Appendice. Fine vita

da | Apr 11, 2024

Quattro prose da “Appendice. Fine vita” di Alberto Cellotto, uscito per Ronzani editore. 

 

13 SETTEMBRE

Ho incominciato a scrivere. Continuando non dimenticherò che questo è un testo che sto scrivendo per chi lo leggerà. Non farò finta che queste righe siano altro. Anche chi lo legge ricordi che ne sono consapevole e sia questo il nostro patto. Se si parla di patto col lettore sono d’accordo con Ignatz che in una striscia sbraita a Krazy Kat: sei solo un’idea di inchiostro su carta. Se si partisse da assunti del genere, sarebbe sempre tutto più semplice e utile. Lo so che questo preambolo assomiglia al teatro nel teatro, ma vedrete che c’entra soltanto un pochino, perché questo non è teatro, purtroppo

 

*

PORTAUOVA

Mi sono già stufato di scrivere a mano: al diavolo le agende con le loro pagine piene di cancellature, i santi del calendario che ti ricordano quale esiguità di nomi utilizziamo. Mai un Maro, Leto, Tigrino, Chiaro oppure una Niana, Achilla, Trofina, Quieta. Ho riversato quel poco che avevo scritto fino a qui sul primo computer che mi hanno propinato, un fondo di magazzino comprato al negozio di elettrodomestici rimasto in paese – all’inizio della salita nonché alla fine della discesa che perimetra la collina sul versante del fiume. Gli elettrodomestici mi sono sempre piaciuti molto, di più quando la loro obsolescenza diventa apprezzabile. Un po’ dipenderà dalle estati in cui da ragazzo ho lavorato per una ditta della subfornitura che stampava portauova per le controporte dei frigoriferi e mi pagava sull’unghia. Questo negozio stanco di cui scrivevo, ampliatosi con ferri da stiro, televisori e lavatrici, si è affiliato a una catena dal colore verde e mantiene la clientela dando il servizio. Così recita il proprietario pensionato abbastanza fiero, girando il negozio in ciabatte, meno fiero di vent’anni fa o di quando è partito a vendere fornelli a due fuochi e bombole della Pibigas. In realtà è come se fornisse un minimo di alfabetizzazione informatica, considerato che la pantomima dei corsi europei ha fallito anche in questa attività formativa di base. Basta pensare alla straripante popolazione degli anziani, scaraventati nella magia del digitale senza passaggi. Del resto l’imperativo di tanti corsi finanziati dall’Europa è stato indirizzare in mille rivoli la pioggia di soldi che puntuale arriva. Bisogna spenderli tutti e certificare, per fare spazio ai successivi. Sentite qua:

Quali sono gli utilizzi principali? | Videoscrittura e… | Scusi l’interruzione nemmeno Internet? | Tanto Internet ci sarà comunque. | Sì ma era per dire… | Scusi lei l’interruzione stavo per aggiungere qualche montaggio audio e video. Comunque per Internet mi basta il telefono. | Le interessa anche una stampante in promozione? | Grazie ma no.

Lo so che non è un dialogo irresistibile, come del resto la maggior parte dei dialoghi che finiscono per iscritto o al cinema – il quale è un dialogo scritto e non parlato sopra sceneggiature, fotografia, colonne sonore, effetti speciali. Ho però memorizzato queste battute tra me e il figlio del proprietario ciabattone perché è allucinante che tutti si scusino sempre dell’interruzione. Nessuno ascolta più nessuno e tutti si parlano sopra, seguendo un filo di aggressività malcelata. E se la conversazione non c’è più, non può esistere alcuna scrittura, ma solo trascrizione, schifosa trascrizione senza sguardo e voce.

 

*

RUOTE

Ho appena tolto dal borsone le lettere di San Paolo. Stanno appoggiate sopra le agende della banca dal 2006 al 2012. Non porterò niente da leggere tra i muri di questo Hospice, niente per scrivere. Il taxi è prenotato per le nove e dieci e mentre aspetto a chiudere l’unico balcone che fa luce e a portare fuori la spazzatura degli ultimi giorni, in un montaggio esasperato, mi passano davanti dei frammenti che vogliono provare che una vita è accaduta. Danzano sulla superficie lievemente incurvata di un orologio gigantesco in granito bianco, con i numeri romani e le lancette che quasi si appiattiscono senza spessore. Un giorno a sei anni in cui sono scivolato sul pavimento bagnato e mi sono tagliato coi vetri verdi della bottiglia che dovevo riporre in frigo. Il pesce rosso fuoriuscito dalla sua vaschetta e finito sui cerchi incandescenti della cucina economica, i copertoni usati sopra i teli di polietilene del fienile che vedevo dalla camera dei miei, un pomeriggio verso Pasqua quando con mia nonna sono stato inseguito da un cavallo infuriato con un pezzo di staccionata a forma di V capovolta sul garrese – scappavo su una bici Graziella con ruote troppo piccole, lei che sorrideva in salvo, serena, a lato della strada. Le cicale nell’afa. Ovunque nell’afa le cicale. L’oltraggio perfetto dei grilli dei magredi, un quadrato nero a schermo intero, scene da film di Stanlio e Ollio a colori, poi, in dissolvenza, il temporale che mi ha sorpreso di pomeriggio sul Crep Nudo e la luce successiva in discesa, a 1700 metri, che mi ha infradiciato per sempre le ossa. Dei tubi hanno iniziato a perdere, l’acqua non arriva più calda e la caldaia va in allarme spesso. Ho posizionato dei secchi e chiamato Leo. Gli lascio le seconde chiavi, che sistemi con tutta calma. Dono la mia casa a lui, che è l’unico che qui ci veniva a sistemare i problemi anche quando ero via. Mi rendo conto ora che non a tutto ho pensato: restituire il libro su palazzo Schifanoja, la Volvo dei miei. Lascio il libro e le chiavi in vista con un biglietto, quelle di riserva non le trovo. Che valuti Leo tra qualche settimana. In bagno la radiolina a transistor resterà accesa sulle interferenze. Antenna abbassata, minimo volume.

 

*

APPENDICE

Biglietto

Recto: Per suor Eloisa Tonin, Istituto ****, Vicenza

Verso: 20.04.19 – Finirà ancora sul giornale: il custode è qui fuori steso che grida. È entrato come visitatore e ha sparato giù in sala ad A. e ad Amedeo. Due infermieri lo hanno immobilizzato prima che giungesse sulla soglia della mia stanza.