’altra storia”. La storia raccontata in “Impromptu” è quella del desiderio per un futuro di riscatto per gli umili, quel popolo a cui non appartiene il sole (“e non v’è sole ch’appartenga al popolo”, p.48), ma è illuminato da una luce diversa, quella “di chi è ciò che non sa”, dal “calore che fa più grande della storia la vita” (“Le Ceneri di Gramsci”, p.24; p. 138):

[…] nella lontananza ora
vedo un futuro, fatto di questa gente
che proprio non ne sa niente” (p. 64)

Chiara Carpita

***

da Impromptu (1981)

1.

Il borghese non sono io
che tralappio d’un giorno all’
altro coprendomi d’un sudore
tutto concimato, deciso, coinciso
da me, non altri – o se soltanto

d’altri sono il clown faunesco
allora ingiungo l’alt, quella
terribile sera che non vi
fu epidemia ma soltanto un
resto delle mie ossa che
si rifiutavano di seccarsi
al sole.

Non v’è sole che non sia
lumière, (e il francese è
un par terre) quando cangiando
viste, cangiasti forme, anche
nel tuo nostalgico procedere
verso un’impenetrabile morte.

Nel verso impenetravi la
tua notte, di soli e luci
per nulla naturali, quando

l’elettrico ballo non più
compaesano distingueva tra
chi era fermo, e chi non

lo era. Difendo i lavoratori
difendo il loro pane a denti
stretti caccio il cane da

questa mia mansarda piena
d’impenetrabili libri buoni

per una vendemmia che sarà
tutta l’ultima opera vostra

se non mi salvate da queste
strette, stretta la misura
combatte il soldo e non v’è

sole ch’appartenga al popolo!

*

Le bourgeois ce n’est pas moi
qui translope d’un jour à l’au-
tre, me couvrant d’une sueur
tout engraissée, décidée, coïncidée
par moi, non autrui – ou si rien que

d’autrui je suis le clown faunesque
alors j’enjoins «halte», cette
soirée terrible où il n’y eut
pas épidémie mais rien qu’un
reste de mes os qui
refusaient de se dessécher
au soleil.

Il n’est point de soleil qui ne soit
lumière, (et le français est
un par terre), quand changeant de
vues tu changeas de formes, même
dans ta nostalgique progression
vers une impénétrable mort.

Dans le vers tu empénétrais
ta nuit, de soleils et lueurs
très peu naturels, quand

le bal électrique plus du tout
villageois distinguait entre
qui était immobile et qui ne

l’était pas. Je défends les travailleurs
je défends leur pain les dents serrées
je chasse le chien de

cette mansarde, pleine
d’impénétrables livres bons

pour une vendange qui sera
toute votre œuvre dernière

si vous ne me sauvez pas de ces
serrages, serrée la mesure
combat le sou et il n’est point

de soleil qui appartienne au peuple!

*

I am not the bourgeois
gralapsing from one day to
the next covered in sweat
all fertilized, decided, coincided
by me, not others – or if

I am simply the others’ faunish clown
then I’ll enjoin the halt, that
terrible evening without
epidemic but just a remnant
of my bones that
refused to dry
in the sun.

There is no sun that is not
lumière, (and the French is
a par terre) by changing
views you changed forms
even in your nostalgic movement
toward an impenetrable death.

In verses you impenetrated
your night with very unnatural
suns and lights, when

the electric dance no longer
villager distinguished between
who stayed still and who did

not. I defend the workers
I defend their bread with clenched
teeth I drive the dog out from

this mansard of mine filled
with impenetrable good books

for a harvest that will be
all your last work

if you don’t save me from these
straits, the tight fit
fights money and no

sun belongs to the people!

***

2.

Quando su un tank m’avvicino
a quel che era un tango, se

la misericordia era con me
quando vincevo, e invero

se la tarda notte non fosse
ora ora di mattino, io non

scriverei più codeste belle
note! — Davvero mi torturi?
e davvero m’insegni a non
torturare la mente in agonia

d’altri senz’agonia, ma mancanti
al sole di tutti i splendidi

soldi che hai riconosciuto
nella Capitale del vizio

che era Roma? E tu frassine
oh lungo fratello d’una volta
chiamato Pierpaolo, un ricordo

soltanto ho delle tue vanaglorie
come se in fondo fosse l’ambizione

a gettar l’ultimo sguardo
dall’ultimo ponte.

*

Quand sur un tank je m’approche
de ce qui était un tango, si

la miséricorde fut avec moi
quand je vainquais, et en vérité

si la pleine nuit n’était pas
déjà heure avancée du matin, je ne

tracerais plus de ces jolies
notes ! – Vraiment tu me tortures ?
et vraiment tu m’enseignes à ne
pas torturer l’intellect en agonie

d’autrui sans agonie, mais manquant
au soleil de tous ces splendides

sous que tu as reconnus
dans la Capitale du vice

qu’était Rome ? Et toi, frêne
long, oh frère d’autrefois
appelé Pierpaolo, un souvenir

seulement j’ai de tes glorioles,
comme si au fond c’était l’ambition

qui lançait le dernier regard
du dernier pont.

