Adam Zagajewski, Guarire dal silenzio

da | Set 20, 2020

Guarire dal silenzio è una raccolta antologia di poesie di Adam Zagajewski (dal suo ultimo libro La vera vita, 2019, a Comunicato, 1972), a cura di Marco Bruno, uscita per “Lo Specchio” Mondadori. Pubblichiamo una selezione di sei poesie dagli ultimi due libri di Zagajewski: La vera vita e Asimmetria (2014).

da La vera vita (2019)

Alba invernale

Accade, d’inverno, che all’alba
un taxi ti porti all’aeroporto
(ancora un festival). Ti riporti qualcosa
alla memoria, e ancora non sei sazio di sonno:
è pur vero che qui, proprio qui,
abitava un tempo Andrzej Bursa,
che scriveva: “il poeta soffre per milioni di persone”.
C’è ancora oscurità, alla fermata
c’è chi s’incurva e raggomitola dal freddo,
vedendolo pensi, che fortuna,
soffrono solo per sé.

 

Kardamili

Gałczyński in un campo di prigionieri:
pio come mai prima e dopo allora.

Cosa può fare qualcuno che è poeta –
nell’esercito, nell’ospedale o nel mondo?

I profughi dalla Siria affondano nel mare
o soffocano in camion-frigoriferi.

A Kardamili sulla strada maestra giaceva
una gatta uccisa (per poco non le finisco addosso)

– e perché avevo tanta pena per lei,
come se avessi perso uno dei miei cari.

Siamo al sicuro, nascosti
in scatole di cemento, nell’angoscia.

Soffia il vento del Nord, il meltemi,
i fichi cadono sulla bocca crepata della terra.

settembre 2015

 

Charlie

in memoria di C. K. Williams

Charlie dichiarò una volta a New York
saremo amici – e fummo amici
per trent’anni.

Era impaziente, a volte autoritario
ma sapeva che solo la delicatezza unisce.
Alto, dal volto di un nobile spagnolo.

Tutti i giorni, al mattino, entrava nel suo laboratorio
come un operaio in una vigna armato
delle grandi forbici dell’immaginazione.

Lavorava lentamente, spesso trascriveva
le poesie – come per estrarre, dalla prosa
densa di sintassi, un verso d’incanto.

A prima vista poteva sembrare poco poetico.
Suo padre vendeva frigo e tv ma a lui
giunse un messaggero mormorante.

Nelle vacanze estive, vicino a Lucca, si alzava presto
e in giardino, in una bianca djellaba marocchina
sgobbava su un computer nero.

Sua nonna gli aveva detto che venivano dall’Austria,
ma era nata a Leopoli e prima di Ellis Island
si chiamava Grabowiecka.

L’amicizia è immortale e non ha bisogno
di molte parole. È paziente e serena.
L’amicizia è la prosa dell’amore.

Quattro giorni prima della morte era steso sul letto, smagrito
come un prigioniero di Auschwitz dai grandi occhi scuri.
Attendeva la liberazione.

 

 

da Asimmetria (2014)

Estate ‘95

Era l’estate sul Mediterraneo, ricordi?
vicino a Tolone, un’arida estate, entusiasta
entusiasta di sé, che parlava uno strano dialetto,e noi
capivamo solo brandelli di salate parole;
era estate nella sghemba luce della sera, nelle pallide
macchie delle stelle, la notte, quando taceva il brusio
di innumerevoli fatui discorsi e solo il silenzio
aspettava la voce di un uccello sonnolento,
un’estate nella quotidiana esplosione del meriggio,
e le stesse cicale si sentivano mancare, un’estate
in cui l’acqua azzurra si apriva ospitale, così ospitale
da farci scordare le anfore giacenti
da migliaia di anni sul fondo del mare, nell’oscurità,
nella solitudine; era un’estate, ricordi?,
le foglie sempreverdi del ligustro ridevano,
era luglio, e facevamo amicizia
con quel giovinetto gatto nero
che ci sembrava così intelligente,
era la stessa estate in cui a Srebrenica
venivano uccisi uomini e ragazzi;
innumerevoli, secchi gli spari
e certo c’erano un caldo torrido e la polvere,
e le cicale, terrorizzate a morte.

 

Il poema che da sé deduce un mondo

Ogni poesia, anche la più breve,
può trasformarsi in un poema che da sé deduce un mondo,
sembra che potrebbe persino esplodere,
perché ovunqe si nascondono smisurate
riserve di meraviglia e ferocia e pazienti
attendono il nostro sguardo, che le può liberare
e sviluppare, come si sviluppa un fiocco di strada d’estate –
solo non sappiamo cosa prevarrà, e se il nostro ingegno
reggerà il passo di una così ricca realtà;
e quindi, per questo, ogni poesia deve parlare
della totalità del mondo; purtroppo non siamo
abbastanza attenti, le nostre bocche sono
strette e centellinano le immagini, come
l’avaro di Molière.

 

Terra

Alcuni parlavano polacco, altri tedesco,
solo il pianto era cosmopolita. Le ferite
non si cicatrizzavano, serbavano lunga memoria.
Il carbone luccicava come sempre.

Nessuno voleva morire, ma la vita era più dura.
C’era molta estraneità; l’estraneità taceva.

Eravamo arrivati come turisti, con le valigie –
restammo più a lungo.

Non appartenevamo a quella terra,
ma magnanima ci accolse –
vi accolse entrambi, uomo e donna.