La luna e le sue forme. Per Anna Cascella Luciani

da | Dic 19, 2020

La luna e le sue forme è un volume che raccoglie contributi e testimonianze per Anna Cascella Luciani, insieme a una antologia poetica, appena uscito per Macabor, a cura di Marco Corsi, che ha scritto la prefazione che potete leggere di seguito.

A rileggere oggi le parole che Franco Fortini volle dedicare a Tesoro da nulla, in occasione dell’edizione Scheiwiller che seguì la vittoria del premio dedicato a Laura Nobile con l’omonima silloge, sembra si sia cristallizzato allora, per la prima volta, un giudizio cri-tico valido per l’intera produzione poetica di Anna Cascella Luciani: «il giuoco delle rime e degli inciampi e degli allegri suoni, la felicità di breve carne e di ambigua vita, i colori degli oggetti, la fisicità delle stagioni romane e della loro occulta mortalità, tutto un gioco tonale che si vuole leggero e vago ed è invece sofferente o delirante, fanno dei suoi versi una lettura, come poche altre oggi, di dono e, come suol dirsi, grazia da ascoltare senza porre domande». Ciò valga anche a parziale risarcimento del destino che, nei decenni, ha avuto la poesia di questa autrice: assente dalle antologie e dai com-pendi generazionali che, a partire dagli anni Settanta hanno cominciato a profilare il “canone” della poesia italiana di oggi, la vita dei suoi versi ha trovato comunque attenzione critica nell’energica fiducia di eminenti promotori, dal già citato Fortini a Giovanni Giudici e Attilio Bertolucci, che Anna andò ad incontrare portandogli un certo numero di testi, e di più recenti sodali, amici ed estimatori, come appare chiaro dalla bibliografia che correda il volume di Tutte le poesie, impreziosito dal saggio iniziale di Massimo Onofri.

Per un’analisi critica e stilistica di questa poesia, quanto enucleato da Fortini costituisce l’ossatura di un discorso che richiede, tuttavia, ulteriori specificazioni derivate dal percorso che la scrittura di Cascella Luciani ha compiuto fino ad oggi: prima fra tutte, la questione del ritmo. Al «giuoco delle rime e degli inciampi e degli allegri suoni» si è col tempo connaturata una tensione ragionativa e fàtica in grado di costruire ampie campate narrative o veri e propri spazi di meditazione in cui ricordo e ingiunzione, canto e sentimento si fondono in una peculiare materia verbale che non teme l’assoluta chiarezza oppure, viceversa, il chiuso esilio della dimenticanza. È fatta di rammemorazione e di perdita questa poesia – «qui dimenticare è dolce» è titolo della quinta sezione di Gli amori terreni. 2009-2012: nel circuito percussivo di un verso che si snoda ancora per assonanze e per richiami fonici, qualcosa in maniera contraria svapora, si fa sogno. Ma non è il sogno pacificato che ci si potreb-be aspettare da una lettura romantica, bensì qualcosa di beckettiano, improvviso e inatteso, come la formula del «disamore».

La parola, nei versi di Anna Cascella Luciani, è un calibro: niente può formare la catena del significato se non nella sua perfetta, e necessaria, misura. E quando ciò si accompagna alla vita sottaciuta opoematizzata – in questo, oltre a Giudici, è opportuno riferirsianche a Giorgio Caproni – la rima più impervia può addirittura abbracciare l’ineliminabile presenza della morte:

piccola come un colibrì
l’agendina di mia madre
in ospedale – (quando
la trovai – e l’aprii –
c’era un’ultima data
scritta a mano “2 – marzo –
’82 – martedì”)

È forse questo che possiamo intendere per «breve carne»: la consapevolezza nell’uso del verso breve – senari, settenari, ottonari, ma anche talvolta quinari o «versicoli», come li direbbe Caproni, più brevi – conferiscono alla poesia di Cascella Luciani i connotati di un’epica fatta davvero di «colori» e «stagioni». Tentando una sintesi neanche troppo impervia, questi due tropi si trovano condensati nell’immagine ricorrente del cielo, soprattutto il cielo di Roma gemello di quell’Adriatico evocato più volte a partire – come apprendiamo da Tutte le poesie. 1973-2009 edite da Gaffi nel 2011 – dall’ultima sezione dell’inedita (in veste autonoma) raccolta Luoghi. Talvolta con aerea e rarefatta stupefazione, inoltrata dalla disloca-zione in fine di verso della congiunzione copulativa:

tramava il mare e
neanche lo sapevo,
passavano farfalle
e lo vedevo.

