Sei poesie da “Per non sparire” di Francesca Mazzotta (Industria & Letteratura, 2023)
Tempo, ovvero il padre
Figli del tempo: memoria, desiderio, profezia, realtà
PROFEZIA 1
Sarà liberatorio risvegliarsi
più vivi, saper dire
“siamo stati”.
Per primo affiorerà il volto, il collo
bianco perla, le nicchie delle clavicole
il torace – risacca di respiro.
Ancora disabituati al sole sentiremo
tremori di sangue per i gorghi
dei polsi, il suo beato pulsare.
REALTÀ 4
Il mio dirimpettaio si sveglia a notte fonda
con passi d’aria scende
nel mezzanino sotto il quinto piano
il suo palco è una panca da cui si vede il cielo
fuma marlboro, beve guinness, sbuffa
guaisce bestemmia ulula rutta ripensa
ripensa studia la luna
da quel lato più scavata
mette in fila i vetri, poi, lasciando a lato
una bottiglia e un bicchiere vuoto
l’una per i mozziconi, l’altro
per montagne di cenere di cenere
di cenere.
PROFEZIA 4
Riprenderemo il cammino.
Con gli occhi fissi sulla strada
sterrata, bianca, srotolata
tra la montagna e il mare, proseguire
sarà come combaciare
coi lati contigui di un prisma
da cui multiplo si squaderna il sole.
PROFEZIA 5
Random ripenseremo al prima
come a un incubo,
una carcassa d’altri messa sotto
gli strati ricamati del tappeto.
Lo capiremo poi – non loro,
quegli altri eravamo noi.
Accadrà sovrappensiero,
tra una sorsata di litio e una luce.
Gli occhi allora sfrigoleranno appena
in una fitta alla nuca reclina.
Sul parquet lustro un’orca assassina
lungo la rotta tra salotto e cucina.
DESIDERIO 3
Se tutto questo ricorrere al ricordo fosse spazio
di brughiera immolato al cielo, tenero deserto
volo spiegato per scogliere, slancio libero di lince
senza gambe. Se tutto
se tutto il mondo fosse un languire senza angoscia,
sangue senza sangue, grido senza germe di dolore.
Se il nostro firmamento, quello che vediamo,
fosse tutto luce, se potesse entrare a fondo
nella spugna palpebrale e non ferire. Sai dire:
vorresti essere umano onnipotente, oppure niente?
