Tema del adiós

da | Nov 17, 2016

E’ da poco uscito, per le Ediciones La Palma, Tema del adiós, un’antologia di poesie di Milo De Angelis in traduzione spagnola a cura di Paul Viejo. Proponiamo una selezione di sette testi.

Milano era asfalto, asfalto liquefatto. Nel deserto
di un giardino avvenne la carezza, la penombra
addolcita che invase le foglie, ora senza giudizio,
spazio assoluto di una lacrima. Un istante
in equilibrio tra due nomi avanzò verso di noi,
si fece luminoso, si posò respirando sul petto,
sulla grande presenza sconosciuta. Morire fu quello
sbriciolarsi delle linee, noi lì e il gesto ovunque,
noi dispersi nelle supreme tensioni dell’estate,
noi tra le ossa e l’essenza della terra.

*

Milán era asfalto, asfalto derretido. En el desierto
de un jardín tuvo lugar la caricia, la dulce
penumbra que invadió las hojas, hora ya sin juicio,
espacio absoluto de una lágrima. Un instante
en equilibro entre dos nombres avanzó hacia nosotros,
se hizo luminoso, se posó en el pecho respirando,
sobre la gran presencia desconocida. Morir fue aquel
derrumbe de líneas, nosotros allí y el gesto donde fuese,
nosotros dispersos en las tensiones supremas del verano,
nosotros entre los huesos y la esencia de la tierra.

***

Non è più dato. Il pianto che si trasformava
in un ridere impazzito, le notti passate
correndo in Via Crescenzago, inseguendo il neon
di un’edicola. Non è più dato. Non è più nostro
il batticuore di aspettare mezzanotte, aspettarla
finché mezzanotte entra nel suo vero tumulto,
nella frenesia di tutte le ore, di tutte le ore.
Non è più dato. Uno solo è il tempo, una sola
la morte, poche le ossessioni, poche
le notti d’amore, pochi i baci, poche le strade
che portano fuori di noi, poche le poesie.

*

Ya no. El llanto que se transformaba
en una risa enloquecida, las noches pasadas
corriendo en Via Crescenzago a la caza del neón
de un quiosco. Ya no. Ya no son nuestras
las palpitaciones por esperar a medianoche, esperarla
hasta que la medianoche entra en su verdadero tumulto,
en el frenesí de todas las horas, de todas las horas.
Ya no. El tiempo es uno solo, una sola
la muerte, pocas las obsesiones, pocas
las noches de amor, pocos los besos, pocas las calles
que nos llevan fuera de nosotros, pocos los poemas.

***

Tutto era già in cammino. Da allora a qui. Tutto
il tempo, luminoso, sfiorava le labbra. Tutti
i respiri si riunivano nella collana. Le ombre
di Lambrate chiusero la porta. Tutta la stanza,
assorta, diventò il primo battito. Il nero
dei tuoi capelli contro il giallo dell’ultimo raggio.
Da allora a qui. Era il primo giorno dell’estate.
Il silenzio ci riempiva la fronte. Tutto era
già in cammino, da allora, tutto era qui, unico
e perduto, nostro e remoto, ardente. Tutto chiedeva
di essere atteso, di tornare nel suo vero nome.

*

Todo estaba ya en camino. Desde entonces hasta aquí. [Todo
el tiempo, luminoso, rozaba los labios. Toda
la respiración se juntaba en el collar. Las sombras
de Lambrate cerraron la puerta. Toda la habitación,
absorta, se transformó en el primer latido. El negro
de tu cabello contra el amarillo del último rayo.
Desde entonces hasta aquí. Era el primer día del verano.
El silencio nos cubría la frente. Todo estaba
ya en camino, desde entonces, todo estaba aquí, perdido
y único, remoto y nuestro, ardiente. Todo reclamaba
la espera, regresar a su nombre verdadero.