Il lemma «tramava», tuttavia, ci riconduce all’istinto della narrazione cui spesso si congiunge – ed è forse l’unico aspetto che non si ricava dal risvolto di Tesoro da nulla – alla dimensione del mito. Due sono le strade che, in questo caso, si intersecano: quella che potremmo definire erudita, comunque mai totalmente eidetica o ecfrastica, in cui sono i personaggi del mito a fare la loro comparsa nel terreno della poesia; e quella mitobiografica, che più sottilmente allaccia il “sentimento del mito” alla dimensione concreta della realtà.

E il mito rappresenta una condizione particolare per il soggetto di stare nella poesia e nella realtà: il lettore non ne percepisce mai una dimensione esornativa, ma è anzi costantemente guidato in un percorso di “illuminazione” che rifugge dalla semplice specularità, da un riflesso puramente simbolico e allegorico. Il mito è un sostrato in cui lievita la feconda matrice del canto, che in essa risiede per espandersi.

Sono questi, e molti altri, i temi analizzati dai contributi raccolti in questo volume che rende omaggio alla poesia di Anna Cascella Luciani, dedicati ora a invariabili del suo discorso poetico – come la questione del ritmo su cui si sofferma Giulio Ferroni, o quella relativa alla funzione del mito ripercorsa dagli scritti di Alessandra Paganardi e Ivano Mugnaini – ora concentrati su tratti specifici di un percorso che sfiora i cinquant’anni di versi – come nel caso di Roberto Deidier e Mary Barbara Tolusso che scrivono dell’ultimo volume edito, Gli amori terreni. 2009-2012. Di natura più specifica-mente monografica sono invece la riflessione sull’io di Simone Zafferani, che si riallaccia a questioni assai dibattute negli ultimi anni, e la strenua osservazione delle metafore vegetali condotta da Maria Clelia Cardona a partire da un testo cruciale come Tutte le oscurità del verde. (1966-2005). Alla funzione della memoria e alle in-terazioni fra verso e vita sono invece dedicati i contributi di Annalucia Cudazzo, Lorenzo Spurio e Lucia Gaddo Zanovello; più singolari, nell’intreccio di testimonianza e contributo saggistico, risultano infine i testi di Giuseppe Arcidiacono, Luigi Fontanella e Fabio Guindani, nei quali, in vario modo, la frequentazione della poesia di Anna Cascella Luciani diviene occasione per ripercorrere i motivi di un legame critico-interpretativo, da vicino o de lonh, che si traduce in profonda stima o esperienza di condivisione.
Al repertorio saggistico fa seguito una scelta antologica che è anzitutto espressione del gusto personale del curatore, ma attraverso la quale si è cercato di rendere testimonianza di una poesia forgiata dall’uso sapiente della ragione e del sentimento, dando espressione alla vitalità del mito, alla gioia della natura, agli affetti familiari e agli amori, in una trama fitta e inestricabile che, come in ogni buona poesia, mette sempre in relazione l’io più privato del soggetto con la realtà, piccola o grande, che la circonda. Insieme ai testi tratti da Tutte le poesie. 1973-2009, di cui si indica la raccolta di provenienza attestata per la prima volta in quel volume, secondo uno stretto ordine cronologico, e a quelli provenienti da Gli amori terreni, si è scelto di includere alcuni testi inediti in volume o mai pubblicati in precedenza, tratti da due raccolte che ancora non hanno visto la luce e che si spera potranno presto trovare un editore, Invalidi esili. 2013-2017 e La vita precedente (quest’ultima, in particolare, ancora in corso, raccoglie testi composti a partire dal 2018).

Completa il volume una Bibliografia essenziale nella quale, oltre alle opere dell’autrice in edizioni a stampa e in plaquette, o in edizioni d’arte, vengono indicati i principali contributi critici sulla sua poesia. Se ancora oggi possiamo ritenere la scrittura poetica un’esperienza di attraversamento, ciò si deve soprattutto a quei poeti che hanno fatto della propria scrittura un’arte e una disciplina. È bene ribadirlo anche all’inizio di questo libro.

Immagine: Foto di Dino Ignani.