Lavoro da fare

da | Dic 5, 2016

Quattro poesie da Lavoro da fare (2002-2005) di Biagio Cepollaro, Postfazione di Andrea Inglese, Nota di Giuliano Mesa (Milano, Dot.com Press, di prossima uscita).

forse siamo stati come quelli che danno
un’occhiata
al ristorante
e non entrano.

intanto i cani al giardino
del parco
riconoscono a fiuto l’erba
che li cura e giungono cose
nella testa – anche quando
si cammina per strada
che uno neanche se l’immagina ¬¬ –
cose che poi sogna tutte alla rinfusa
cose alla rinfusa
che però ci parlano

così non guardavo in alto ma a mezza altezza
che la mente è larga larga di cose
che fanno a pugni e uno
ci deve mettere prima
o poi la pace
e ci entra tutto ma davvero tutto
e sono tanti i vicini
che ascoltano
senza approvare
e tanti i vicini
che chiamiamo perché ascoltino

(o che credono di ascoltare
o, che è lo stesso, che noi crediamo
che ascoltino: se si può solo
riconoscere è per continui
travisamenti. come in sogno,
appunto)

e allora abbiamo detto all’anima di farsi avanti
che noi poi ci facciamo
un bel lavoro
si, ci son cose che lei preferisce
non pensare
così come ci son cose
che noi preferiamo non sentire:
ma è dalla sua acqua che il fiume s’ingrossa
e si sa che l’acqua
è segno di pericolo (pericolo
di chi si trasforma: dunque l’acqua
è dappertutto…)

*

non c’è sapere non c’è ignoranza
non c’è neanche alto
e basso
tutto si dà nel cielo
per imponenza
e allora perché raccontarsi
delle storie?

semplicemente si tratta di guardare
a mezza altezza
di non assoggettarsi
nella speranza
di far piazza pulita
in un tempo indeterminato
di ciò che coesiste
all’atto
e lo sostanzia:
bene o male alla fine
è ciò che resta una volta
consumato il cuore
per tutto tener dentro
e trasformare

bene sarà e resta
un’aspirazione
nonostante tutto
male non pensarci
neanche
per pura meccanica
dei giorni
non pensarci più
(fino al terrore
finale
e a ciò che
per qualche tempo
lo precede).

*

al ruotare del pianeta l’aria
anche questa volta acquista
in dolcezza: anche quest’anno
ci sorprende come un dono

si disse che guardato dalla fine
solo l’amore è cosa che val la pena
di realizzare e con ciò non s’intendeva
una situazione ma il modo globale
di fare mondo -dentro standoci- e
in ogni cosa da fare -facendola

ma quando tutto questo sta
nel palmo di una mano
ogni cosa mostra suo nome
e sopra tutto oltre la mano
c’è il nulla dell’esser già
passati altrove o in niente

è così difficile tollerare questa vista
contare con le dita di cosa è fatta
poi la propria vita
e
nome
per nome
avere coscienza
di questo passare: è la malinconia
che si accompagna all’intensità
del desiderio che quando è sano
ha sempre inizio e fine

noi – diceva saggia – andiamo
in giro da sempre a chiedere
l’essere da qualcuno
dall’inizio
dal primo sguardo
a fuoco
di neonato oltre il primo
riconoscimento
a fiuto
e la completezza che cerchiamo
nel darci da fare o nello stare
fermi lasciando avvicinare
è cosa che sfugge in breve:
ogni giorno daccapo cerchiamo
il ciclo al suo ritorno quell’attimo
solo che poggia a terra il piede
e sembra senza peso per potere
andare

*

dunque era questo
il lavoro da fare: giungere
alla Porta

e anche se presto
gli abiti ci si richiudono
addosso
il grosso del lavoro
è stato fatto

il sospetto della bellezza
dell’essere
oggi non è più sospetto
ma un’esperienza

oggi non vogliamo più
che le porte siano chiuse
abbiamo sbirciato
e nella grande sala
c’era un lago verde-chiaro
e profumo di alghe
e di presto mattino

ci siamo visti al centro del lago
con i piedi sui sassi del fondale
e le mani che toccavano
il cielo
ci siamo anche voltati
da ogni lato
e da ogni lato c’era il verde
del lago

ora siamo sulla Porta
e non sappiamo né ci importa
quali saranno le parole
a venire
noi andiamo oltre i segni
per il tempo che ci resta
noi andiamo a ringraziare
per essere stati invitati
al banchetto

ora siamo sulla Porta
del ritorno e della restituzione

Immagine: Opera di Biagio Cepollaro.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).