Al museo delle relazioni interrotte

da | Ott 25, 2016

Cinque poesie da Al museo delle relazioni interrotte di Mia Lecomte (Lietocolle, 2016).

DIORAMA
(Paris, quai d’Anjou)

Metà della casa affaccia su una città
metà su di un’altra
La prima città si riconosce dai pesci
in penombra bocca a bocca
si identifica in un fiume giocattolo
lentamente trascina un solo colore
L’altra città si divide fra menta erbe matte
qualche spiga una volta anche un ramo
di glicine d’oleandro
Questa metà della casa dà sulla tua città
quest’altra metà sulla mia
sul confine tutto interno al guardare
ci affacciamo rivolgiamo le spalle ad entrambe
a fronte a retro dell’abitare che ci abita
la testa è coda attorno al desiderio
una città sta di qua di qua l’altra
incontro al tuo al mio

*

CONTROLUCE
(Paris, rue Cadet)

Ci separa ci avvolge un muro concentrico
di respiro in respiro uno scarto di tosse
l’intonaco ci ha ripresi in un duplice verso
l’ho sfiorato l’hai sfiorato nel quartiere
in senso orario tra la mano che posa la tazza
e la luce per leggere distesi nel letto
Il muro si rapprende in un panno bagnato
dietro aspetta una moglie una madre
forse toglie la pentola o un orecchino
delle immagini bianche e ipotetiche per
intanto tu sei appena un rientro annunciato
Ci accompagna sempre eretto da capo
questo muro ora un pallido crespo di cina
dietro cui sei tornato hai lasciato le chiavi
hai baciato forse chiesto vuoi mangiare
io di qua basto a stringerti al centro del vuoto
tra le strade senza strade della nostra città
che è di muri qui ci affianca lontanissimi
per non dare a vedere mai a toccare
La voce che sta oltre se voglio la descrivo
e quello che tu stai facendo

*

IMBOSCATA
(Lugano, Riva Paradiso)
à mon papa

Le ossa le hanno frantumate per ultime
sono stati impegnati forni e torchi
contro la tua più intima ipotesi refrattaria
dai piedi poi ti hanno rovesciato nell’urna
versato a testa in giù come un pesce-clessidra
oltre il foro lungo un unico peso sottile

la tua urna è un animale di trucioli
chiodo a chiodo è stata progettata per questo
simulare silenziosa un gigantesco nitrito
sul ripiano a scacchiera della tua libreria
per tenere nascosta nel legno la cenere
in armi chiusa in pancia
agguerrita la poesia nel cavallo
spodesta ancora la stanza

*

TIME CAPSULES
(Paris-London, in treno)

La prima fu ideata nel Novecentotrentasei
quale cripta sottovuoto della civiltà
l’inventario dell’umana memoria
è da allora proseguito in capsule
di regola tutte monouso
immagini registrazioni oggetti
mappe materiali
numeri alfabeti formule orologi
schede per qualunque delucidazione
L’ultima la troveranno nel Cinquantaduemila
la quantità di dati che recherà in orbita
su supporti resistenti alle radiazioni
supererà di gran lunga le precedenti
si parla di includere fino a quattro pagine
scritte per ogni abitante della terra
Senza sapore odore sentimento
tutto il piacere a prescindere
allora soltanto questa nostra morte
vedrà completata la sua collezione

(Una capsula del tempo è un contenitore appositamente preparato per conservare oggetti o informazioni destinati ad essere ritrovati da storici o archeologi in epoche future, o da civiltà aliene.)

*

TERRACQUEO
(Paris, quai d’Anjou)

Le stanze della nuova casa
non sono mai state più lontane tra loro
Una mattina di marcia
per raggiungere la moka in cucina
superata la palude a guado il fiume
una scossa all’ultimo tronco malcerto
Per il bagno serve il periplo del vulcano
in alternativa due treni
piove se l’acqua gronda dalla pensilina
fino all’angolo più esterno del lavabo
I vestiti allineati nell’armadio
infittiscono la luce all’orizzonte
il mare è immenso da questa parte
oltre si inerpica la scala dello studio
i larici che lasciano il posto ai pini
fino alla distesa di muschio
tra le rocce sempreverdi della libreria
In salotto a precipizio con la cascata
per poi dirigersi verso la camera
sul primo aereo sospeso tra l’abat-jour
e alcune delle più semplici stelle
Da capo giorno dopo giorno
se non puoi uscire dalla casa
è perché fuori non ti è rimasto altro
il tuo al di là si assesta nell’impronta
lasciata in tempi morti su un cuscino

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).