Sommerreise

da | Lug 28, 2023

In anteprima da “Sommerreise” di Daniele Orso, uscito nella collana ‘poetica’ di Industria&Letteratura, pubblichiamo alcuni estratti dalla prima sezione del libro, intitolata “Le morosine. Un romanzo familiare”.

 

(A Nives e Diego)

Dal 24 maggio 1915 fino all’arrivo dell’inverno, nel settore della val Dogna, i reparti dei due eserciti si affrontarono per il possesso delle vette che controllavano la val Fella e la val Saisera. Alla fine del 1915 le posizioni italiane correvano lungo la linea Plans, Clap Forat, monte Poccet, sella Bieliga, monte Sechieiz, forcella Cuel Tarond, monte Due Pizzi, monte Piper, Jof di Miezegnot grande, monte Streichizza, monte Carnizza, Jof di Montasio. Quelle austro-ungariche lungo la linea Jof di Miezegnot piccolo, val Saisera, monti Nabois piccolo e grande, Jof Fuart, cime Castrein. Con la primavera del 1916 gli scontri ripresero e, dopo un periodo di relativa tranquillità, il 24 ottobre 1917 le forze austro-ungariche e germaniche sfondarono le linee dall’alto Isonzo a Plezzo e a Tolmino, provocando la rotta di Caporetto.

 

1.

Subito dopo il paese: la frazione,
oltre il ponte sul fiume, più oltre
i prefabbricati rimasti dal terremoto,
alcuni graziosamente decorati
dai villeggianti in pensione, disabitati
altri. Più oltre la strada passa a fianco
ai piloni dell’autostrada che passa
centinaia (ma sono, in realtà, molto meno
di cento) di metri soprastanti. Più oltre
la strada diventa di sassi e ghiaino,
una mulattiera o poco più. Passa
accanto a un rudere abbandonato.
Un vecchio trattore, un gatto, poco
altro. Lasciata la macchina, si prosegue
sul sentiero che sale, passa oltre
il tracciato in disuso della ferrovia,
s’insterpa nel bosco e procede in tornanti.
Poi ci saranno i prativi, più oltre le gallerie
scavate nel 1916 e abbandonate due anni più tardi,
ci saranno i tarassachi, le cime lontane,
ma un po’ meno lontane, oltre la valle,
e più oltre, dietro alle montagne, l’azzurro
del cielo, e le scie bianche degli aeroplani.
E, puntini in volo, due aquile, o simili rapaci.

 

2.

Mincigos, Morosine: come dire
Borneo o Sumatra. Formule magiche
per evocare spiriti, impudicizie
in grado di resuscitare i morti.

3.

Dire vivevano (o persino abitavano) non pare appropriato.
Stavano, come le vacche e i muli.
Stavano in queste abitazioni, di cui adesso
non ne rimane niente.
A sentir Diego, qui, una volta, c’era un paese.
Solo per amore di Nives e onore
per il suocero, Diego ha costruito
quattro muri, un tetto, una casa.

 

5.

Questa dev’essere stata la latrina, dici
mentre cerchi di distinguere il punto esatto
in cui entrava la tubatura dello scarico.
Più sotto la legnaia. Il solaio e tutto il tetto
sono venuti giù chissà quanti anni or sono.
Tra le due case in rovina (ruderi e macerie),
non corrono più di due metri.
Adesso le ortiche hanno invaso lo spazio,
benché angusto. Pungono le gambe.
Insopportabili, ma per poco.
Il dolore basta ignorarlo. Dura minuti.
Talvolta secoli. Un basso continuo.
Pianissimo.
E lacrimosa, al secondo
e terzo movimento.

 

19.

Segni, piccoli semi, indizi:
la misura della porta,
l’altezza dello stipite,
la resistenza del radiatore,
il punto di rottura della corda,
l’aggrovigliarsi di nuovi nodi…
poi, un giorno, tutto si compie.

 

24.

Un delirio intollerabile di liane
(delirio o delitto? Ci sarà un nesso)
un bric à brac di nature
(detto così, al plurale, a indicare
il concetto di molteplicità. Tutto
sommato indifferente)…
Ma dentro alle stanze chi ci vive
adesso? E la polvere si sarà
accumulata agli angoli, in mucchietti?
Chissà se ci vedono come da qua
si vede bene di là, dal Montisel,
e dall’altro monte di cui non ricordi:
ma sarebbe importante ricordarlo,
ricordare tutti i nomi…………………..
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