La terra originale

da | Nov 14, 2018

Sette poesie da La terra originale di Eleonora Rimolo (pordenonelegge-Lietocolle, 2018).

I maestri insegnano in silenzio
quando la sera viola svuotata
rincorre tra le nuvole lo spazio
sporco delle rotaie e dietro siede
il nemico, ed io prego che resti
per riscrivere le lezioni perdute,
per il lupo che divora in tutte
le direzioni raggiunto dalla fame,
perseguitato dalla pulce, sconfitto
da un timido sonno straniero.

*

I viali esposti alle luci dei fari
come lunghi manuali dell’attesa:
girarci attorno era ridurre il cerchio
ad un’orma, avere ancora una scelta
perché con l’ansia indecente del ritorno
noi dobbiamo vagare, dobbiamo tornare
in cerca della casa originale,
della prima cellula essenziale.

*

Sofiya

A Natale non c’è spazio per la cronaca
nessuno legge i giornali, le edicole
sono chiuse: Kreuz und Abend – croce e sera –
il suono che fanno le tracce umide
dei tuoi passi. Domani qualcuno
tenterà di riconoscerle, il fischio
della civetta dirà che sono trascorsi
nove anni dall’inizio dell’inverno
e la distanza tra la bocca e la roccia
gelerà per sempre il nostro naturale
decomporci in schegge di terra.

*

Accade. Senza rimedio come in un quadro
dalla finestra l’uomo seduto ricurvo sul letto
è una macchia di colore, una scala di grigi,
tono su tono dentro questa cornice di pioggia.
Qualcun altro se ne va senza essersi rialzato:
non si dura molto fuori dai propri ospedali.
Il Levante ha portato ai miei piedi
un torsolo di mela, fradici scarti che dovrò
ripulire con la tua voce annodata alla porta,
quando la vecchiaia era un debito
da saldare, e cadendo ogni volta non cercavi
soccorso, solo più tardi domandavi un sorso
d’acqua e con le labbra tumide chiedevi
ancora.

*

I ciliegi in Via Tufara si gonfiano di petali,
riempiono di latte le pance dei contadini,
spezzati nella schiena ad ogni solco.
C’è un punto dietro la curva a picco sul golfo
dove si tengono stretti gli amanti di vecchia data,
i buoni amici, le volpi affamate: lì deve bagnarsi
anche la vegetazione, la recinzione scompare quando
il calore batte i tetti e finalmente riesci
a sederti, guardare crescere da soli i tuoi frutti,
riposare nel silenzio di un nuovo raccolto.

*

Ho saputo della mareggiata al di là
delle colline, ho sentito il sale nella gola
che ora infiamma e mi tiene muta
dietro questi schermi. Mi manca sedere
sulle barche rovesciate, sentirmi giovane
insieme a te, seguire la danza dei pescatori
rapita dal loro rigido metodo antico: tenere
le reti con le dita trasformate in tronchi,
avere sogni tiepidi, gli occhi sempre
in basso o in alto mai a metà dell’orizzonte,
lamentare cantando il ritorno del padre.

*

Possiamo ancora scegliere come invecchiare,
non c’è motivo di pensare ad altro: dove essere
quando il cielo si farà nero, con quale spugna
sfregarci le cosce, i reni, con quale punteruolo
profanare la ferita. Allora saprò dirti quanto
bene ho avuto per te, anima incedibile, per cui
ho lasciato sul tavolo le carte schiantando
la sedia, rinunciando all’inganno del gioco.

Immagine: Mario Giacomelli.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).