Sei poesie da “Smentire il bianco” di Silvia Patrizio, da poco uscito con introduzione di Andrea De Alberti e postfazione di Davide Ferrari per Arcipelago Itaca.
Cosa classifica la gioia? Che cosa captano i segnali?
Cosa ti lega al tuo narrare? Adesso basta, è innaturale
come affondare nel piatto le date importanti
ma viene ancora da inventare
un balcone per la casa di viale dei Tigli
l’infanzia che non ha fotografie
un traghetto che ogni anno lascia il golfo
per un alito lievissimo.
*
(La persistenza della memoria, 1)
– riordinare il ripiano dei reperti
– esigere fedeltà dalle parole
– avvertirsi di passaggio
coi vestiti nelle valigie di mesi
– interrogare i sintomi del buio
– pensare di chiamarla la “non più mano”
per la definitiva cessazione funzionale
– predire le soglie ancora da varcare
– fermarsi al lato destro di un inganno
*
(La persistenza della memoria, 2)
– la tazza sbeccata che sporge dalla mensola
– l’assedio di pentole di rame
nel salotto di mia nonna
– la competenza del gallo
che in ogni alba ripristina il tempo
– il camino dove bruciano i fogli
con le notizie di ieri
– quei cordiali dirsi addio
di una stazione di paese
– la faccia di pietra della vecchia
che l’oceano divide da un figlio
*
Cerniere chiavi agganci metallici
orecchini mollette fermagli
ricordi che spostano i fatti
– recidivante, remittente –
occhiali ombretto smalto
meglio senza bambino
eludere l’ingombro del feto.
*
Non basta riparare le parole: il gioco è riscrivere il corpo sfilare
pupille dai bottoni fare grotta con le mani improvvisarsi rotta da appuntare
scontare il peso fiaccato dal cappotto essere sani a propria
insaputa pungere la carne con aghi di pino.
*
Così è il turno degli oggetti:
anello come anestesia
colpa come cibo accantonato
pozzo come pianto
bianco come braccio che si blocca
letto come lingua o come fiume
che si spacca
come fine.