Leggere Amelia Rosselli

da | Lug 26, 2016

Attraverso l’opera poetica di Amelia Rosselli. Dalla presentazione, presso la Casa delle Letterature, del numero 74 di «Nuovi Argomenti» a lei dedicato, le poesie scelte per la lettura finale. Con Luca Alvino, Daniela Attanasio, Maria Borio, Maria Grazia Calandrone, Roberto Deidier, Biancamaria Frabotta, Dacia Maraini, Daniela Matronola, Eugenio Murrali, Michele Ortore, Gabriella Sica, Simonetta Sciandivasci e, con una traduzione inedita, Marco Sonzogni.

***

Luca Alvino

(da Documento, 1976)

Mio angelo, io non seppi mai quale angelo
fosti, o per quali vie storte ti amai
o venerai, tu che scendendo ogni gradino
sembravi salirli, frustarmi, mostrarmi
una via tutta perduta alla ragione, quando
facesti al caso quel che esso riprometteva,
cioè mi lasciasti.

Non seppi nemmeno perché tra tanti chiarori
eccitati dell’intelletto in pena, vi
furono così sotterranee evoluzioni d’un
accordarsi al mio, al vostro e tuo bisogno
d’una sterilità completa.

Eppure eccomi qua, a scrivere versi,
come se fosse non del tutto astratto
alla mia ricerca d’un enciclopedico
capire quasi tutto a me offerto senza
lo spazio di una volontà di ferro a controllare
quel poco del tutto così mal offerto.

Mio angelo, io non seppi mai quale angelo
fosti, o per quali vie storte ti amai
o venerai, tu che scendendo ogni gradino
sembravi salirli, frustarmi, mostrarmi
una via tutta perduta alla ragione, quando
facesti al caso quel che esso riprometteva,
cioè mi lasciasti.

Non seppi nemmeno perché tra tanti chiarori
eccitati dell’intelletto in pena, vi
furono così sotterranee evoluzioni d’un
accordarsi al mio, al vostro e tuo bisogno
d’una sterilità completa.

Eppure eccomi qua, a scrivere versi,
come se fosse non del tutto astratto
alla mia ricerca d’un enciclopedico
capire quasi tutto a me offerto senza
lo spazio di una volontà di ferro a controllare
quel poco del tutto così mal offerto.

***

Daniela Attanasio

(da La libellula, 1985)

Io non so se tra il sorriso della verde estate
e la tua verde differenza vi sia una differenza
io non so se io rimo per incanto o per travagliata
pena. Io non so se rimo per incanto o per ragione
e non so se tu lo sai ch’io rimo interamente
per te. Troppo sole ha imbevuto il mare nella
sua prigionia tranquilla, dove il fiorame del
mare non vuole mettere mano ai bastimenti affondati.
L’alba si muove a grigiori lontana. Io non so
se tra le pallide rocce io incontravo lo sguardo,
io non so se tra le monotone grida incontravo
il tuo sguardo, io non so se tra la montagna
e il mare, esiste pure un fiume. Io non so se
tra la costa e il deserto rinviene un fiume accostato,
io non so se tra la bruma tu t’accosti. Io non
so se tu cadi o tu tremi, tu non sai se io piango
o dispero. Disperare, disperare, disperare, è
tutto un fabbricare. Tu non sai se io piango
o dispero, tu non sai se io rido o dispero. Io
non so se tra le pallide rocce il tuo sorriso.

***

Maria Borio

(da Variazioni belliche, 1964)

Ma se la morte vinceva era la corrosione ad impedirmi di
rivelare agli altri ciò che mancava in me. La scienza dei
numeri era la mia fortitudine, la scienza degli amori la
mia debolezza. Io non sono un Cinese! Non ho potere! Le
mie condizioni sono di naufragare! Nel naufragio della
grande rondine che sorvolava su della mia testa veramente
tonda era il segreto della mia misantropia. Cantavo storie
e scendevo di un gradino ad ogni mal passo. Su della mia
testa veramente tonda nasceva il quadrato della [certitudine.
Se nella testa veramente tonda nasceva il ritorno [impossibile
alle antiche maniere allora nella mia testa veramente [tonda
cadeva il grano il sale di Dio, l’ultima miniera. Se nella
tonda testa di Dio era l’incremento della giornata allora
nelle smorfie dei giovani intravedevo la bontà. Ma la
pece, il nero, la grandine, le sfuriate, la rivolta, la
cannonata, il paese fuori di sé controllava ogni mia mossa.
Antica civiltà descritta nei libri tu sei la rivolta che
non si fece domare, tu sei il mare che tinge di rosso la
sfuriata dei venti e porta all’alba una canzone.

