Guardare/ 12 – L’altro mondo

da | Apr 19, 2024

(“Guardare” è una rubrica che propone poesie scritte da ventenni e trentenni e che prova a raccontare il nostro momento storico dal punto di vista del loro immaginario. Questo percorso ci accompagnerà nei prossimi mesi con un’uscita ogni due settimane. Tessera dopo tessera si configurerà un mosaico in cui speriamo emergano interrogativi, chiavi di volta e genealogie di un tempo che muta velocemente, lascia disorientati, ma chiede anche nuove e autentiche forme del guardare. Nella dodicesima uscita alcune poesie di Valentina Murrocu, nata a Nuoro nel 1992.)

1.

Il paesaggio indicibile di qua dal vetro,
i passanti dentro i vagoni dei treni, un passaggio a livello,

queste cose si situano

in uno spazio laterale che diverge da parte a parte;

eppure, l’occhio si apriva, lo spazio ricucito stava
per il grande e il piccolo, la lacerazione interna
alle cose come sono.

L’altro mondo, ma da una dimensione differente,
nessuna aggregazione o urto,
solo una forma che proviene dal centro, una massa informe

o un grande discorso, dire questa massa per dire io.

 

2.

C’è come un’apertura laterale sull’altro mondo,
un’intelligenza minore è la percezione
del centro e non è che tutto:

mi dici che sono una sagoma
con un’apertura a lato, uno schermo diviso tra mondo
e parte, come un nucleo nel centro o una linea che si segmenta.

Quindi la vita o la morte, la morte nell’altro mondo
è maggiore, la visione lungo la parete è la vera mente,
la materia delle cose come sono;

i corpi galleggiano allora, in questo vetro che si apre di lato,
come passanti morti dentro i vagoni dei treni,

ho pensato di scrivere dell’altro mondo perché non ci sono mondi.

 

3.

La ragazza ha smesso di guardare per una visione altra,
l’occhio come un’angoscia dentro i capillari, l’uomo
adulto dorme sul divano,

allora l’intero
è messo da parte, soltanto io lo dispongo verso il centro.

I corpi galleggiano perché nella stanza c’è stata un’implosione della massa,
la vertigine dello sguardo che fissa un punto sulla parete:

un solo mondo, non questo, il maggiore e il minore frammentati
attraverso la membrana esterna, la mente aperta negli oggetti,

le colonie di insetti come forze che erodono.


4.

Il mondo dilatato compare senza spazi, è la mente che si apre,
il cranio scoperto riconosce nelle mani lo specchio alieno,
seziono la sedia per coprirla di segmenti,

la poesia sta nel centro, la sedia è segmentata, distruggere
o comprendere sono atti del medesimo impulso, divengono istanze:

«non è la vita o la morte, è la percezione,
lo schermo nel sonno attraverso cui esistiamo,
una grande visione nelle cose come un’unica visione,
l’atto della vista come una pulsione altra.»

Dicono che il sonno sia una veglia amplificata.

 

5.

La metro nella calotta della mente,
un discorso come un corpo che galleggia,
guardare dal vetro i passanti scomposti sui sedili:

quando immetto il mio organismo nel binario vedo gli altri
come viventi aperti, sono morti.

«La vista, credevo, la visione dall’occhio
che non vede è una luce ampia contro gli oggetti,
giusto e sbagliato convergono nell’intero»,

Milano è un grande insetto nell’aria statica.

 

6.

L’altro mondo appare negli schermi, le grandi
masse sono aperte sui sedili,
le qualità ricomposte in alto e basso,

vedi, questa convergenza è la stessa qualità che si sdoppia
nei discorsi, le porte si richiudono, i corpi respirano
da un sonno opaco:

«non era il guardare, ma l’essere visti, lo specchio concavo
interno alla mente, il presupposto su cui si regge il soggetto
come un mondo regolato dalla logica.»

Se un mondo esiste è questo.

 

(da “L’altro mondo”, Vita Activa Nuova, 2023)