Sei poesie inedite.
Mi mancate tutti
indistintamente
nei vostri gesti di paglia
e nelle dolcezze delle mani
delle soglie rotte
dei bicchieri infranti
tra rivelazioni sciolte,
mi mancate tutti
per ciò che non avete dato
e che pure ho fatto mio
come i cestini dell’asilo
e le pecore del Galles
ho fatto miei i buchi nella storia
e i tappi della memoria
di voi che non sapete
di voi che non sognate
non aggiungete
né forse sottraete,
vi ho fatto miei
come il Tamigi la Senna
la Baia di Tokyo e il Sumida
ho fatto miei tutti
i sapori delle capitali arie.
Galleggiano, dileggiano,
Amano.
(E tu che dicevi, ho abbastanza amore per voi tutti)
*
Coscienza
La coscienza è successo muto
muti
siamo muti
e più perdoniamo più siamo muti
siamo muti, muti.
E i tarli
i tarli che fanno buchi tra le fila di legno
e tra le memorie accese a testa china
sui buchi dei tarli
la storia cresce tra colpe e lacrime
incensi ed errori
i tarli muti
mettono in croce e pace
e noi muti, siamo muti tra le righe
siamo muti nella rabbia buttata giù
tra i tarli e le mani incrociate
proprio lì, in mezzo ai corridoi.
*
Pasqua
Sei morto più di tutti
sangue perso più di tutti
sorte in terra più di tutti
inghiotti il tempo e le paure tutte
in gola senza tempo
senz’aria, o troppa aria
intanto parlano di parrucchieri
evitando acqua e arruffamenti
i cristiani da macello
preghiamo insieme e diciamo:
l’ateismo è un’innocenza troppo grave.
*
Il mio ardore è piuttosto
dell’ordine dei vivi e dei non-morti
quest’acquietarsi a metà vita
che ci convince pure troppo
ammazziamo la finta non-banalità
ammazziamo la morte di una finta-alternativa
chi non riesce che a vivere a sé sempre uguale
sempre mezzo-allegro, e interamente affine.
La fortuna di immaginare storie non mie
se solo tutti avessero la fortuna di immaginare storie non loro
storie di secondari che diventano primari.
*
Quando ti hanno fatto
ti hanno fatto mondo
tra due porte
coi lembi e le finestre
aperte e rimboccati
i sogni, e i disperati
profili mai osservati.
Tra due porte
ti hanno fatto
qui, e dall’altra parte.
E cascando,
tra oroscopi e puttane,
a giudicare dall’ombra
e poi a perdonare dall’alto
e dal mezzo invece vivere.
Vecchio e bianco,
le parole si fanno
trasparenti, cenere
arriva, e paura, e musica.
*
Sei più attinente al falso che al vero
alla mia fantasia più che al tempo
di quel tempio che eravamo
anni addietro in videoclip
con snodature ossee e crepiti di note
Storia
non so ancora se sei seria
o mi canzoni in sinestesia
se l’armonia esiste o si scompone
se ancora persiste il tuo nome.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).