Art of Escape

da | Feb 9, 2023

Presentiamo una selezione di poesie tratte dalla raccolta d’esordio di Mina Gorji, Art of Escape (Carcanet, 2020), con versioni italiane a cura del Laboratorio di traduzione di poesia Monteverdelegge (Marta Izzi, Paola Maioli, Giselda Mantegazza, Fiorenza Mormile, Anna Maria Robustelli, Jane Wilkinson). Ringraziamo l’autrice per l’autorizzazione a riprodurre le sue poesie.

Nata nel 1975 a Teheran, a cinque anni Mina Gorji emigra con la famiglia a Londra, fuggendo dalla rivoluzione islamica. Vive ora a Cambridge, dove insegna nella Facoltà d’inglese dell’università. Oltre a due raccolte di poesia, Art of Escape (Carcanet, 2020) e Scale (Carcanet, 2022), e la monografia John Clare and the Place of Poetry (Liverpool University Press, 2009), ha curato con Kirstie Blair il volume Class and Canon: Constructing Labouring-Class Poetry and Poetics, 1780-1900 (Palgrave, 2012).

“Era lì. In movimento. Sulla foglia di lattuga. […]. Il falso ragno vedova, Steatoda nobilis, arrivato probabilmente con le banane, si è fatto strada tra le fresche foglie di insalata verde e nel mio piatto. Tante altre minuscole creature arrivano qui in questo modo: sulle barche, sugli aerei, dentro le valigie. Specie aliene.” Mina Gorji introduce così la sua prima raccolta, Art of Escape, nata dal desiderio di riflettere su migrazioni e viaggi intrapresi sia da esseri umani, sia da minuscole “specie aliene” come la vespa che vede la luce in Inghilterra dopo essersi introdotta di nascosto in una quercia di Aleppo (The Wasp). Ma i viaggi e le fughe cui Gorji presta attenzione sono anche poetici e metapoetici: la poesia stessa può essere intesa come arte della fuga, evasione e metamorfosi. “Volevo pensare a cosa significasse scappare e ai diversi modi in cui potesse farlo una poesia” spiega sul sito di Carcanet. “Una ‘found poem’, sfuggita alla prosa, alle voci dei dizionari, come Dedalo, come Icaro? O parole e frasi che sfuggono ad altre poesie, a testi in prosa o a cataloghi di vernici; i suoni e le cadenze che si liberano, trovando forme nuove”: transfughi che trasformano il testo che li riceve in cassa di risonanza (come The Wasp e Migrants che echeggiano l’Ode all’usignolo di Keats). Per Gorji, autrice di saggi sull’ascolto in poesia, “i suoni che sentiamo sono sempre in fuga.” In fuga, e a volte in pericolo di vita, come le allodole migrate dalla Germania nazista e abbattute da contadini inglesi per la loro provenienza, arrestando il volo canoro esaltato da Shelley e riducendolo a un piccolo corpo bruno in “grano straniero” (Migrants).

Da bambina, tormentata di notte da incubi di plotoni d’esecuzione e di giorno dalla paura dei poliziotti londinesi, Gorji cerca conforto nel calore della famiglia e nella forza della fantasia che l’aiuta a distanziarsi dalle scene di violenza cui ha assistito o che le sono state raccontate, anticipatorie di quelle che oggi dilaniano il suo paese. Anche le poesie più direttamente collegate al dramma iraniano tendono a inserirsi in contesti di segno diverso. Scene di tranquilla vita familiare, ricordate con grande dolcezza, mettono in risalto l’orrore del destino di capre sgozzate e appese a un albero, allusione, forse, ad altri sacrifici non solo animali (Sacrifice). Per ritrarre la città natale, l’autrice giustappone la descrizione di scatole imballate nella casa della prozia a quanto avveniva all’esterno: la rimozione forzata del rossetto dalle labbra delle ragazze “con fazzoletti avvolti / intorno a lame di rasoio” (Tehran). E la partenza dall’Iran dà luogo non solo a un senso di fuga ma a una perdurante nostalgia per le bellezze del paese abbandonato (Escape?) e la sua millenaria cultura, anche quando sembra ridotta in macerie come nella Persepoli gloriosa di Gemshîd, abitata ora solo da lucertole (Persepolis). Ai regni materiali della storia passata e presente, Gorji preferisce gli imperi ariosi creati dalle migrazioni di piante, uccelli, polvere e stelle e delle parole scientifiche, letterarie e dialettali usate per nominarli (Empire of the Dandelion). 

