A B, con una otto millimetri
L’estate impolvera le siepi
anche oltre i mille metri,
impolvera le more ostinate
in un’adolescenza agra.
Ma la tua adolescenza s’addolcisce, matura
nella pazienza artigiana e sottile
di questa ripresa dal basso
e da dietro la siepe stracciata,
così da tramare di spini foglie e bacche
il racconto nel suo tempo reale
scandito dai passi silenziosi
e furtivi dei bambini Giuseppe Marta
Galeazzina «fuggiti di casa»
Quando tutti dormono a Casarola
Perché è luglio e il fuoco meridiano
Piega anche la gente selvatica
Dell’Appennino, anche le donne
Indomabili nell’avarizia e nella sporcizia,
boccheggianti su pagliericci miseri
in triste pace.
Soltanto voi, gentili villeggianti,
vivete quest’ora, ne rubate
l’acuta fiamma sì che i vostri occhi
rideranno, nel primo piano, per sempre
al sole delle tre.
Affrettatevi, la teleferica è lontana
e Bernardo, che ha le gambe lunghe
dei quattordici anni, la smania dello story-teller,
insiste sul tempo reale, vuole
che vi perdiate fra castagni e felci
a cercare, con la luce che si fa
più e più debole – affrettatevi,
la sera è paurosa sui monti –
i fili metallici che tagliano le mani
e portano via il legname
per il tannino, o lo portavano, la fabbrica
va in pezzi, e le funi intrecciate
ci voleva Giuseppe a scoprirle, perse
nella vertigine dei rami più alti,
ruggine clorofilla, avventura e terrore
di un bambino che gioca: questo
l’antefatto del racconto, ora egli
conduce le cugine più grandi
all’altalena sospirata
e non la troverà più,
il suo cuore sentirà dolore,
quale soltanto, passati anni e anni infiniti,
l’uomo prova nel primo orgasmo dell’infarto.
L’ultima inquadratura è dall’alto
di un ramo di cerro, l’occhio della macchina
ricerca inquieto i tuoi occhi inquieti,
guida sconfitta,
mentre già le bambine si distraggono,
la più grande delle sorelle intreccia
un cappello di foglie sui capelli
della più piccola, l’operatore-poeta
se ne innamora anche lui, pensa all’effetto
che ne ricaverà quando avvizzite
le foglie finiranno sulla polvere
rosata del crepuscolo freddo
sulla via del ritorno, scordati
il dolore precoce, la pupilla delusa,
il tema umano della novelletta.
Lasciate che l’arte si prenda
queste rivincite improvvise ma giuste
sulla vita, che un ragazzo ne profitti
e abbia coscienza in quei cari anni
della vocazione e dell’apprendistato.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).