*

When on a tank I approach
what was a tango, if

mercy was with me
when I won, and truly

if the late night were not
now the morning hour, I’d

no longer write these beautiful
notes! – Do you really torture me?
And are you really teaching me not
to torture the agonized mind

of others unagonized, but missing
the sun of all the splendid

money that you’ve recognized
in the Capital of vice

that once was Rome? And you, ash
oh long brother once
called Pierpaolo, a memory

is all I have of your vainglories
as if in the end it was ambition

that cast the farthest gaze
from the farthest bridge.

***

3.

questa notte con spavaldo desiderio
scesi per le praterie d’un lungofiume
impermeato d’antiche abitudini
ch’al dunque ad un segnale indicavano

melma, e fiato. Solo sporcizia
sì, vidi dall’ultimo ponte, dubitando
d’una mia vita ancora rimasta al
sole, non per l’arrosto ma per

il fuoco è buona: se a tutti divenne
già prima ch’io nascessi – indifferente

la mia buona o cattiva sorte, dall’altr’angolo
che non da questa visione crematorizzata

della mia e vostra vita terrorizzata
se resistere dipende dal cuore
piuttosto dalle sottane s’arrota
la Mistinguette, la vita sberciata
per un attimo ancora, se sesso
è cosi rotativo da apparire poi

vano a questo recitativo che mi
faceva passare per pazza quando
arroteandomi dietro ad ogni scrivania

sorvegliavo i vostri desideri d’essere
lontani dalla mia, rotativa nella
notte specchiata nel lucido del

vetro che copre le vostre indifferenze
alla mia stralunata morte.

*

cette nuit avec un désir effronté
j’ai descendu les prairies d’un berge
inimprégnée d’anciennes habitudes
qui pour cela sur un signe indiquaient

fange, et souffle. Rien qu’ordures,
oui, j’ai vu du dernier pont, doutant
d’une vie encore mienne restée au
soleil, non pour le rôti mais bonne

pour le feu : si à tous devint
bien avant ma naissance – indifférente

ma bonne ou mauvaise fortune, de l’autr’angle
que de cette vision crématorisée

de ma, de votre vie terrorisée
si résister dépend du cœur
ou plutôt de jupons s’enroule
la Mistinguette, la vie bafouée
pour un instant encore, si sexe
est tellement rotatif qu’il semble ensuite

vain à ce récitatif qui me
faisait passer pour folle quand
m’enroulant derrière chaque table

je surveillais vos désirs d’être
loin de la mienne, rotative dans
la nuit reflétée dans l’éclat du

verre qui couvre vos indifférences
à ma mort étonnée.

*

tonight with bold desire
I descended the alongriver meadows
impermeated by ancient habit
which at the signal finally showed

slime, and breath. I saw only filth
yes, from the farthest bridge, doubting
whether a life still mine remained in the
sun, it’s not good for roasting but it’s good

for fire: if everyone had become
even before I was born – indifferent

to my good or bad luck, from an angle other
than this vision crematorized

of my and your lives terrorized
if resistance relies on the heart
La Mistinguette rotates instead on her
petticoats, life blundered
for one more second, if sex
is so rotary to appear

useless for this recitative that made
me pass for insane while
rotating behind every desk

I surveyed your desires to be
far from my rotary in the
night flashed in the bright

glass that covers your indifferences
to my moonstruck death.

***

Note alla traduzione francese

Jean-Charles Vegliante

PARTIE I

tralappio: L’amalgame entre tralasciare et acchiappare est transparent (Amelia n’avait eu qu’à confirmer); toutefois, le calque brut «néglitrape», par exemple (de: négliger et attraper), ne fonctionne pas en français. Parce qu’il ne ressemble pas à un lexème de cette langue, sans être non plus expressif – c’est-à-dire signifiant. À la limite, «néglape» conviendrait mieux, au prix d’une totale obscurité. Or, la poésie d’Amelia Rosselli n’est ni faite d’automatismes (lapsus…) ni obscure. Comme d’habitude en traduction, il faut passer par un processus de création pour aboutir à un texte destinataire qui résiste comme texte. Cela passe souvent par le déplacement des niveaux linguistiques (il n’y a pas d’isomorphisme entre les langues) ou, plus simplement comme ici, par l’invention néologique: il m’a semblé que «trans[gresser]-[sa]loper», quelque peu oxymorique, pouvait donner l’illusion d’être malgré tout un mot français – sans doute rare, mais susceptible d’existence. Digne, comme l’avait précisé le poète pour sa propre démarche, d’être «inventé en unissant deux [autres] verbes», puisqu’il ne figurait pas aux dictionnaires.

impenetrare: Même chose que précédemment, beaucoup plus simplement; presque un cas d’école, pour premier cours de traductologie. Voir aussi «congénieuse» en 9, etc.

