Un Icaro ucraino

da | Set 14, 2023

In anteprima dalla seconda parte del libro di Martin Rueff, “ICARO GRIDA IN UN CIELO DI CRETA seguito da un ICARO UCRAINO”, appena uscito nella collana Gialla Oro di Samuele editore in collaborazione con pordenonelegge, pubblichiamo alcuni estratti. La traduzione è di Francesco Deotto.

 

è una sequenza video
girata a Irpin
il 9 marzo 2022
un piccolo filmato di 35 secondi
come ne esistono migliaia
che scorrono in loop
sui nostri schermi e nelle nostre teste
un’immagine della vita martoriata
nella guerra
una scena di vita
in una scena di guerra
non un’immagine di cataclisma
di bombardamenti, di colonne di carri
di combattimenti di strada
non una di queste scene dove la terra
è vista dall’aereo che va sganciare la sua bomba
o da un drone
no, una di queste scene di vita
girate da chi?
una di queste scene
strampalate tenere suggestive

la prima
è stata quella del contadino
che rimorchiava, per rubarlo,
un carro col suo trattore
l’astuzia contro i soldati
le vecchie volpi contro la tigre
luccicano i gambali dei suoi stivali;
la seconda quella dei due guerrieri
che rubavano dei polli
in dei sacchi bianchi
(sono filmati da un appartamento)
e qualche cosa del Roman de Renart
sembrava allora giocarsi
nelle serie di baracche
la neve
le uniformi
il bruno il bianco il kaki
e tu hai pensato a Samivel
poi c’è stata
Vera Lytovchenko
in abito di gran gala
suonando il violino
in una cantina di kharkiv
assicurando il chi-vive
nel chi-va-là
«ho bisogno che la guerra si fermi»
dice lei
in lacrime
ho bisogno
noi sentiamo
ho bisogno
e tu hai pensato a Chagall e ai suoi violini
nel cielo
e a Serhiy Jadan

[…]

Poi c’è qui questa immagine
questa immagine quindi

di un piccolo portato da un militare
il piccolo ragazzo non deve pesare davvero molto
il soldato lo tiene ad altezza del volto
non se lo stringe al proprio petto
lo tiene a distanza di braccio
come prima di abbracciarlo
di stringerlo di sistemarlo corpo contro petto
testa nell’incavo del collo
di fronte una donna
si guardano
la donna è in abiti civili
ci metto del tempo per scorgere
che lei porta un bambino più piccolo
in un sacco detto «canguro»
di quelli che i genitori
utilizzano
per attaccare il bambino a sé
e trasmettergli con del calore
il ritmo della camminata
(è proprio comodo me lo ricordo per
sbrigare le faccende,
un po’ meno
per sistemarsi i lacci)
come la giovane donna porta un piumino blu
e che il sacco canguro è blu
ho fatto fatica a distinguerla
un dettaglio mi trattiene
non si vede il volto del piccolo che sembra
incappucciato – a meno che il suo volto non sia girato
e che sia il passamontagna d’un altro che si scorge
dietro

il cameraman ha fatto bene
il suo lavoro – i tre volti sono sulla stessa linea
quello della donna quello del piccolo quello del padre
il piccolo imbacuccato è più in basso
come se si fosse davanti La Sacra Conversazione del Bellini
dove tutti gli sguardi si allineano
sulla stessa orizzontale
(e mi rendo conto che questo ricordo che è sorto in me
è motivato perché questo quadro è l’esatto simmetrico
dell’immagine che ho di fronte a me –
nel Bellini la vergine stringe contro di sé
un piccolo Gesù fasciato
il volto è contrapposto al volto della madre
Simeone va a prenderlo le sue braccia avanzano sotto i piedi
di Gesù come per ricevere un pacco
Simeone ha la barba dei dotti
fa un po’ paura
la solennità della scena la sua calma
ci sconvolgono anche se si ignora
la frase riportata da Luca:
«il bambino sarà un segno di contraddizione e tu,
la tua anima sarà trafitta da una spada»)
le nostre anime sono da una spada trafitte

A Irpin, lontano dal poema, Pasternak,
del suo ricordo delle genti e dell’estate
della vita libera, dell’evasione del rigetto delle servitù
oh, scriveva già lui, quanto è lontana
la memoria del tempo caldo, dei pini, delle violacciocche,
della bonaccia alternante con l’ombra e l’azzurro,

A Irpin,
ognuno indossa un passamontagna
la donna un passamontagna soffice grigio scuro
che le permette d’avvolgere la sua chioma
lo si immagina fatto d’un tessuto elastico e ampio
lei è carica di tutto tranne che di «noncuranza»
ma di tenebre tese
il soldato porta un piccolo berretto nero
sotto il suo casco militare
il piccolo ha una tuta
munita di un cappuccio integrato
e bordata di pelliccia finta
ma gli è stato messo un berretto,
un grande berretto di lana a maglia
bicolore con un imponente pompon,
e si pensa che questo grosso berretto
impedirà l’uso del cappuccio
meno di rattrappire
il piccolo nella sua tuta blu
con cerniere lampo rosa
e nella mia visione allucinata
invento una teoria del doppio
passamontagna proporzionata
alla teoria delle doppie sepolture
degli antropologi
dei passamontagna contro le spade
ma quali spade?

l’uomo e la donna
si assomigliano
hanno la stessa età
il loro volto è bello
la loro pelle sembra arrossata per il freddo
il ragazzo è giovane ben rasato
non una ruga
mi colpisce l’assenza di guanti
della madre
e del piccolo che il soldato porta
il soldato lui ha dei mezzi guanti aderenti
in nylon – materiale militare

sono di profilo
in piano medio
difficile dire a quale ora si svolge
questa scena di strada
di mattino forse
quello delle spade
di Gram, di durandal, di Joyeuse e di Excalibur
spade inespugnabili
di rocce di pene indurite

alle loro spalle una piccola colonna procede
viene dall’angolo destro dell’immagine
e si intravedono dietro una grata
quattro o cinque persone
che non camminano
ma fuggono
quando si fugge
non si cammina
non si corre
si fugge
nel poema
da una spada trafitto

[…]

ha inventato tutte le tattiche per non piangere
mordersi il labbro raschiarsi la gola
battere contro un casco
fare un piccolo rumore sul lato della bocca
come nelle lingue click
come per chiamare il cavallo-tristezza
ma il labbro la gola il casco la bocca
il cavallo-tristezza la spada
dicono che deve piangere e che lo sa
e piange come un grande cane
un orso
ed è il cielo che esce dai suoi occhi
e annega il suo volto
allora sì è lui,
sì è lui Icaro
che grida che urla che si spolmona via
lui che si sgola nel cielo d’ucraina
questo grande cielo bianco di creta di grida di sofferenze ricoperte
dove i figli piangono perché sanno che i padri muoiono
e rimuoiono tutti i giorni della loro vita
contro il ferro verde dei caschi vuoti
d’una spada trafitto