Lo start che ci regola in vita…

da | Ago 23, 2022

Cinque poesie in anteprima da “Tutta la terra che ci resta” di Silvia Rosa, da poco uscito per Vydia editore con prefazione di Elio Grasso.

 

In caso di necessità rompere il vetro:
uscire dal campo recettivo, seguire
le coordinate che conducono alla curva
dello stupore, dopo una rotazione di 360°
favorire l’orogenesi della spina dorsale
diritta, per meglio fissare il teorema della creazione,
allenare il terzo occhio, la ghiandola pineale,
il sesto senso, darsi alla melatonina in giuste
dosi, alleggerire le pupille vedette dal vizio
delle proiezioni, trafugare la frenesia degli amanti
e riprodurne gli aromi, dilatare il quotidiano
in campiture di bianchi perla, non scambiare
con nessun altro bene la scorza di protezione,
accettare l’imprinting di un animo bifido.
Soprattutto, individuare subito, per prima,
fra tutte le altre evenienze, l’uscita d’emergenza

 

*

Il cursore aspetta sul gradino numero nove,
ficcato in un’attesa stagna in zona 41° 55′ N
12° 25′ E, nemmeno troppa adrenalina
in circolo, solo lo sconforto delle vie d’uscita
quando indicano il male minore, sommando
profili di assenza e schiere di input alla dismisura
del giorno. Dove sono le miriadi di voci
che irrompono su pavimenti tattili e pareti
annerite, gli urti mattutini che stridono sulle labbra
di latte, gli ossimori su cui inciampano le cromie
dell’umore: dove sono le serie numeriche
che ci ricompongono, lo start che ci regola in vita?

 

*

– Morire è questo perdere peso in loop –
tutti i lemmi a cui siamo affezionati
lasciati a decomporsi in una lingua inedita
di vermi e di fango, lo stelo verticale del corpo
così fragile, attraversato da un tremore
intermittente di lucciole, lo sguardo curvo
ripiegato su di sé, fissato in un remoto punto

Cerchiamo di restare interi dopo la caduta,
anche se gli occhi ci tradiscono accogliendo
il buio come fosse un’altra pelle, la peluria
di una bestia, impalpabile. Il fiore carnivoro
di una nebulosa ci risucchia fino alla radice:
che cosa viene dopo? Dove finisce la terra
e inizia la galassia rovesciata del mai più?

 

*

In queste sere il cielo è amaro
venature platino lo attraversano,
sentiamo il suo sapore in bocca
lo sguardo mischiato a fari LED,
mentre sciamano in sottofondo
le voci di un lontano dove non si sa

L’urto del giorno ci spinge un poco
oltre, ma l’ambliopia svuota gli occhi
di ogni volontà: impalate al giusto posto,
la topografia degli organi controllata
a vista, siamo sagome annerate che
sbiadiscono, il déjà-vu di un’altra vita.
Però la morte respira in ogni cosa
e quando luna e sole evaporano
la luce artificiale scende in gola

adesso sembra quasi dolce

 

*

Attesa prevista 1 minuto
60 secondi, 1/60 d’ora
a perdita d’occhio il tempo
accelera verticale, cerca
un varco d’uscita, un punto
d’intersezione tra i nervi
apatici e la banchina,
sfiata caduco, in mezzo
alla ruggine dei binari
si mette in agguato
trova riparo al centro
di ogni atomo, lo spacca,
genera una fessura sottile
che corre lungo la nostra
esistenza, fino al crash
nel DNA della cellula,
puntuale o in ritardo altera
la postura da bipedi,
confonde l’arrivo con
la partenza: aspettiamo così,
pensando la fine come
uno sbuffo d’aria umida
che sa di piombo e di nichel