Visita a Fadin

da | Gen 30, 2019

Passata la Madonna dell’Orto e seguiti per pochi passi i portici del centro svoltai poi su per la rampa che conduce all’ospedale e giunsi in breve dove il malato non si attendeva di vedermi: sulla balconata degli incurabili, stesi al sole. Mi scorse subito e non parve sorpreso. Aveva sempre i capelli cortissimi, rasi da poco, il viso più scavato e rosso agli zigomi, gli occhi bellissimi, come prima, ma dissolti in un alone più profondo. Giungevo senza preavviso, e in giorno indebito: neppure la sua Carlina, ‘l’angelo musicante’, poteva esser là.
Il mare, in basso, era vuoto, e sulla costa apparivano sparse le architetture di marzapane degli arricchiti.
Ultima sosta del viaggio: alcuni dei tuoi compagni occasionali (operai, commessi, parrucchieri) ti avevano già preceduto alla chetichella, sparendo dai loro lettucci. T’eri portato alcuni pacchi di libri, li avevi messi al posto del tuo zaino d’un tempo: vecchi libri fuor di moda, a eccezione di un volumetto di poesie che presi e che ora resterà con me, come indovinammo tutti e due senza dirlo.
Del colloquio non ricordo più nulla. Certo non aveva bisogno di richiamarsi alle questioni supreme, agli universali, chi era sempre vissuto in modo umano, cioè semplice e silenzioso. Exit Fadin. E ora dire che non ci sei più è dire solo che sei entrato in un ordine diverso, per quanto quello in cui ci muoviamo noi ritardatari, così pazzesco com’è, sembri alla nostra ragione l’unico in cui la divinità può svolgere i propri attributi, riconoscersi e saggiarsi nei limiti di un assunto di cui ignoriamo il significato. (Anch’essa, dunque, avrebbe bisogno di noi? Se è una bestemmia, ahimè, non è neppure la nostra peggiore).
Essere sempre tra i primi e sapere, ecco ciò che conta, anche se il perché della rappresentazione ci sfugge. Chi ha avuto da te quest’alta lezione di decenza quotidiana (la più difficile della virtù) può attendere senza fretta il libro delle tue reliquie. La tua parola non era forse di quelle che si scrivono.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).