Thierry Metz, Tel que c’est écrit

da | Ago 13, 2020

Poesie da Tel que c’est écrit (L’Arrière-Pays, 2012) nella traduzione inedita di Mia Lecomte.

La tavola è pronta
nudo il piatto

che un’ala luminosa
di blu sorvola

nessuno dice niente
è l’alba

e il pane sulla tovaglia

 

*

Il giorno sul muro
la mangiatoia da vuotare
di sé
della propria preghiera

terra non è che una parola
là in fondo lontano
un’infanzia

io devo cercare
nell’alto
nel focolare disperso
di un’ala

 

*

Dove e perché stabilirsi
quando vedi l’usignolo
così poco esigente
seguirmi d’albero in albero

cos’è una casa
che mai sarà abitata
che non avrà legami

 

*

La dimora non si realizza
che in cielo
o tra i cammini
Amo questa piccola pietra
che servirà
lasciata nelle mie mani
per qualcuno
sulla strada.

 

*

Ogni giorno
qui entro come in una stanza
con carta e ramoscelli
tra le foglie
ogni odore è come una culla
per chi non dimentica
da dove viene
ma non rinuncia
ad alcun sentiero.

 

*

Non mi aspettava altro
che uno sguardo
come una puntura d’ape
il prugno
nient’altro che un sasso
portato al villaggio
poi gettato nel pozzo

 

*

Scortato da uccelli
entro nel bosco
è là che lavoriamo
con giovani arnesi
alle dimensioni al taglio
facciamo fuochi
che spaventano gli alberi
ogni foglia poi s’abbandona.

 

*

Bosco di istanti
d’inverno
sferzati di lavori
che fanno ridere il merlo
e l’uomo che sono
sino a regalargli un’anima
sacrificata
alla spina

 

*

D’altre giornate:
si continua si avanza
nel bosco invernale
come in un racconto
d’astinenza

 

*

Scrivere
come se arrivassi dal nulla
come se la mano
nella notte
avesse riconosciuto l’asino
il suo tesoro di paglia

 

*

Com’è scritto
così: sollevato e posato di nuovo
fino a prendere
come un fuoco
il bicchierino del mattino
poi
non tornarci più.

 

Thierry Metz è nato a Parigi nel 1956. Autodidatta, dopo il servizio militare si trasferisce vicino ad Agen, dove lavora in cantieri, magazzini, macelli, fabbriche e aziende agricole e inizia a scrivere poesie, incoraggiato dalla moglie e dai tre figli. Nel 1988 muore incidentalmente il suo secondo figlio – falciato da un’auto all’età di otto anni, davanti ai suoi occhi – e Metz precipita in un’esistenza di alcolismo, depressioni e ricoveri psichiatrici che nel 1997, dopo il trasferimento a Bordeaux, lo condurrà al suicidio. Alla pubblicazione, nel 1988, della sua prima silloge poetica, Sur la table inventée (Jacques Brémond. Sulla tavola inventata, Edizioni degli animali, 2018, traduzione di Riccardo Corsi), sono seguite poesie e prose raccolte, fra gli altri, in: Le Journal d’un manoeuvre (Gallimard, 1990 e 2016); Lettres à la bien-aimée, Gallimard, 1995); L’Homme qui penche (Opales / Pleine Page, 1997 e 2008. L’uomo che pende, Edizioni Via del Vento, 2001, traduzione italiana di Michel Rouan e Loriano Gonfiantini). Tra le pubblicazioni postume: Carnet d’Orphée (Les Deux-Siciles, 2011. Quaderno di Orfeo, Quaderni di Orfeo, 2012, traduzione italiana di Marco Rota), Tel que c’est écrit (L’Arrière-Pays, 2012) e Poésies 1978-1997 (Pierre Mainard, 2017), che riunisce i testi di Metz mai usciti in volume.