IV
«Non ce l’ho – dice – coi padroni. Loro almeno
sanno quello che vogliono. Non è questo,
non è più questo il punto». E raffrontando
e rammentando: «… la sacca era chiusa per sempre
e nessun moto di staffette, solo un coro
di rondini a distesa sulla scelta tra cattura e morte…»
Ma qui non è peggio? Accerchiati da gran tempo
e ancora per anni e poi anni ben sapendo che non
Più duramente (non occorre) si stringerà la morsa.
C’è vita, sembra, e animazione dentro
quest’altra sacca, uomini in grembiuli neri
che si passano plichi
uniformati al passo delle teleferiche
di trasporto giù in fabbrica.
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il più buono e il più inerme, cita:
E di me si spendea la miglior parte
Tra spesso e proteste degli altri – ma va là – scatenati.
V
La parte migliore? Non esiste. O è un senso
di sé sempre in regresso sul lavoro
o spento in esso, lieto dell’altrui pane
che solo a mente sveglia sa d’amaro.
Ecco. E si fa strada sul filo
cui si affida il tuo cuore,
ti rigetta
alla città selvosa:
– Chiamo da fuori porta.
Dimmi subito che mi pensi e ami.
Ti richiamo sul tardi –.
Ma beffarda e febbrile tuttavia
ad altro esorta la sirena artigiana.
Insiste che conta più della speranza l’ira
e più dell’ira la chiarezza,
fila per noi proverbi di pazienza
dell’occhiuta pazienza di addentrarsi
a fondo, sempre più a fondo
sin quando il nodo spezzerà di squallore e rigurgito
un grido troppo tempo in noi represso
dal fondo di questi asettici inferni.
Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).