CHEESE – “Maledetto intollerabile innocente furore giovanile”

da | Gen 2, 2020 | La nona nuvola, Non Fiction

Zuzu ha un naso appuntito e occhi che sembrano buchi neri, la sigaretta sempre in bocca. Zuzu non ha mai visto le lucciole e quando pensa al suo corpo imperfetto, al suo stomaco che brontola, diventa preda di mostriciattoli vermiformi che le escono dalle viscere e la costringono a vomitare.
Riccardo ha ciglia lunghissime e un pigiama con scritto I’m a panda, lavora come fattorino e ogni venerdì ruba una pizza per portarla ai suoi amici. Riccardo, quando Zuzu ha freddo, le presta la giacca, e agli esami la fa sempre franca anche se ha «il buio oltre la siepe in testa».
Dario indossa sempre una camicia hawaiana e si vergogna di avere i peli sulla schiena. Dario sta perdendo i capelli e sogna di trasferirsi a Londra per studiare programmazione di videogiochi alla Kingston University, ma i suoi genitori non possono permettersi di mantenerlo.


Zuzu, Riccardo e Dario sono amici, hanno vent’anni, vivono a Salerno e sono i protagonisti di Cheese (Coconino Press, 2019), il brillante esordio della ventitreenne Giulia Spagnulo, in arte Zuzu.
Nato come tesi di laurea, Cheese ha incantato Ratigher, relatore di Giulia prima che direttore editoriale di Coconino, che ha deciso di affidare la cura del volume a Gipi, il cui ultimo lavoro Momenti straordinari con applausi finti, da poco uscito, è già definito un classico.
Con l’aiuto dell’artista di casa Coconino, maestro e mentore di Zuzu, Cheese si è trasformato in una graphic novel a tutti gli effetti. Sulla quarta di copertina Gipi racconta così il suo primo incontro con Giulia: «M’aveva aperto una porta. Vuoi ricordarti com’era? essere vivi? sembrava dire con quelle pagine. Leggi, allora. E lessi. Era così».
I piccoli bar, i ristoranti, i gradini delle chiese e le piazzette di provincia, osservano i tre amici crescere, annoiarsi, innamorarsi della persona sbagliata, entusiasmarsi per un nonnulla, correre come forsennati. Il tratto, meticoloso nella rappresentazione dello spazio, diventa impietoso nella raffigurazione dei protagonisti, i cui minimi difetti fisici sono esposti in primo piano, e oscilla tra l’armonioso e il grottesco
Ed è una sera d’estate, tra le strade buie di Salerno, tra gatti neri e cassonetti, che Dario vince una scommessa e convince gli amici a partecipare alla tradizionale gara del formaggio rotolante di Brentonico, in Trentino.
Da quel momento l’estate di Zuzu, Dario e Riccardo prende la forma circolare del formaggio, e, fatto un patto solenne, i tre amici si dedicano alla preparazione della gara e intraprendono un lungo viaggio in macchina.
Nella calda noia di una periferia come tante, tra una serata rap, un film al cinema, e una pizza mangiata in strada, ciascuno dei tre dovrà fare i conti con le proprie angosce e i propri segreti, dolorosi come solo quando si è giovani, condivisi come solo quando si ha un vero amico.

«Se continua così tocca farle un discorsetto» si dicono Dario e Riccardo a una festa, intuendo della bulimia di Zuzu, che in alcune tavole è sola, in balia di una grottesca confusione di viscere e serpi che si agitano nella sua cassa toracica e si espandono fino a inglobarla; allora il tratto diventa tremolante, e il suo corpo si allarga e si sdoppia, si deforma come accade ai corpi dei protagonisti del ben più inquietante Black Hole, miniserie scritta e illustrata da Charles Burns – e pubblicata in un unico volume proprio da Coconino – in cui le mutazione sono dovute a una misteriosa malattia sessuale che sta colpendo i giovani di Seattle.

Zuzu, Cheese, 2019

Charles Burns, Black Hole, 1995-2005

«Si sporca anche l’acqua che bevo/ i fiumi raccolgono lo sporco/ non dovevo aspettare/ tengo tutto altri 10 minuti/ non si aspettano più di 10 minuti» si legge in una delle numerose pagine bianche che separano un capitolo di Cheese dall’altro.
«Il dolore più allucinante di sempre» Dario lo ha provato quando ha lasciato la sua ragazza, Marta, e mentre albeggia racconta a Riccardo e Zuzu di aver sofferto come se gli avessero sparato allo stomaco, ma dentro a un areo, e poi lo avessero buttato giù, e fosse stato assalito da uno stormo di uccelli dai becchi appuntiti, come nel peggior incubo hitchcockiano.
Riccardo, invece, si lascia prendere in giro da Dario perché non ha una cotta da anni, ma nel suo intimo sente che è arrivato il momento di riconoscere la sua omosessualità.
Qualcosa cambia quando i tre amici arrivano dalla zia di Dario, a Brentonico, in una grande casa con un albero di albicocche in giardino. È lì, la sera prima della gara, che Zuzu vede per la prima volta le lucciole, ed è talmente felice che scoppia a piangere, e spera di poter esprime un desiderio, anche se non sono stelle cadenti quelle che fluttuano davanti ai suoi occhi.
Poche ore dopo, goffamente equipaggiati, Zuzu, Riccardo e Dario corrono per i pendii scoscesi del paesino trentino verso la Valle che potremmo chiamare Futuro. Insieme alla forma di formaggio rotolano giù – disegnati con pennarelli e pennini a china – le risate immotivate, le serate infinite, gli innamoramenti folli, le corse in macchina, le strette al cuore, i primi veri dolori. Gipi definisce questo esordio «maledetto intollerabile innocente furore giovanile». Non riesco a trovare cinque parole migliori.

Marta Viazzoli (1996) è nata a Roma ma vive a Bologna, dove studia Letterature Comparate. Oltre a scrivere, scrivere e scrivere, coltiva orchidee, prepara dolci e legge fino a notte fonda. È arrivata in semifinale al Premio Campiello Giovani 2017 e in finale al Premio Chiara Giovani 2018, collabora con la casa editrice Mattioli 1885.