Eredità ed Estinzione

da | Mar 19, 2024

Dall’ultimo libro di Giovanna Frene, “Eredità ed Estinzione”, da poco uscito per Donzelli, pubblichiamo alcuni estratti.

 

MARCO AURELIO A SE STESSO

il principio su cui si fonda tutto, la persuasione del reale
sacco di carne inerme, la fortuna di non sfuggire all’ordine
percepito naturalmente, questo compiere esattamente e sempre
non ciò che si vuole, ma quello che mai sarà un bene
perpetuo o comunque non contingente, aggiunto all’evidenza che ogni fatto
è sopravanzato dalla sua stessa necessaria essenza, anche il più imberbe:
a qualsiasi natura tu appartenga non dare contraddizione
alla caduta

 

*

CANZONE ALL’ITALIA X. DIPLOPIA MONTE PERTICA

questi cumuli di morti, tutt’ora morti, tutt’ora qui
trincee estinte sul nascere, spalmati nella perpetua ripetizione della fotografia,
questi ammassi ostacolano ogni nuovo possibile cammino, portano
apparentemente lontano ogni sguardo,
sprofondano a ogni passo verso la personale dissoluzione
del vedere, fino all’impossibilità di distinguere qualcosa nella palta puzzolente
del proprio andare, non si va oltre, sempre fermi, sempre qui

queste centinaia di cadaveri tutt’ora cadaveri, tutt’ora qui,
avvisano che la risalita è apparante, spalancano la bocca all’attenzione
della fine del tragitto, la camionabile è un lotto solo per i prigionieri,
lotta chi non è pentito della vita, chi può ancora apparentemente risalire
la china mettendo i piedi in sequenza senza la totalità della visione,
chi per bocca della fortuna ha tirato la linguetta della bomba
a mano nel giusto della forza nemica, sempre nemica, sempre qui

questa unica grande Immagine che ora è una, che ora è qui,
è la sola via che ogni percorrenza può portare, come uscita
dalla veduta che aveva reso niente la vita una volta e per tutte:
balzati in piedi, partiamo di corsa, ma dal cucuzzolo
delle mitragliatrici c’investono di raffiche
che fanno paurosi vuoti negli assalitori,
obbligandoci a ripararci nelle buche e negli anfratti del terreno (…).

Il sole è tiepido, e ne approfitto per una fumatina.
Il vento ci porta, ogni tanto, un lieve lezzo di cadavere; nessuno
si cura di portare via i morti (…). Sono morti come tanti altri,
di cui non so il nome, né ho mai visto il viso, che giacciono intorno a noi,
masse informi di carne, ma non provo né pena, né compassione,
la morte quassù non ha importanza (…).
Il Pertica è definitivamente nelle nostre mani.

 

*

OGGETTO: LARVA ACQUATICA I

d’aprés Hubert Duprat
(ore 22.14)

a una scala più grande i Nostri diventano i Vostri
a una scala più piccola i Vostri diventano i Loro:
Lei può immaginare che cosa provai in quel momento. (…) Quando aprimmo l’uscita di emergenza n. 38 il calore che ne uscì fu così intenso che non potemmo scendere
: nessuna scala che porti dentro al serbatoio
dal serbatoio nessuna scala che porti fuori:
come cotti, evaporati, astucci perlati custoditi in acqua
attorno a tricotteri carbonizzati, a immagine e somiglianza
divina,
con pagliuzze auree

(Dresda, ‘Museo di Arti Applicate’, Sala 45, teca 13/2a)

 

*

MAYERLING (I-XXX)

I.
sembra che tra i parenti cooptati come spie del giovane arciduca
ci fosse anche lo zio, il re Ludwig II von Bayern,
dunque non così folle da non discernere
dove fosse il male della terra


II.
alla notizia della morte improvvisa del principe Rudolf
più di uno in Germania, a cominciare dal Kaiser, pensò che
era stata finalmente eseguita
la soluzione finale al problema ebraico
nella corte viennese


III.
nomi che non sono che nomi
nomi che non sono più niente


IV.
con la stessa sollecitudine con cui radono al suolo le città
all’erede al trono venne rasata, da morto, la barba sul mento
in barba ai precetti inerenti alla sacralità della persona reale
nell’immaginario collettivo doveva imprimersi

l’ovale di un volto innocente
momentaneamente deceduto


V.
ad aprire la parata funebre che avrebbe accompagnato il feretro del giovane principe
venne portata una copia perfetta del suo cavallo di battaglia con indosso i finimenti
originali:
altri sedici destrieri trascinavano l’enorme carro funebre
verso la dimora finale della bara, secondo le volontà ultime
di Rudolf:

che le sue ceneri dormissero nella grotta
dove la Lupa aveva allattato il Re di Roma


VI.
nel carteggio che ci è giunto tra Franz Joseph ed Elisabeth, successivo alla morte di Rudolf,
corroborato da numerose testimonianze orali, l’erede al trono non viene mai citato per nome
ma solo con appellativi e titoli imperiali
con quel pudore tipico di ogni genitore sano di mente
per non esporre un figlio agli sguardi indiscreti della gente:

più che riposare in pace la questione ormai
si dipanava come riposo del mondo
[…]

 

NB: Non è stato sempre possibile rispettare la grafica dell’originale. Ci scusiamo.