***

Affogano le nazioni, crollano le torri, un caos
di lingue e colori, traumi e nuovi amori,
entra alla Bovisasca, spazza via il novecento
della solitudine maestra, del nostro verso
sospeso nel vuoto. Altre donne si aggirano
tra gli scarti del mercato, nella nuova miseria
di questo istante. Io siedo al caffè sottocasa,
guardo il paesaggio che fu di Sironi, in un solitario
dodici agosto, inizio a convocare le ombre.
Rivedo mio padre in una città di mare, una brezza
di Belle Epoque e un sorriso sperduto di ragazzo.
E poi Paoletta che sul tatami trovò la vittoria
a tre secondi dalla fine. E Roberta
che ha dedicato la sua vita. E Giovanna,
in un silenzio di ospedali, quando il tempo
rivela i suoi grandi paradigmi.
«Torneranno vivi gli amori tenebrosi
che in mezzo agli anni lasciarono
una spina, torneranno, torneranno luminosi».

*

Se ahogan las naciones, se desploman las torres, un caos
de lenguas y colores, traumas y nuevos amores,
entra en Bovisasca, barre el siglo veinte
de la soledad maestra, de nuestro verso
suspendido en el vacío. Otras mujeres vagan entre
los desechos del mercado, en la nueva miseria
de este instante. Me siento en el café debajo de casa,
miro el paisaje que una vez fue de Sironi, en un solitario
doce de agosto, comienzo a convocar las sombras.
Vuelvo a ver a mi padre en una ciudad con mar, una brisa
de Belle Epoque y una sonrisa perdida de chiquillo.
Y después a Paoletta que halló la victoria en el tatami
a tres segundos del final. Y a Roberta
que consagró su vida. Y a Giovanna,
en un silencio de hospitales, cuando el tiempo
revela sus grandes paradigmas.
«Volverán vivos los amores tenebrosos
que a lo largo de los años dejaron
una espina, volverán, volverán luminosos».

***

Mi saluti, ti rimetti il reggiseno, senti
che puoi smarrire il codice terrestre, demolire
il nucleo, precipitare nel buio. Vai verso la doccia.
Ricordi un nove e ottanta a corpo libero,
una primavera della pelle, una diagonale perfetta.
Dall’incubo estrai una forcina, ti aggiusti
i capelli, indossi la cuffia, chiedi soltanto
di essere risparmiata.

*

Te despides de mí, te vuelves a poner el sujetador, sientes
que puedes extraviar el código terrestre, demoler
el núcleo, precipitarte en la oscuridad. Vas a la ducha.
Recuerdas un nueve con ochenta en ejercicio de suelo,
una primavera de la piel, una diagonal perfecta.
Del sueño extraes una horquilla, te arreglas
el pelo, te pones el gorro, solamente pides
que te absuelvan.

***

Noi qui, separati dai nostri gesti. Tu blocchi
il flusso dei secondi con un gemito. Componiamo
l’antica rima e subito cadiamo. Le pareti
restano lì, macchiate di rimmel.
L’angelus dell’alba ti guarda, nuda e taciturna.
Oscilla nel respiro la chiave. Ogni porta,
ogni lampadina, ogni spruzzo della doccia dicono
che si è rotta l’alleanza.

*

Nosotros aquí, separados de nuestros gestos. Detienes
el flujo de los segundos con un gemido. Componemos
la rima antigua y enseguida nos venimos abajo. Las [paredes
permanecen allí, manchadas de rímel.
El Ángelus del alba te protege, desnuda y taciturna.
Con la respiración oscila la llave. Cada puerta,
cada lamparilla, cada salpicadura de la ducha dice
que se ha roto la unión.

***

Quando su un volto desiderato si scorge il segno
di troppe stagioni e una vena troppo scura
si prolunga nella stanza, quando le incisioni
della vita giungono in folla e il sangue rallenta
dentro i polsi che abbiamo stretto fino all’alba,
allora non è solo lì che la grande corrente
si ferma, allora è notte, è notte su ogni volto
che abbiamo amato.

*

Cuando en un rostro deseado se advierte la señal
de demasiadas estaciones y una vena demasiado oscura
se extiende por la habitación, cuando las incisiones
de la vida llegan en manada y la sangre aminora
dentro de las muñecas que hemos apretado hasta el alba,
entonces no ocurre sólo allí que la gran corriente
se detiene, entonces es de noche, es de noche sobre cada [rostro
que hemos amado.

Immagine: Istallazione di Julian Opie.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).