***

Maria Grazia Calandrone

(da Variazioni belliche, 1964)

Tutto il mondo è vedovo se è vero che tu cammini ancora
tutto il mondo è vedovo se è vero! Tutto il mondo
è vero se è vero che tu cammini ancora, tutto il
mondo è vedovo se tu non muori! Tutto il mondo
è mio se è vero che tu non sei vivo ma solo
una lanterna per i miei occhi obliqui. Cieca rimasi
dalla tua nascita e l’importanza del nuovo giorno
non è che notte per la tua distanza. Cieca sono
ché tu cammini ancora! cieca sono che tu cammini
e il mondo è vedovo e il mondo è cieco se tu cammini
ancora aggrappato ai miei occhi celestiali.

***

Roberto Deidier

(da Documento, 1976)

La notte era una splendida canna di giunco
i suoi provvisori accecamenti erano di giunco
i suoi averi scappavano dalle mie mani
le sue filantropie erano di giunco.
Oh potessi avere la leggerezza della prosa
o di quel inverno che fu così ben racchiuso
fra i tetti impiantati: questa strada d’inverno
è come se qualcuno l’avesse saccheggiata.
Oh potessi realizzare le rissa degli angioli
indovinati fra le colonne vertebrate, così
come la strada precipita senza segno, senso
per un vuoto putiferio per un mistico
soliloquio.

***

Dacia Maraini

(da Appunti Sparsi e Persi, 1966-1977)

Perdonatemi perdonatemi perdonatemi
vi amo, vi avrei amato, vi amo
ho per voi l’amore più sorpreso
più sorpreso che si possa immaginare.

Vi amo vi venero e vi riverisco
vi ricerco in tutte le pinete
vi ritrovo in ogni cantuccio
ed è vostra le vita che ho perso.

Perdendola vi ho compreso perdendola
vi ho sorpresi perdendola vi
ritrovo! L’altro lato della pineta
era così buio! solitario! rovinoso!

Essere come voi non è così facile;
sembra ma non lo è sembra
cosa tanto facile essere con voi ma
cosa tanto facile non è.

Vi amo vi amo vi amo
sono caduta nella rete del male
ho le mani sporcate d’inchiostro
per amarvi nel male.

Cristo non ebbe così facile disegno
nella mente tesa al disinganno
Cristo ebbe con sé la spada e la guaina
io non ebbi alcuna sorpresa.

Candore non v’è nei vostri occhi
benevolenza era tanto rara
scambiando pugni col mio maestro
ma v’avrei trovati.

Vi amo? Vi amerei? Tante cose
nel cielo e nel prato ricordano
amore che fugge, che scappa
dietro le case.

Dietro ogni facciata vedere quel
che mai avrei voluto sapere; dietro
ogni facciata vedere
quel che oggi non v’è.

***

Eugenio Murrali

(da Adolescence, 1954-1961)

Je jouais des adieux cérébraux
je tourmentais mon pauvre cerveau
je pleurais d’amères larmes
tout cela pour une troupe de cerveaux
Ah sì j’étais calme comme la mer
quand il fait frais et les palmes
s’ouvrent au faux vent que la terre
supporte mieux que la gamme
des couleurs violentes du soleil
qui me blesse quoique je dorme ou je veille

1957

*

(da Variazioni belliche, 1964)

Mare del bisogno, Cassandra
dagli istintivi occhi blu la mia prigionia tranquilla
è un rovescio del destino assai dolce, assai implacabile.
Con tristezza indovino negli occhi del profeta una
medaglia che si rovescia al tocco dell’uomo. O Cassandra
le tue occhiaie sono le mie preferite celle di rassegnazione
e le tue labbra non suggeriscono altri tormenti che
tu non possa conoscere altrove che per questo mio
fragilissimo pensare.

