Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea

da | Dic 21, 2021

È possibile disegnare una Mappa della poesia italiana contemporanea? Rendere visibile, se esiste, la sua forma, scorgerla tutta insieme con un colpo d’occhio fisico e mentale? E questa visione, questa forma – verrebbe quasi da dire gestalt – ci consente di cogliere, per ragionamento e intuizione, qualcosa di nuovo? Il tutto è più – o paradossalmente meno, o qualcosa di diverso – della somma delle parti? Sì, lo è. Visualizzare qualcosa – renderla visibile – ci consente letteralmente di percepirla, ci consente di capirla meglio. Come se, camminando tra le strade di una città, che è la nostra e che conosciamo, improvvisamente scoprissimo di possedere il potere del volo; o liberassimo un drone in alto, e altrettanto improvvisamente – con quell’elemento di insight che le intuizioni hanno, prima di sciogliersi in ragionamento – vedessimo la forma della città e la comunità viva che la abita. Una forma che possiamo stilizzare, tradurre in diagramma, da geografia a geometria, dal concreto all’astratto, e poi di nuovo al concreto.

Una Mappa – metafora che non è il territorio – immaginaria. Fatta cioè di immaginazioni, di percezioni, di racconto che la poesia italiana fa di sé stessa. Anche, se vogliamo, della sua doxa, o opinione diffusa di sé stessa. Sul rapporto tra percezione e realtà, e su come la percezione influenzi la realtà, e contribuisca a crearla – allo stesso tempo a chiarirla e a offuscarla – è stato scritto moltissimo. Che ogni percezione sia una materia labile e viva; che possa cambiare;
che rappresenti l’istantanea di un certo tempo, del suo colore, del suo divenire: tutto questo è qualcosa che – per cominciare – possiamo appuntare qui. Questo saggio parte da una domanda, e prosegue con altre domande. È un work in progress, un lavoro in fieri, di una e di molti. Una
Mappa aperta, interrogante, oltre che immaginaria.

Ed è immaginaria, la Mappa, anche perché il colpo d’occhio che la coglie tiene insieme messa a fuoco (il tutto a fuoco di tanta fotografia italiana contemporanea, Gabriele Basilico e intorno e oltre) e fuori fuoco (l’attenzione fluttuante e lo sguardo laterale di un’altra forma di fotografia, Marina Ballo Charmet e la sua dedizione al preconscio, al quasi-conscio, all’inframince: tra il percettibile e l’impercettibile, l’appena percettibile di Duchamp). Tiene insieme mente e corpo,
chiarore e oscurità, ciò che è consapevole e ciò che sta per diventarlo – o forse non potrà diventarlo, dipende anche da noi.

Immaginaria, infine, perché all’inizio-inizio, prima che questa storia diventasse raccontabile, prima che si creasse il cammino per renderla possibile – caminante no hay camino, se hace camino al andar, come nei cantares medievali, in Machado, e in Serrat – l’intuizione della Mappa è stata un’intuizione artistica: vedere la poesia italiana contemporanea diventare immagine.
La poesia italiana, quindi, come comunità viva, di persone e di opere. Dove un/a poeta è la somma – o meglio il campo di forze – delle sue opere, della percezione delle stesse da parte della comunità, delle influenze date e ricevute su altri poeti prossimi e distanti, per età, per affinità, per posizione geografica, e soprattutto per poetica. E può tradursi in un nodo nello spazio – anche nel senso della meccanica celeste, di punto d’intersezione del piano di un’orbita con un piano di riferimento – mai del tutto sciolto, mai del tutto spiegato, con un nucleo ancora radiante che a ogni traduzione resta irriducibile.

La Mappa, e le mappe. Perché l’oggetto-Mappa – ricercato in molti modi in tutto il percorso anche accidentato e avventuroso che ha portato a questo libro, fatto di incontri, di scoperte e in qualche caso di disillusioni – si è rivelato sin dall’inizio plurale. E quindi necessariamente asintotico, oltre l’orizzonte dello sguardo, sempre più in là come prossima Mappa possibile, esattamente come le possibili interpretazioni dei dati. Quelle qui raccolte, da parte dei singoli e dei gruppi di ricerca che generosamente hanno collaborato a quest’impresa, e a cui va il mio grazie, sono infatti solo alcune delle molte interpretazioni possibili.

