Quarantanove poesie e altri disturbi

da | Giu 27, 2023

Cinque poesie da “Quarantanove poesie e altri disturbi” di Cristina Alziati (Marcos y Marcos, 2023).

 

AUTORITRATTO

Lungo tutto l’inverno
ho spezzato i rami all’alloro
ho reciso i nudi steli della rosa
divelto fra le crepe dell’argilla
ogni verzura. Ma durano radici
sotto terra, e mostruosi a febbraio
spaccano il suolo germogli.
Io ora ho sonno per sempre.
Dunque alzati, Lazzaro, per un’ultima volta.
Per un’ultima volta sparisci.

 

L’ECO

Dentro la notte spessa
– fatte salve le stelle –
per il pascolo alpino me ne vado
al cospetto assoluto del Gran carro
che tocca da sempre il crinale dei monti.

Nell’aria ferma, di cristallo
muove ora una voce – sono
in un luogo strano
e dentro un tempo strano, dice.
O forse è un’eco, e io non so
se sia dal fondo della valle
o dai larici radi, a provenire
e non lo so dove rifranga
se mentre dice proprio qui esisto
e ora io
dai secoli e altrove esisto
la odo dire.

 

CULLA

(a mia figlia)

La biologia che in un istante
me porterà a non più esistere
mentre tu duri, l’immagine
che sarai tu a soffrirne, questo
vorrei dirti, è il doloroso lascito
che porta il nostro amore.

Ma tu, cosa ne sai del mio soffrire?
risponderesti, e invero
è solo tuo il sapere.
Ma nostra è la chiara mattina
e il vento, in cui guardiamo
le foglie tremanti e le gracili tele
da qualche ragno tessute nella notte
cullare imperturbata la rugiada.

 

RISPOSTA

(ad Alberto Bertoni)

«Come farai – domandavi una volta –
a scrivere ancora
dopo l’ultimo tuo libro di versi
come farai adesso?». Infatti non scrivo.
Ripeto soltanto che il dolore
è reale, e passato.
La storia è ciò che ho raccontato
di poco peggiore il presente
e non ne voglio dire.
Non troppo lontano infuria
un branco di cani.
Oltre il misero bosco, uguale latra
dentro la notte o l’alba, uguale.
Come faremo, adesso.

 

L’AMACA

Con certezza posso dire soltanto
contro che cosa, a volte, ho scritto. Il resto?

Oltre la notte dondola
fra luce e buio la mia amàca
tesa ai margini acuti di grazia
che un fiore
la ruggine dei rovi trafiggendo
ostende.