***

Michele Ortore

(da Sleep, 1965, traduzione di Riccardo Duranti)

o dolce, dolce, dolce, fanciullo, avanti, o
delicato treno revisionato che ti tramuti in
dettaglio cremisi pallido; o bellicoso spreco, o
penetrante delizia, o saliva che scruta
il mistero della morte ovvero una penetrazione
che revisiona le sue entrate, l’uscita è lastricata
di cattive intenzioni, insomma, che tu
non incontravi mai colui che ti ha creato. Egli è gentile
a suo modo e discende a mo’ di tenda su
ospedali generali; è un tenero orrore
e anche un frigorifero; egli è perfino me, quantunque
ottenebrato dalla gioia

o cuore autodidatta che ha capito
il proprio punto debole, che resisti caparbio a inverni
troppo rigidi per l’armonia. O tenda a ossigeno
o bruno pallida revisione a foglie arancio
quantunque tu possa pensare con la tua penna, e [analizzare
incontri e cose fino a farle esistere, esse ti sfuggono
non senza povertà, ti prendono per mano
e ti supplicano: esprimimi!

***

Gabriella Sica

(da Impromptu, 1981)

13

Soffiati nuvola, come se nello
stelo arricciato in mia bocca
fosse quell’esaltazione d’una
primavera in pioggia, che è il
grigio che ora è era appeso nell’aria…

… E se paesani
zoppicanti sono questi versi è

perché siamo pronti per un’altra
storia di cui sappiamo benissimo

faremo al dunque a meno, perso
l’istinto per l’istantanea rima

perché il ritmo t’aveva al dunque

già occhieggiata da prima.

***

Simonetta Sciandivasci

(da La libellula, 1985)

La santità dei santi padri era un prodotto sì
cangiante ch’io decisi di allontanare ogni dubbio
dalla mia testa purtroppo troppo chiara e prendere
il salto per un addio più difficile. E fu allora
che la santa sede si prese la briga di saltare
i fossi, non so come, ne rimasi allucinata.
E fu allora che le misere salme dei nostri morti
rimarono per l’intero in un echeggiare violento,
oh io canto per le strade ma solo il santo padre
sa dove tutto ciò va a finire. E tu le tue sante
brighe porterai ginocchioni a quel tuo confessore
ed egli ti darà quella benedetta benedizione
ch’io vorrei fosse fatta di pane e olio. Dunque
come dicevamo io ero stesa sull’erba putrida
e le canzoni d’amore sorvolavano sulla mia testa
ammalata d’amore, e io biascicavo tempeste e
preghiere e tutti i lumi del santo padre erano
accesi. La santa sede biascicava canzoni
puerili anche lei e tutte le automobili dei più
ricchi artisti erano accolte tra le sue mura;
o disdegno, nemmeno la cauta indagine fa sì che
noi possiamo nascondere i nostri più terrei difetti,
come per esempio il farneticare in malandati
versi, o lagrimare sulle mura storte delle nostre
ambizioni: colori odorosi, di cera, stagliati
nella odorante stalla dei buongustai. Ma nessun
odio ho in preparazione nella mia cucina solo
la stancata bestia nascosta.

***

Marco Sonzogni

WELL THEN

…………………………………………………..for M.

The soul grows giftless? Well then: it shall also grow [groundless. Hell
is certain? Well then: my Abyssinian soul shall rise once [more.
Daybreak breaks down? Well then: our tears shall swell
and riverrun, and the voice of God continue to be [contemplated.
The soul is sensual shyness? Well then: love shall be
first-come first-served facts. The soul sells
out its suitcase? Well then: ink shall harbour heaven. The [soul steps
down? Well then: hāhā te whenua.

I contemplate birdsong and yet my soul is glum
like the entrenched soldier.

…………………………….after Amelia Roselli

*

Se l’anima perde il suo dono allora perde terreno, se [l’inferno
è una cosa certa, allora l’Abissinia della mia anima rinasce.
Se l’alba decide di morire, allora il fiume delle nostre
lacrime si allarga, e la voce di Dio rimane contemplata.
Se l’anima è la ritrosia dei sensi, allora l’amore è una
scienza che cade al primo venuto. Se l’anima vende il suo
bagaglio allora l’inchiostro è un paradiso. Se l’anima
scende dal suo gradino, la terra muore.

Io contemplo gli uccelli che cantano ma la mia anima è
triste come il soldato in guerra.

(da Variazioni, 1960-1961)

Immagine: Foto di Dino Ignani.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).