Questo lavoro non chiude la ricerca, semmai la apre, rendendola disponibile a una più ampia comunità, quella della poesia italiana. Non c’è, infatti, in questo lavoro, la rivendicazione della superiorità di un metodo rispetto a un altro, che sia distant reading o close, studio quantitativo o qualitativo: c’è invece il gusto, e il gioco, di mettere insieme i saperi, dalla critica letteraria (Gianluigi Simonetti) alla geografia e all’antropologia (Matteo Meschiari), dalla statistica all’analisi dei dati (Leire Alegría Murillo e Jesús Fidalgo) alla network analysis (Chiara Faggiolani, Lorenzo Verna, Maurizio Vivarelli), con le sue implicazioni di intelligenza artificiale soft, fino alle digital humanities e la lettura dei corpora (Emmanuela Carbé); e chissà, magari in futuro, anche altri tipi di analisi.

Il fine è stato aprire la poesia italiana a qualcosa di nuovo, a nuove percezioni e consapevolezze di sé. Per i poeti stessi, i lettori, gli specialisti, e anche, perché no, gli studenti e le scuole. Nella convinzione che la poesia possa tutto e che con la poesia si possa fare di tutto, che sia il luogo del più forte potere della lingua, che non abbia nessuna paura dell’immagine.

Between the idea and the reality

Il progetto della Mappa prende avvio presso l’Istituto Italiano di Cultura di Madrid, che ho diretto dal 2015 al 2020. Lì, nel 2018 e nel 2019, si sono tenute le due edizioni del festival diffuso di poesia e scrittura I quattro elementi, dedicate rispettivamente all’Acqua e alla Terra, e all’Aria e al Fuoco. Nel corso della prima edizione, in due giornate di lavori, il 3 e il 4 ottobre 2018, ci siamo chiesti, è possibile disegnare una Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea?

La domanda da cui partire era: un diagramma, un quadrante, un sistema cartesiano di ascisse e ordinate poteva darci coordinate per orientarci (con le stelle) in questa poesia? Sarebbe poi stato possibile tradurlo in immagini? Per cercare una risposta, avevo riunito, tra gli ospiti del festival, un gruppo di poete e poeti molto diversi tra loro: Maria Borio, Maria Grazia Calandrone, Mario De Santis, Maddalena Lotter, Renata Morresi, Vincenzo Ostuni, Luigi Severi, Italo Testa e Gian Mario Villalta, oltre a chi scrive. Chiunque conosca il mondo di cui stiamo parlando leggerà nei soli nomi le differenti età, le provenienze geografiche, la varietà e molteplicità delle posizioni poetiche, ma anche delle posture esistenziali così rappresentate. (Presenza silenziosa e dialogante a disegnare i lavori, nel Caffè letterario di Palazzo Abrantes, Marina Misiti.)
A questo primo gruppo di lavoro è toccato il compito che poi avrebbe determinato tutti gli altri: definire i parametri – o categorie, o caratteristiche, o variabili – che consentissero con qualche legittimità di raccontare, rappresentare, tradurre la poesia italiana contemporanea in diagramma e in immagine.

Questi parametri – o categorie, o caratteristiche, o variabili – sono stati alla fine 7, e sono, in ordine alfabetico, i seguenti: Affettività, Assertività, Conoscenza, Io, Mondo, Performance, Sperimentazione. Prendiamoli ora così, in tutta la loro complessità, nella loro polisemia, con la loro aura e il loro alone di interpretazioni a volte contrastanti tra loro. Ci torneremo più approfonditamente in seguito, per capire meglio di cosa si tratta. Ma prima chiediamoci, questi parametri – ampiamente e diversamente interpretati e interpretabili – descrivono con fedeltà, con esattezza, la poesia italiana contemporanea, la poesia che si scrive oggi in Italia? Sono moneta corrente nelle conversazioni tra i poeti, e dei poeti col mondo intorno a loro? Hanno un senso, aprono un campo di ricerca? Io credo di sì, o non sarei qui a scrivere. Ma l’esperienza di questi due, quasi tre, anni di lavoro ha dimostrato che, nel mondo della poesia e fuori di esso, questi parametri sono in grado di suscitare interesse, attenzione, dialogo. E in questo senso l’obiettivo è raggiunto.