***

Note alla traduzione inglese

Diana Thow

PART I

tralappio: A hybrid of two nearly contradictory Italian verbs: tralasciare, to drop, to omit, to overlook, to jump or skip, and acchiappare, meaning to catch, to seize, to grab, to grip.

Amelia Rosselli spoke about this word in an interview with Ulderico Pesce: «In our language this term doesn’t exist. I looked, and, not finding it, I invented it by merging two verbs that encompass and synthesize the stance of the bourgeoisie in general and of those years in particular. If one part of the bourgeoisie “omits” (tralascia) the other side “catches” (acchiappa). And so, at the time I refused to enter a system of bourgeoisie life, it seemed important to me to say that I refused point-blank the bourgeoisie who “tralappia.” There is a connection with the seventh stanza of Diario Ottuso (Obtuse Diary) in which I write: “entrare nel silenzio della borghesia, a piccoli passi sicuri anche se apparentemente esistanti noi facciamo di noi stessi una specie di lavatoio pubblico” (entering into the silence of the bourgeoisie, in small steady steps even if outwardly hesitant we make ourselves into a type of public wash-house.)» Further, Alessandro Baldacci notes that the verb, conjugated in the first person rather than the third, not only emphasizes the relationship between the self and this concept, but is emblematic of Rosselli’s «strategy of illiteracy» employed in the poem. Rosselli’s disruption of grammar impedes a coherent reading, allowing for a multiplicity of voices to enter the poem, and underscoring Rosselli’s critique of social hierarchies.

In English we paired “to grab” and “to lapse” for sound and their similar tug-release dynamic in English. In English “lapse” also suggests Pier Paolo Pasolini’s famous framing of this kind of Rossellian experimentation as a Freudian “lapsus,” in his often quoted “Note on Amelia Rosselli,” adds a self-consciousness to the experimentation. For more on Pier Paolo Pasolini see notes to lines 50-53.

par terre: a possible defamiliarization of the word “parterre,” which exists as a loanword both in English and Italian to mean an enclosed garden, as well as a theater term for the audience pit. Next to this line Rosselli writes on manuscript IM.2 in Pavia: “garçonnière,” though she crosses out one “n,” perhaps suggesting an alternate definition, or an association of the two loanwords via sound.

impenetrare: While impenetrare is a neologism in Italian, it clearly derives from the adjective impenetrabile, as it appears in the line preceding: «verso un impenetrabile morte» (18) and a little later in the section «impenetrabili libri buoni» (29). Poet and critic Giovanni Giudici writes in his introduction to Impromptu that the word also suggests the verb impetrare (to implore), and is thus emblematic of the shifting linguistic texture of Rosselli’s poetics. As the English verb “to impenetrate” means to penetrate intimately or thoroughly, our translation proposes that Rosselli is most likely activating the oppositional dynamics in the English verb and adjective in the creation of this neologism, similar to the strategy used with tralappio and later with abbandonavaste.

compaesano: Townsperson, neighbor. In this first section of the poem, Rosselli employs the noun as an adjective, a strategy borrowed from the English. Due to the strong cultural associations with the Italian-American term “paesano/paisan” we have chosen to translate the term with the English word “villager,” to indicate both the rural sense of community suggested in the Italian word and to reflect the strangeness of the use of the word as an adjective.

mansarda: Rosselli’s last apartment was a small mansard, an attic apartment, at via del Corallo, 25, located not far from Piazza Navona in Rome’s historic center. She lived in this small book-filled apartment from 1977 until her death in 1996, and it figures heavily in interviews and personal accounts of Rosselli during this time period. The line is an autocitation, a common technique in Rosselli’s poetics, from her third poetry collection Documento: «Barattare le sigarette altrui / per una mansarda piena di libri buoni» (Bartering the cigarettes of others / for a mansard full of good books). Rosselli’s formal education ended with her high school graduation from St. Paul’s Girls’ School in London, but she was a voracious autodidact. Her extensive personal library, ranging widely in language and subject (such as the I-Ching, Virgil in French translation, a book on how to learn Sanskrit, an autographed copy of Twenties by the poet Jackson Mac Low, to name a few) is now archived in the library of the University of Tuscia, Viterbo.

PART 2

tank/tango: This associative shift, typical in Rosselli’s poetics, also underscores her vision of the poetic process as a material one. In a letter to her brother John, written in English and dated October 5, 1979, just a few months before the composition of the poem, Rosselli mentions that she was writing on a second-hand typewriter that was made from a recycled tank in East Germany.

