Unfaith – No forms

da | Mag 26, 2017

Riflettendo sulla propria attività poetica, M.T.C. Cronin definiva la poesia ”the essential mystery of humanness — all that I am capable of as an intellectual and emotional entity who desires to ‘make’ ever more meaningful and wondrous images to push out into the conversation of life […]”  (How2, vol. I, 5, 2001). Consapevole di come la poesia attinga da una dimensione misteriosa che supera le limitate distinzioni e classificazioni umane («per tutta la vita scaviamo/tutti nello stesso punto» in Alle cento in punto), M.T.C. Cronin affronta in Nomadic graves il tema ricorrente della morte («Eppure inascoltati/i morti continuano a viaggiare») e della ricerca umana in Stowaways («Siamo tutti clandestini./Per lo spazio di una vita/intercettiamo l’eterno»). Così la poesia della Cronin, nutrita di letture internazionali (da Ungaretti a Neruda e Celan) si definisce nel segno di un’apertura metafisica e conoscitiva: «Nella finestra di una pietra/una visione della terra» (da And to myself I myself).

A cura di Massimiliano Mandorlo

Da: Unfaith – No forms

Tombe nomadi

Si sono viste tombe nomadi.
Il loro luogo è storia.
Sulle loro lapidi leggiamo
che la nostra pelle calda e muta
odora della maschera caduta
dal viso di un bambino spaventato.
Quando avviciniamo l’orecchio
alla terra rivoltata sentiamo
recitare tutti i nomi della fede.
Eppure inascoltati
i morti continuano a viaggiare.
Loro sanno quanto facilmente
affrontiamo la scomparsa.
Come seppelliamo ogni cosa
in ciò che il cuore rivela.

*

Alle cento in punto

Addormentata nel tuo corpo
ho sognato una guerra
mai iniziata.

Tua moglie rivoltava
le sue mani nel giardino
piantato nel buio.

Alle cento in punto
i cani scoprirono
le ossa del fatto:

in verità
per tutta la vita scaviamo
tutti nello stesso punto.

*

Clandestini

Siamo tutti clandestini.

Per lo spazio di una vita
intercettiamo l’eterno.

Un’ enorme ape nera ronza
in un favo d’anime.

Con la polvere sui baffi
due gattini crescono assonnati
all’ombra del portico.
I loro sogni si nascondono
in un topo tremante.

Siamo clandestini per sempre.

Nascosti ogni momento
sentiamo il grido soffocato
della prossima eternità.

*

Augentrost

Le tue prime parole
attraverso gli occhi castani,
‘Come viviamo?’
mentre la mano versa un cucchiaio
di cenere nella faccia del tuo cranio.

Come curare la tua follia.
Sei coinvolto
nel sole, in contatto
con le stelle, in crescita
sullo sterco.

Il cielo è sporco.
E poichè il tuo
non è più un nome
ti arrampichi su una corda nera
per tornare a noi.

Attraverso la terra –
dritto fino al terrore
al suo centro.
La camicia nera oggi
e il cappello nero.

Se richiesto,
firma solo con una x.
Piantando i morti
sulla linea bianca
della catastrofe.

Ora non c’è presente.
I tuoi piedi ti hanno nascosto
nel fiume.
Guarda i tuoi lacci bagnati
aggrovigliati alla nuova città.

Camminando per le sue strade disperse
i fari dei tuoi occhi sono accesi
stanotte.
Le tue parole sanguinano
nei giardini pubblici.

(La poesia trae ispirazione dalla lirica di Paul Celan Todtnauberg. Il titolo Augentrost fa riferimento alla pianta Eufrasia, presente nella lirica di Celan.)

***

Da: God is waiting in the world’s yard

Il giardino del mondo

Sono seduta esattamente nel retro del giardino del mondo.
Tutto intorno a me è fatto di tombe alle quali la vita offre
ogni cosa. Infatti non ci sono anni qui dove gli anni continuano
a passare. Indaffarati. Il cane dorme. Grigie falene-micio
salgono a spirale verso la luce. Parenti minori dei fantasmi.
Di nuovo, l’alba oltrepassa. La pioggia frugherà e bacerà l’erba.
Gli alberi in fila come divinità. Lungo il sentiero nascosto del tempo
vedo gli uccelli fare il bagno nel tardo pomeriggio.

***

Da: And to myself I myself

And to myself I myself
Am already no more
Than the obliterating nothingness of thought

Giuseppe Ungaretti*

A vision
between life.

Back there.
Away.

From meaning.
The predator.

***

Somewhere
closer
to what is found in pieces –

what is meant.

***

Thought.

Pure gold ring thrown
to the edge of being.

***

In the window of a stone
a vision of the earth –

The sky in our blood
lifts us away –

(a taste of mind in the air’s scent)

***

Una visione
tra la vita.

Là dietro.
Lontano.

Dal significato.
Il predatore.

*

Da qualche parte
più vicino
a ciò che si trova in pezzi –

Ciò che è significato.

*

Pensiero.

Anello di puro oro lanciato
sul bordo dell’essere.

*

Nella finestra di una pietra
una visione della terra –

Il cielo nel sangue
ci solleva via –

(un assaggio della mente nel profumo dell’aria)

(*Traduzione inglese dell’autrice di alcuni versi da Se tu mio fratello in Il dolore.)

Immagine: Jorinde Voigt, The Landing (II), 2017.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).