Sette poesie in anteprima da “Lunari” di Giuliana Pala, appena uscito nella collana ‘Distonia’ di ExCogita editore.
John corre a gambe larghe, ha la bocca di chi ha riduto
quiere tomato quiere tomato babbu, Carla
come un cerbiatto si muove ed è vista
barche si aprono come lingue nella baia e la luna
i crateri e i pesci vanno sott’acqua
la carena è un corpo diverso: il nome fa tutto
nella baia lunare tutto si chiama come l’ultima volta
sul promontorio i ragazzi si buttano a vuoto
qualcuno gira un film lontano, sembra la luna.
*
A capofitto sulla sinistra due tutti neri si lanciano
hanno il corpo agile, il petto divide le forze
nudi si buttano dal promontorio
e quando stanno a mezz’aria ridono forte
si allungano e restringono, finché con un piede
non toccano l’acqua e fanno un tonfo che dilaga in lunghezza
e ti viene voglia di averne uno
mentre salta con quel corpo che fa furti, che sa dove si arriva
alla baia lunare ci sono i ragazzini così
che sono uomini in tutto, hanno la forma che hai in testa tu
quella di chi salta su un muro sempre e solo per salvarsi.
*
Sul bagnato si siede John incrociato e babbu gira la fotocamera
in aria per fare uno scatto a taglio ampio
di quelli che rimangono anni nel telefono come una conquista
la rapida cattura di una terra che fa invidia a Magellano
a quei luoghi che vedi nelle agende e ti sembra che col Fish Eye
potresti tenerli in galleria e dire a tuo figlio
presto molto presto: trovala la mamma
in questo paesaggio solo orizzontale lungo
come la riga al centro dei tuoi capelli.
*
Filmiamo tutto, io lo faccio per te che devo farti vedere:
giro, faccio perno con i piedi puntati sulla buca
qualcosa dentro mi dice che non basta mai
decido che ci metto un saluto veloce: volto su di me
la fotocamera: sale un’onda, l’acqua si fa obliqua.
*
WATER // GATE
Una sera, io e la mia famiglia abbiamo visto un film sul Watergate
ma io l’avevo visto male: qualcosa mi teneva lontana dallo scandalo
facevo, al momento, un gioco del tutto curioso: water // gate, water // gate
e mi chiedevo se fossi sola in quel cancello d’acqua. Iniziai le ricerche.
Ebbi tre avvistamenti quella settimana. Tre pesci cielo si mostrarono
(Non temere! se li nomini non tornano così di fretta
è la brillante illusione, il solito detto-fatto)
Nel 1950, Rodney Jones pubblicò The Watergate.
La poesia iniziava così:
For most in the United States the word brings a phase
non solo lì
avrei voluto rispondere.
*
UN INVITO
Con dieci amici puoi andare a fare il bagno se vuoi
e così fai il pesce cielo quanto ti pare
in tanti si fa festa nelle baie e puoi sentirti solo
mentre l’acqua ti manda in avanti tutto sbagliato
vienimi a prendere qui sotto quando faccio il pesce cielo
e dico tutto con la bocca chiusa e lo sguardo aperto
i segreti io li dico tutti così, perché quando l’udito è basso
sei tu il primo a dimenticare la rivelazione.
*
UNA STORIA NATURALE
Qualcuno lo diceva già da tempo, forse Plinio, che un giorno sarebbe piovuto un pesce cielo e tutto si sarebbe aperto in azzurro. Le cronache riportano che fu per questo che prese a camminare con il volto rivolto verso l’alto, esercitando la visione finché un giorno, per pura distrazione, non cadde dentro il Vesuvio. Pare che mentre scivolasse con le braccia spalancate abbia visto tre pesci cielo accorrere in soccorso come spade luminose. Secoli e secoli dopo divenne famoso per aver predetto una tromba marina che portava giù pesci vivi, con pinne, squame e tutto. Fu in Ohio, o in Oklahoma, in terre lontane dall’Impero, nelle Americhe, dove queste storie le raccontano, ci fanno miti spaziosi, fotogenici, di quelli che sorprendono quelli come noi che li sognano solo come grandi abbandoni dall’alto.