Non a caso, è il ricordo di un antico tappeto persiano a offrire una mise en abyme dell’arte poetica dell’autrice nello scritto autobiografico che conclude il volume: “Londra, SW13, 1980. [] Saltavo tra riquadri di colore diverso, inventando storie, sognando. Piccolissimi piedi che calpestavano i tetti di un mondo in miniatura: Cipressi e cittadelle / palazzi con cupole di rame, / leopardo che insegue antilope, / la luna una scimitarra d’argento, / giardini pieni di rose. / Tante storie, / annodate nella seta”. Mondi in miniatura sono anche le poesie di Art of Escape, che archiviano storie, immagini, ricordi, sensazioni ed esperienze di creature non solo umane, anch’esse, quasi tutte, in fuga: animali come vespe, moscerini, lucertole, uccelli, armadilli, polpi e piovre, ippocampi e balene; piante come denti di leone, tarabusi, giunchi; gli “oggetti del cielo profondo” rivelati dal telescopio (Deep sky objects), galassie, stelle cadenti che si trasformano in luci d’atterraggio (Beside the river), meteoriti giunte a nuova vita nelle mani di un’artista, ma anche fossili, le “storie segrete” contenute nelle pietre (Half-lives), e persino l’ago tremolante di una bussola (Bearings); figure con identità multiple come Houdini, gigantesco “man-moth” o “uomo-falena” (the art of escape), o la piccola sirena pescata nel mare del Nord, di cui “solo la voce” riesce a fuggire (Mermaid).

Jane Wilkinson

 

 

LA VESPA

che non fa il miele ci ha dato l’inchiostro.
A inizio primavera spuntano galle sulle querce:
più scure d’autunno
vanno in gestazione.

Si affaccia alla luce inglese
questa minuscola migrante
introdotta di nascosto nella quercia di Aleppo −
una ghianda straniera.


THE WASP

who makes no honey gave us ink.
In early spring oak galls appear:
darkening in autumn
they gestate.

Emerging into English light,
this tiny emigrant
was smuggled in Aleppo oak ̶
an alien acorn.

 

*

MIGRANTI

Le fucilarono nelle campagne –

‘Allodole che cantavano per i nazi
non sono benvenute qui’.

I territori del cuore si contraggono
quando riduci la musica a mappa;
il volo canoro è confinato al corpo e svilito –
un piccolo uccello bruno
nel grano straniero.


MIGRANTS

They shot them in the fields –

‘Skylarks that sung to Nazis
are not welcome here’.

Territories of the heart contract
as music’s mapped;
song-flight’s fleshbound and distressed –
a small brown bird
in alien corn.

 

*

SACRIFICIO

Le avevamo viste portare nel cortile,
e legare vicino al laghetto
dove mia nonna di solito sedeva,
o piuttosto, si accovacciava,
sgusciando fave in un setaccio,
o spargendo menta
su teli di stoffa a seccare.
Svuotava un’anguria
e bevevamo il succo,
e facevamo navigare le bucce.
Sapevamo perché le avevano portate lì –
e così le liberammo,
sciogliendo le corde e guardandole
sussultare e barcollare,
goffe, in preda al panico.
Quelle capre bianche stanno a testa
in giù, sgozzate,
appese a un albero.


SACRIFICE

We’d seen them led into the yard,
tethered near the little pond
where my grandmother used to sit,
or rather, squat,
shelling broad beans into a sieve,
or spreading mint
on sheets of cloth to dry.
She’d hollow out a watermelon
and we’d drink the juice,
and sail the empty skins.
We knew why they’d been brought –
and so we set them free,
untied the ropes and watched them
start and shamble,
gawky, panicking.
Those white goats are upside
down, throats slit,
hanging from a tree.

 

*

TEHERAN

casa della prozia –
sopra, la stanza degli ospiti
aperta, ora:
vecchie scatole, riempite
in fretta, e abbandonate:
il nostro futuro in naftalina
raccoglie polvere.
Fuori nel boulevard
tolgono il rossetto
dalle labbra delle ragazze
con fazzoletti avvolti
intorno a lame di rasoio.


TEHRAN

my great aunt’s house –
the upstairs spare room
now unlocked:
old boxes, packed
in haste, and left:
our mothballed futures
gather dust.
Outside in the boulevard
they’re wiping lipstick
off girls’ mouths
with tissues wrapped
round razor blades.

 

*

FUGA?

Ha chiesto ‘Da dove viene, signora?
e quando ho detto ‘Iran’,
mi ha abbracciato, aggiungendo
Ce l’ha fatta
con una tale gentilezza
che non ho avuto il coraggio di chiedergli
‘Ma conosce
le lucertole di Persepoli?
le catene montuose
che si allungano fino alla neve?
il sapore del kharboozeh?
quel senso di fine quando le porte dell’ascensore si chiudono?


ESCAPE?

He asked ‘where you from, ma’am?
and when I said ‘Iran’,
he hugged me and replied
‘You made it’
with such kindness
I didn’t have the heart to ask
‘But do you know
the lizards in Persepolis?
the mountain ranges
stretching into snow?
the taste of kharboozeh?
that final feeling when the lift doors close?

