Ninnananna di Cape Cod, IV

da | Nov 19, 2016

Restano delle grandi cose le parole già dette,
liberi profili d’alberi, qualche tenace data;
ed anche un corpo col cappello di carta, in vista
dell’oceano. Come uno specchio, il corpo sta nel buio:
sul suo viso, nella sua mente non c’è nulla,
soltanto crespe.

Fatto d’amore, sogni sporchi, paura della morte, polvere,
tastandosi le ossa fragili, l’inguine vulnerabile,
quel corpo serve da prepuzio dello spazio, che filtra il [seme:
una lacrima inargenta uno zigomo,
e si fa membro di se stesso l’uomo
e si getta nel Tempo.

Il confine orientale dell’Impero affonda nella notte, alla [gola.
Il padiglione ascolta dalla chiocciola
il suo verbo, cioè ascolta la propria voce. Spreco
che sviluppa le corde, ma spegne lo sguardo.
Perché nel tempo puro non c’è incaglio,
per generare l’eco.

Afa. Soltanto se, tirato il fiato,
stai supino, puoi dirigere il discorso insecchito
in su, a quella deserta, muta landa.
Solo l’idea di se stesso e di un grande paese
può gettarvi di notte da parete a parete,
alla maniera di una ninnananna.

Dormi perciò tranquillo. Dormi. In questo senso, dormi,
come solo fanno quelli che hanno fatto la loro pipì.
I paesi confondono le carte, abituandosi alle altrui
latitudini. E se l’uscio senti stridere, «chi è?»
non domandare, e non credere mai
a chi risponde chi è.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).