Paura degli occhi

da | Feb 26, 2015

Sette poesie da Paura degli occhi (L’Arcolaio, 2015).

***

Come avere paura degli occhi
come sapere che tutte le bocche
professeranno il falso
e per prima la tua
dirà cose che non vuole
vedrà cose che non sa
ma il vero più del falso
resta nelle parole che non riconosco
perché non hanno la tua forma
la calce bianca dei tuoi sensi
deformati per l’occasione
parole annerite, scartavetrate
cercano rifugio tra le mie
ma non trovano
che una pace fatta di spilli
di mura che non tengono
di soldati che non parlano la tua lingua

*

Barcollare sulle tue facce distese
inciampare nella tua fronte
farsi largo tra le voci
e chinarsi a raccogliere solo le mani più mature
lasciare le acerbe a macerare sugli occhi
chiusi, sempre chiusi
avanzare tra ciglia nere
aggrappandosi al ricordo
dell’Orsa, cancellare sguardi
ammutolire salive
e rimettere al loro posto le labbra cadute
gli zigomi divelti

*

Chiamarsi in disparte a parlare
mettersi a contare gli anni
con gli occhi nascosti
nella curva di un braccio
aggrappato – uno spazio
non troppo verticale
per trovarsi e tenersi
le mani pronte al lancio
e sdraiarsi, l’uno accanto all’altro
e lasciare
solchi di calore nella terra

*

È arrivato il dono, il fuoco
il rosso
è arrivata la terra, la città
che non conosco
e dovrebbe essere facile
a questo punto
sistemarvi al centro
la trama visibile dei polsi
la schiena curva delle parole
e lasciare che gli occhi sentano
che la pelle infine veda
ma qualcosa ancora trema
e io resto immobile
a guardare la trama
che hai scelto per me
la sollevo e penso
scegli me
scegli me

*

L’elenco dei corpi affastellati
all’appello della luce risponde
come sconfinato territorio
di volumi inabitati bianchi
prima di essere cancellati
come calendari distesi a occultare
le vene aperte nella parete
la porta di braccia distese
e intanto ritrovare
negli occhi allineati
una città intera di sassi da scagliare
nel tempo senza ora
l’ordine del giorno
resta quello di guardare

*

E mai più cercare ragione del torto
perché il torto lo portiamo al collo
come una pietra levigata nella stretta
un silenzio da osservare da vicino
allentare la presa non è ancora
respirare ma entra l’aria lo senti
nelle spalle che accolgono il colpo
nelle braccia liberate in dispersione
come se gli occhi fossero finalmente
da un’altra parte come se la fronte
non stesse lì a dividere il soffitto dalla gola
e la caduta è rivendicazione silenziosa
di ogni cosa al di qua della visione
una domanda che scende dagli occhi
e non si riempie e non si svuota

*

Come svegliarsi nella luce intera

***

Immagine: Dean Graham, Shoreline.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).