Dear John,

am writing to you on my not brand new writing machine, bought more than a year ago; it has the faculty of not tiring anything but the back, while neck bothers simply completely disappear, it being heavily sprung (that is of stronger touch, or heavier.) I happened to buy it second hand, and it turned out to be a sort of tank from East Germany made they say about 50 years ago. So I type and type on, with great progress to my mind at least, since whatever work comes through is no longer a big worry as to arthritis etc.

Rosselli often composed her poetry on the typewriter, and made the typewritten line the basis of her metrical experimentation in her essay Spazi metrici. The allusion to the typewriter as recycled war material is particularly suggestive given her past poetic explorations of war in Variazioni belliche, and her continuing anxieties about Fascist control of power in Italy, which work their way into this poem as well.

Tango is italicized in the Italian text. Rosselli’s handwritten note on the Impromptu manuscript IM.2 in Pavia: «tango a parigi,» is a reference to the famous 1972 Bertolucci film, Ultimo tango a Parigi (Last Tango in Paris).

frassine: «E tu frassine / oh lungo fratello» (50-51). Frassino is the Italian word for ash tree. In context the English term also suggests Pier Paolo Pasolini’s famous long poem “Le ceneri di Gramsci” (Gramsci’s Ashes). Frassine, however, is not standard Italian. «Il Frassine» was the home of Giorginia Zabban, a close friend of Amelia Rosselli’s paternal grandmother, in the countryside outside of Florence. Giorginia Zabban hosted the Rosselli family upon their return to Italy in the summer of 1946. During the war Amelia’s family had lived in Larchmont, NY as political refugees, following the assassination of Amelia’s father Carlo and uncle Nello in 1937. Though Amelia Rosselli’s grandmother, the writer Amelia Pincherle Rosselli, made an effort to keep the children in contact with the Italian language by reading Dante to them while they lived in the States, «Il Frassine» is most significantly the place where Amelia became vividly reacquainted with the Italian language after years in France, England and America. In a letter dated July 25,1946 she writes her brother, «this letter was going to be written in Italian to show you my enourmous [sic] progress with the language, but I have suddenly lost courage.» She continues by referencing Milton, «At Frassine is Paradise Regained.» In Amelia’s printed copy of Impromptu in Viterbo she corrects the spelling to frassino, with a marginal note in pencil, but she again returned to the original spelling in the later French edition of the poem. Due to the many readings for this word in Italian, we’ve translated frassine simply as ash.

Pierpaolo: A reference to the poet, filmmaker and critic Pier Paolo Pasolini, who was essential in promoting Rosselli’s early work.  Rosselli uses alternate spellings for the proper names in Impromptu; these “errors” remain uncorrected in any of Rosselli’s proofs, suggesting rather that she is creating alternate personas for these famous figures within the space of the poem.

l’ultimo ponte: Rosselli’s handwritten note on the Impromptu manuscript IM.2 in Pavia: «“l’ultimo ponte” = film Americano di Guerra.» Here the reference is the 1977 film by Richard Attenborough, A Bridge Too Far, about the failed “Operation Market Garden,” by allied forces in WWII. The Italian title, Quell’ultimo ponte translated literally into English is “That Final Bridge.” We’ve tried to acknowledge this cross-cultural reference with our translation: «that cast the farthest gaze / from the farthest bridge.»

PART 3

lungofiume: The Italian term lungofiume is a common one for riverside or embankment. In Rome the street that runs alongside the Tiber is the lungotevere. Here we feel Rosselli is estranging these familiar terms, and we have tried to signal this with our own kind of estrangement with the English hybrid “alongriver.”

crematorizzato: Hybrid of cremato (cremated) and terrorizato (terrorized), as suggested by the rhyme.

Mistinguette: Early stage name of popular French chanteuse and actress Jeanne Bourgeois (1873– 1956). Bourgeois performed at music halls such as the Folies Bergères, and was known at the height of her fame as “Mistinguett.” See note to lines 51-52 for Rosselli’s treatment of names in Impromptu. According to Paolo Canetteri, “Mistinguette” was the poet Eugenio Montale’s nickname for Rosselli.

arrotearsi: A neologism; a reflexive verb containing roteare (to rotate or revolve) and arrotare (to sharpen). Here the invention is not as strong as in other parts of the poem, and we so privileged sense and sound over pun in our translation. The associative trail of s’arrota continues in this section of the poem with rotativo (rotary), arroteandomi (rotating) and rotativa (rotary).

stralunata: originally stralunante (present participle of stralunare = to roll one’s eyes in bewilderment) in the 1981 edition and 1993 editions of Impromptu, Rosselli corrects this to stralunata (past participle) in IM.1, IM.2, IM.5 and FAR.55.

Immagine: Amelia Rosselli nella sua casa di via del Corallo, Roma. Foto di Dino Ignani.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).