 

*

PERSEPOLI

Si dice che il Leone e la Lucertola abbiano stanza
dove Gemshîd regnava bevendo in abbondanza.

All’ombra di un parasole
il re guarda davanti a sé:
pianure deserte,
il cielo,
i falchi,
i fiori gialli,
una lucertola che sfreccia sulle pietre ̶
non resta altro.


PERSEPOLIS

They say the Lion and the Lizard keep
the Courts where Jamshýd gloried and drank deep.

Shaded by a parasol
the king looks out:
deserted plains,
the sky,
the hawks,
the yellow flowers,
a lizard darting over stones ̶
nothing else remains.

 

*

L’IMPERO DEL DENTE DI LEONE

Soffione, Suffion, pis-en-lit,
Capo di Frate –
Peccato nell’Erba,
una minuscola spora
prolifera –
un impero sparso nell’aria; tarassaco –
soffiato attraverso oceani da venti avversi,
malerba e rimedio amaro –
cicoria, pissabet
bittera tzelaut.


EMPIRE OF THE DANDELION

Blowball, Puff-Ball, pis-en-lit,
Priest’s Halo –
Sin in the Grass,
one tiny spore
proliferates –
an empire spread on air; dandelion –
blown across oceans by ill winds,
weed and bitter remedy –
chicoria, pissabet,
bittera tzelaut.

 

*

OGGETTI DEL CIELO PROFONDO

Ogni notte il telescopio svela
un’altra galassia,
un pallido ammasso stellare vicino a Sirio,
le Pleiadi nel Toro,
Andromeda che si avvolge a spirale.
Il mio cuore va al lontano Erìdano,
sinuoso fiume di stelle,
sentiero di anime:
ogni notte
si allontanano
sempre più da noi.


DEEP SKY OBJECTS

Every night the telescope reveals
another galaxy,
a faint star cluster near Sirius,
the Pleiades in Taurus,
spiraling Andromeda.
My heart turns to distant Eridanus,
winding river of stars,
path of souls:
every night
they are moving
further from us.

 

*

EMIVITE

Storie segrete
nella pietra –
a volte una filigrana
di foglie e ossa,
a volte il vento
si modellerà
in isotopi,
la vita intera in un lampo
di termoluminescenza.


HALF-LIVES

Secret histories
in stone –
sometimes a filigree
of leaf and bone,
sometimes the wind
will shape itself
in isotope,
lifetime in a flash
of thermoluminescence.

 

*

LUNGO IL FIUME

guardiamo in su:
quante stelle cadenti!
Un lampo, e poi sembrano rallentare:
una dopo l’altra,
splendono e svaniscono.

Queste non sono stelle
ma luci d’atterraggio –
non un esplodere di luce,
ma un ritorno a casa.


BESIDE THE RIVER

we look up:
so many shooting stars!
A flash, and then they seem to slow:
one after another,
flash and fade.

These are not stars
but landing lights –
not blazing out,
but coming home.

 

*

ORIENTAMENTO

i l c u o r e
d e l l a b u s s o l a
è s e m p r e f e r m o –
malgrado l’irrequieto tremolio
della punta dell’ago.


BEARINGS

t h e h e a r t
o f t h e c o m p a s s
i s a l w a y s s t i l l ̶
despite the restless skitter
of the needle tip.

 

*

L’ARTE DI EVADERE

Il grande Houdini chiuse gli occhi.
Si immaginava
dentro la chiusa –
passaggi di ferro
gli si aprivano davanti.
Avanzava a tentoni lungo oscuri canali
e fuori da una bara
immersa nell’acqua,
o da una camicia di forza, legato
e sospeso da un ponte,
come un gigantesco uomo-falena.
Chiudendo gli occhi
sentì l’aria della notte
chiudersi contro la pelle:
nemmeno il fuori
riusciva a trattenerlo a lungo.


THE ART OF ESCAPE

The great Houdini closed his eyes.
Imagining himself
inside the lock ̶
iron passageways
opened before him.
He felt his way along these dark canals
and out of a coffin
submerged in water,
or from a straightjacket, buckled
and suspended from a bridge,
like a giant man-moth.
Closing his eyes
he felt the night air
close against his skin:
even the outside
couldn’t hold him long.

 

*

SIRENA

pescata viva
al largo delle Shetland,
due piedi di lunghezza
e pinne lungo il dorso;
ha mani minuscole
e palmate,
sotto il petto
il corpo
si assottiglia
in una coda scivolosa.
Solo la voce
è sgusciata via.


MERMAID

caught alive
just off the Shetland Isles,
two feet in length
and finned along the spine;
her tiny hands
are webbed,
the lower portion
of her breast
scales into
a slippery tail.
Only her voice
escaped.

 

Text copyright © Mina Gorji 2020