L’idea, sin dall’inizio, è stata quella di seguire un procedimento il più possibile inclusivo, come correttivo empirico all’empirismo del procedimento stesso, all’inevitabile filtro di soggettività. Indubbiamente potrebbero essere in qualche misura diverse le variabili scelte, diversi i poeti inclusi nella mappatura, diversa la composizione della giuria; e tutto questo percorso poteva essere avviato da qualcun altro, in un altro luogo, in un altro tempo… Mappare tutti e tutto, del resto, sarebbe impossibile. E ogni mappa – o molteplicità di mappe – mettendo in luce aspetti diversi, giocando su centralità e dimensione, che ai nostri occhi animali continuano ad apparire automaticamente rilevanti, effettua, inevitabilmente, una manipolazione. Cercare di essere consapevoli delle proprie teorie consce e per quanto possibile inconsce, contrastare con altre – mappature, intuizioni, teorie – le proprie, contrapporre il molteplice all’uno ed Eraclito a Parmenide, questo è quello che si può provare a fare nella consapevolezza che forse non sarà sufficiente, in un esercizio di questo genere, per renderlo sufficientemente buono.

Per questo parlando della Mappa ho sempre parlato di avventura, di gioco, di esperimento: per accostare al rigore comunque ricercato nel corso di questo lavoro l’idea di fascinazione, di libertà, di esplorazione di mondi e modi nuovi con cui parlare di poesia alla comunità viva che la ritiene la prima cosa che le è propria. Se la mia idea iniziale, l’intuizione della Mappa era vagamente artistica – disegnare una forma della poesia italiana contemporanea, in modo analogico, onirico, affascinato, forse sognante – presto sono emerse questioni di metodo: disegnare, sì, ma come? Come situare i poeti nello spazio, come stabilire le loro reciproche posizioni, le loro dinamiche, la forma della Mappa come risultato di un’interazione di forze, di un campo di forze? Per arrivarci, sarebbe occorso compiere un lungo cammino, tracciare un identikit dei poeti, ma di quali poeti? E sulla base di quali caratteristiche?

Presto è stato chiaro che i poeti andavano, in qualche misura, raggruppati sulla base di tratti comuni; che questi tratti dovevano essere decisi, non da me sola, ma da un gruppo di ricerca che avrei dovuto mettere insieme; e che in comune doveva essere presa la decisione di quali poeti includere e quali non includere, ferma restando, appunto, la consapevolezza che tutte queste decisioni sarebbero potute essere diverse: che altri avrebbero fatto, scelto, deciso altro. E così abbiamo cominciato.

Prima di continuare a raccontare, è importante una premessa: tutta l’avventura della Mappa non è valutativa, non è normativa. Non si tratta di stabilire cos’è meglio o cos’è peggio, ma cosa è, anzi cosa appare. Parlando, come si vedrà più avanti, di giurie ristrette ed estese, di griglie, di voti, inevitabilmente – il linguaggio è connotato – si insinua l’idea che ciò di cui si sta trattando sia un’attribuzione di valore. Così non è, senza ingenuità. Naturalmente i poeti, le poete, le critiche e i critici interessati all’oggetto-poesia e all’oggetto-Mappa hanno idee molto chiare in merito, spesso opposte tra loro. Ma la richiesta, nel confrontare – vedremo come – poeti e parametri/variabili, è stata di votare in senso neutro, descrittivo. Riscontrare certe caratteristiche nell’opera di un certo poeta, non se la presenza di quelle caratteristiche sia cosa buona o giusta. Un ipotetico poeta X o Y con 10 in Sperimentazione, o Io, o Assertività, non è quindi di per sé «un buon poeta»: è un/a poeta che è percepito come molto sperimentale, lirico, assertivo, e così via. 

La richiesta alla giuria estesa, come vedremo, sarà quindi – anche se mai formulata in questi termini – di applicare il principio filosofico metaetico noto come «legge di Hume»* (o problema dell’essere e del dover essere, o is-ought problem), per cui da proposizioni descrittive non discendono proposizioni prescrittive. O come scrive T.S. Eliot in The Hollow Men, «Between the idea / And the reality / Between the motion / And the act / Falls the Shadow».

Cade l’ombra, c’è un salto, scegliamo.

 

(“Mappa immaginaria della poesia italiana contemporanea” di Laura Pugno, Con testi e immagini di Emmanuela Carbé, Chiara Faggiolani, Jesús López Fidalgo, Elio Mazzacane, Marina Misiti, Matteo Meschiari, Leire Alegría Murillo, Barbara Pastorini, SciamLab, Gianluigi Simonetti, Lorenzo Verna e Maurizio Vivarelli, Il Saggiatore, 2021)