Il dio di Norimberga

da | Giu 30, 2023

“Il dio di Norimberga”, di Alessandro Baldacci, appena uscita per peQuod, è una raccolta poetica dedicata alla figura di Kaspar Hauser. Ne presentiamo un estratto. 

 

IL DIO DEI TOPI

I.
Le mosche in fuga da Norimberga
gridavano il nome di Kaspar,
e il dio dei topi cercava gli ufo
con gli occhi chiusi, come una preda,

la sera invece cantava in coro
con le bacanti dietro la porta,
o dentro il forno, senza la torta,
mentre la sabbia finiva in gola.

 

II.
Kaspar cantava al muro
nel mentre le baccanti
perdevano la testa
danzando nella piazza,

e lieto le chiamava
con sé sotto la sabbia,
per trattenere il fiato
assieme al dio dei topi.

 

III.
«Scappa», dicevano, «vieni,
segui la palla nel prato,
resta nel bianco mattino
con le baccanti alla schiena»,

e poi la sabbia finiva
a rivoli nella gola
come una manna, nel mentre
gli ufo cercavano Kaspar.

 

IV.
Gli ufo trovavano Sasha,
poi lo portavano dritto
dove cantavano in coro
le sue baccanti ubriache,

e nella piazza restava
solo il ricordo di Kaspar,
mentre la sabbia saliva
molto più in alto del cielo.

 

IX.
Kaspar ricorda quella piazza,
con le baccanti in piena vista
a fare festa insieme Sasha,
e lascia andare le ginocchia,

le fa cadere sino a terra
come le vesti, urlando a tutti:
«attenti a voi, vengo da dentro
la testa e sono il dio dei topi».

 

X.
Mentre la nonna danza o saltella
con le baccanti dentro la testa,
e il dio dei topi conta le gocce
di vino che cadono a terra,

Sasha nasconde sotto la sabbia
gli occhi di Kaspar, pieni di mosche,
per poi lanciarli come petardi
a capodanno dalla finestra.

 

XI.
È solo Kaspar quello che resta,
cercando di perdersi in fretta
oppure baciando la bocca
delle baccanti, piene di manna,

chiudendole tutte in un sacco,
lanciando manciate di sabbia
negli occhi del dio delle mosche
per giocare ancora con gli ufo.

 

XII.
Perdeva la palla danzando
con le baccanti, fino a sera,
per poi inseguire le mosche
sino a gettarle nel latte:

così passava l’estate
sognando gli ufo e la manna,
con i granelli di sabbia
negli occhi sempre più rossi.

 

XIII.
Rincorre gli ufo nel buio
mentre smarrisce la testa,
chiude la stanza e la lascia
al dio dei topi per ore,

tremando sotto la sabbia,
con gli occhi chiusi, sognando
un cielo pieno di mosche
per le baccanti ubriache.

 

XIV.
Se grida che non esiste
o canta assieme alle mosche
il dio dei topi lo lascia
cadere giù dalle scale,

ma poi lo sveglia di notte,
lo spinge a correre ancora
più nudo e infine lo porta
dalle baccanti, in ginocchio.

 

XV.
«Amalo pure quanto ti pare,
tanto si vede che non ci vuole
il dio che fugge dietro le mosche
e getta gli occhi sotto la sabbia»,

diceva Sasha, sempre più solo,
dentro il vestito di carnevale
mentre portava, seguendo Kaspar,
gli ufo nel centro di Norimberga.

 

XVI.
«È tempo di addii», scrive Kaspar
che brucia i coriandoli e danza
come una baccante nel forno,
coprendosi gli occhi di sabbia,

felice di perdersi ancora
di più per restare nascosto
in casa, sognando le porte
murate, parlando con gli ufo.

 

XIX.
Kaspar chiuso nella stanza
non ha nulla più da dire,
mentre le baccanti invece
sono tutte scese in piazza,

e ripetono in ginocchio:
«non aprire mai la porta,
corri sotto le coperte,
credi solo al dio dei topi».

[…]