Dialogo con Herz

da | Mag 18, 2013

“Fui preso dal terrore divenendo lepre
e accettare, poi, entrò nelle abitudini.”
“Fosse vero potrei uccidermi.” “Quale è
il destino delle lepri?” “La morte semplice.”
“Mi prendeva una paura rivoltante, squittivo,
di notte, e brucavo le foglie, di cavolo
e di tabacco. D’inverno consumai le riserve.”

“Non voglio divenire lepre, ma uccello
e impigliarmi tra le spine.” “La lepre muore
di freddo, di fame, di vecchiaia o fucilata.
Basta agli uccelli, spesso, un forte
vento notturno, tramontana tra le anitre
congelate.” “Herz,” disse sulla terrazza,
“verremo risucchiati da una grondaia in un giorno
di pioggia, emblema di violenze.”

“Desideravo da tempo muovermi
tra gli alberi: divenire uccello e nel
fogliame estivo scoprire il cunicolo,
giungere al fondamento.” “Toccare le radici
e leccare sostanze nutritive.” “La vecchia
abbaia,” hai detto, “e lo scemo ha urtato
il muro, con la ruota. Stizzito solleva
la maschera dalle pietre e ricade nell’incertezza
di un universo in furioso divenire.”

“Scivolo nuotando tra alghe pericolose.
Affondo in fitte vegetazioni, ricoperto
di formiche e di foglie. Mastico piume,
è quasi la conoscenza: con la luce
del giorno tra le fessure e la polvere
che si alza in un formicolìo di protezione
e di salvezza.”

Per i capelli ci afferra il vento, è vero,
dietro la nuvole si arresta un cielo specchiante:
nell’ombra maculata lo raggiunge la voce di Herz.
La sera, in terrazza, continuarono, felici:
“Avrà mai fine l’arbitrio del giorno e della notte?”

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).