Il tempo degli Assassini

da | Mag 9, 2013 | Senza categoria

«Voici le temps des Assassins» è la riga che chiude l’undicesima illumination di Jean Nicholas Arthur Rimbaud nella mia edizione italiana da 9 euro e 30. Questa sequenza di parole francesi è stata composta dal poeta tra il 1872 e il 1873, oppure tra il 1874 e il 1875; è stata pubblicata per la prima volta nel 1886 sulla rivista “La Vogue” alla pagina 57; nella mia edizione è a pagina 128. Il solito quadratino di poème en prose, uno spazio bianco e quindi l’ultimo verso di “Matinée d’ivresse”. Voici le temps des assassins è anche il titolo di due film. Il primo, del 1956, è diretto da Julien Duvivier, il regista di Don Camillo. Un buon noir con un finale trucido. Il secondo, nella sua traduzione italiana Il tempo degli Assassini, è un melodramma del 1975 con Joe Dallesandro: il Warhol-boy di Trash, di Flesh e di Calore. Time of the Assassins è il titolo dell’ottava traccia di IRM, l’album di Charlotte Gainsbourg del Gennaio 2010. Nel videoclip Charlotte passeggia in un bosco, tocca dei cavalli e salta in modo strano sui tronchi degli alberi, mentre canta: «in the time of the assassins / they say hallelujah». Il tempo degli assassini è anche un’opera teatrale di Pippo Delbono con Pepe Robledo. «Quando abbiamo deciso di fare questo spettacolo» – ha spiegato Pippo – «volevamo parlare di Rimbaud e dei poeti maledetti e dei poeti rock e delle persone che sono vissute e morte come loro, della morte di un intero popolo, della violenza, dell’amore e della solitudine. Grandi temi. Invece ci siamo trovati a parlare delle piccole cose della vita, piccole paure, piccoli sogni, piccole storie di ogni giorno. E senza volerlo abbiamo parlato di noi». La locandina recita: «Giacche cravatte. Sul palcoscenico soltanto due sedie. Luce bianca». The time of the assassins è l’album di debutto del bassista degli Strokes, Nikolai Fraiture. Sulla copertina del cd c’è l’avviso PARENTAL ADVISORY EXPLICIT LYRICS. Nel libro di Moravia La vita interiore del 1978, la protagonista Desideria dice: «Ho risposto che Quinto mi ripugnava, perché, appunto, sapevo di certo che era un assassino. E lei, con una risata: “Forse lo è. Non lo sai che è giunto il tempo degli assassini!”» Il tempo degli Assassini è un disco degli Ucroniutopia. Gianluca Lalli leader del gruppo canta: «io che tutti gli altri non li ho mai capiti, di pazzi e di assassini c’hanno fatto i miti / io che dopotutto ho capito in fretta io che respiro la mia sigaretta / io che fumo hascisc mattina e sera mi nascondo sennò vado in galera / io che sarò tossico e non dipendente se non che dal mio essere o dalla mia mente». C’è anche un saggio di Henry Miller che s’intitola The time of the Assassins. Parte da Rimbaud e arriva qua: «È il tempo degli assassini, non c’è da sbagliare. La politica è diventata un affare da banditi». Ecco il tempo degli assassini dal 2003 al 2008 è stato il messaggio di benvenuto del mio Nokia 1100. Giacomo Debenedetti a proposito del mio messaggio di benvenuto ha scritto: «Una polivalenza di significati della quale Rimbaud è solo in parte responsabile».

Qualunque edizione si possieda delle Illuminazioni il verso finale di “Mattinata d’ebbrezza” riporterà quasi sicuramente la parola Assassins in un enigmatico corsivo, o in uno sgraziato maiuscoletto. Certamente ci sarà una nota a piè di pagina. Sedotti allora leggeremo: «Il forte effetto d’insistenza dei precedenti paragrafi può suggerire il senso di un “gruppo”, di una comunità di iniziati e prepara la lapidaria e celebre frase finale». Il senso di un “gruppo” della nota 1 «si riferirebbe a una setta fondata in Persia (XI sec.), i cui membri avevano la missione di compiere omicidi anche a prezzo della propria vita» della nota 2. D’altra parte «l’etimo arabo, Hasciscin,» della nota 3: «chiarisce che essi erano consumatori di hascisc».

Tra la parte in prosa e il verso finale dell’Illuminazione, in quello spazio inspiegabilmente bianco, i critici di Rimbaud hanno avuto gravide visioni. Questi spericolati della significazione hanno ricomposto “Mattinata d’ebrezza”, perché così com’era non era ordinata. Michel Charolles in Le texte poétique et sa signification considera il rigo di Rimbaud come «il recto significante di un segno il cui verso significato è da ricostruire attraverso il “récit-signifié”, una “sequenza significata” da interpretare come fosse una narrazione e che porti alla luce il significato, il suo “doppio trasparente”».

I più autorevoli hanno letto il verso sempre in lingua originale. Hugo Friedrich in La struttura della lirica moderna ha scritto: «L’impressione è disorientante, in quanto egli parte da un linguaggio che non solo colpisce brutalmente, ma è anche capace delle più ammalianti melodie». Con la lingua sugli alveoli Hugo ha pronunciato Assassins all’infinito, fino a quando la voce rauca da bibliofilo sarebbe ritornata quella di un ragazzo. «Voici le temps des Assassins» è un rimedio naturale contro il catarro. Per vederci chiaro in quel breve verso di Rimbaud gli eruditi hanno voluto vederci tutto. Esasperandolo di significato sono riusciti a leggerci un film noir, un disco «di rabbia», un «palcoscenico con sedie e cravatte», un videoclip panteistico. Voici le temps des Assassins et voilà.

Quando a sedici anni decisi che quel verso sarebbe stato il messaggio di benvenuto del mio Nokia 1100 lo scelsi nella sua traduzione italiana: letterale e bruttina. «ecco il tempo degli assassini», senza musica, senza note, senza polivalenze, senza ammiccamenti, senza sciccherie critiche, senza maiuscole. Lessi quel verso come una pura combinazione di parole senza mai trovare ciò che desideravo perché mai ho voluto cavarci fuori qualcosa. Non ho cercato niente e ho trovato il niente. Lo lessi senza alcun interesse e continuai a farlo fino a quando ho resistito. È stato molto tempo fa quando incontrai l’unica frase che non volesse dire volontariamente nulla. Da quell’illuminazione in poi non ho mai più sentito così vicina a me un’opera d’arte. Mentre tutti si scatenavano a studiare, a ragionare, ad approfondire, a dire qualcosa di altrettanto buono come quel niente, io stavo fermo e vedevo quella sintesi di parole felicemente inutile e quel suo essere semplicemente vuota. Ero l’unico al mondo a pensarla così, e in più ero un ragazzino. Quel verso sarebbe dovuto restare superfluo per più tempo possibile, così l’ho recitato a memoria per non dipendere più neanche dalla pagina del libro. Desideravo il niente di niente. Ancora più niente altro niente ecco il tempo degli assassini ecco il tempo degli assassini ecco il tempo degli assassini ecco il tempo degli assassini ecco il tempo degli assassini ecco il tempo degli assassini ecco il niente degli assassini ecco il niente degli assassini ecco il tempo del niente il niente il niente degli assassini ecco il niente del niente niente il niente del niente niente niente niente niente. Questo mi sono ripetuto ogni giorno per dieci anni, ma adesso che anch’io sento di poter dire qualcosa di buono vi devo le mie spiegazioni. Ecco il tempo degli Assassini.

Mario de Laurentiis (Napoli 1969 – Segrate 2666).