Spider – Poeti spagnoli contemporanei /7

da | Ott 23, 2015

Le poesie di Ana Gorría che presentiamo appartengono a diversi progetti, già terminati (appartenenti alle raccolte Araña e El presente desnudo) o ancora in corso di svolgimento. Questi ultimi riguardano il poema in prosa (nella plaquette La soledad de las formas) e l’esplorazione dell’ecfrasi, nel lavoro ispirato all’opera della danzatrice e videoartista Maya Deren, una meditazione in fieri sul corpo, il tempo e il movimento. Per volontà dell’autrice, li presentiamo liberamente riuniti in questa pubblicazione.

A cura di Lorenzo Mari

***

Vacillamento

I passi, comunque, vengono e vanno. Inciampo ovvero inciampiamo attraverso le sillabe sino all’incomprensibile. La pausa, dall’estraneo all’estraneo, dall’esatto all’esatto. Del paesaggio si guadagna lo smarrimento. La nostra è caduta e il rischio è di addentrarsi sotto la notte stessa benché nella nostra cadura, qualcosa si alzi e s’imponga. Avanziamo contro il pensiero e il pensiero non è altro che l’unico suono del vuoto, la cadenza della cadenza del movimento. La poesia interroga il fondo come quelli che piangono come quelli che baciano l’afonia. La lingua che nella distanza è azzurra si sogna grigia nebbia: un astrolabio.

(Inedito)

*

Vacilación

Los pasos, sin embargo, vienen y van. Tropiezo o tropezamos a través de las sílabas hasta lo incomprensible. La pausa, de lo ajeno a lo ajeno, de lo exacto a lo exacto. Del paisaje se gana el extravío. Caemos y el riesgo es adentrarse bajo la propia noche aunque mientras caigamos, algo se levante y se imponga. Avanzamos contra el pensamiento y no es el pensamiento sino el único sonido del vacío, la cadencia de la cadencia del movimiento. El poema pregunta por el fondo como aquellos que lloran como aquellos que besan la afonía. La lengua que es azul en la distancia se sueña niebla gris: un astrolabio.

(Inédito)

***

Sembra che questo corpo sembra che sia pruno.
Sul roveto arsero le parole. Un fiore
rompe il tempo,
dal limite del cielo nasce una mano contro.

Sono quella che sono.

L’ombra che si disgrega contro la sua ombra,
sembra che questo corpo sembra che sia un giunco,
che le cose sfumino contro il loro limite.

Il vento ci attraversa, la musica non suona, il pube
che torna a fiorirci: carne di fretta e di fuga.

Un coltello sembra che si levi.

Sono quella che sono.

Il corpo innanlza il vuoto, è
la spirale di me stessa verso me stessa verso me stessa:
la chiave che appare e scompare e fiore, fil
di lama del coltello.

Cammini.

Sono quella che sono.

(Inedito)

*

Parece que este cuerpo parece que es espino.
Sobre la zarza ardieron las palabras. Una flor
rompe el tiempo,
del límite del cielo nace una mano contra.

Soy la que soy.

La sombra se deshace contra la propia sombra,
parece que este cuerpo parece que es un junco,
que las cosas se esfuman contra su propio límite.

El viento nos recorre, la música no suena, el pubis
que nos vuelve a florecer: carne de prisa y fuga.

Un cuchillo parece que se eleva.

Soy la que soy.

El cuerpo alza el vacío, es
la espiral de mí misma a mí misma a mí misma:
la llave que aparece y que desaparece, la flor, el
filo del cuchillo.

Andas.

Soy la que soy.

(Inédito)

***

vigilanza

contro la pelle l’aria forma

le parole arde la lingua

riposa già nella voce l’occhio

la rosa morta poco fa dalla

rosa sboccia poco fa affinché

mai una rosa è una rosa

(da El presente desnudo)

*

vigilancia

contra la piel el aire forma

las palabras arde la lengua

descansa ya en la voz el ojo

la rosa recién muerta de

la rosa recién brota para

nunca una rosa es una rosa

(da El presente desnudo)

***

Fantasmi

Il centro della lingua è imperfetto come lamine sottili di uranio. In seguito il verticale. Nella saliva, tremare nella carne viva è la frontiera di contro a quello che sfuma. Ciò che chiamammo limite è orchidea. Così fragile tra le tracce è questo passaggio che si cancella. Librato come il fumo, chi é che riappare. La velocità confusa del passo, ciò che minaccia: essere prima cenere, poi fumo. La rigidità, allora, elevata va sprofondando nel centro dell’osso: piccole trasparenze invocate come se fossero nomi imperfetti. La rovina dell’immagine come un transito sempre verso lo stesso labirinto dove scorre un’incerta sorgiva

(da La soledad de las formas)

*

Fantasmas

El centro de la lengua es imperfecto como pequeñas láminas de uranio. Después lo vertical. En la saliva, temblar en carne viva es la frontera contra lo que se esfuma. Lo que dijimos límite es orquídea. Tan frágil entre huellas es este pasadizo que se borra. Alzada como el humo, quién vuelve a aparecer. La borrosa celeridad del paso, aquello que amenaza: ser primero ceniza, luego humo. La rigidez, entonces, elevada se va hundiendo en el centro del hueso: pequeñas transparencias invocadas como si fueran nombres imperfectos. La ruina de la imagen como un tránsito siempre hacia el mismo laberinto en donde fluye un torpe manantial

(da La soledad de las formas)

***

SPIDER

Da sola con la febbre,
tremando,
sulla nebbia azzurra,

quale cammino tracciare,

perché l’urgenza
a chi levare
questo
spillo di vetro
incandescente,

come cessare la luce,
dove
depositare
i firmamenti

che trascino tra le mani,

senza voce,
con l’emergenza dell’affamato

che nega le eclissi,
l’ordinaria ruggina dei pomeriggi,
la facilità delle linee,

che azzarda lo stupore
per l’audacia delle visioni,
con la fede di chi rischia
nel fianco
il sale della vittoria.

(da Araña)

*

SPIDER

A solas con la fiebre,
temblando,
sobre la niebla azul

qué camino trazar,
por qué la urgencia
a quién alzar
este
alfiler de vidrio
incandescente,

cómo cesar la luz,
dónde
depositar
los firmamentos

que arrastro entre las manos,

sin voz,
con la emergencia del hambriento

que niega los eclipses,
el óxido ordinario de las tardes,
lo fácil de las líneas,

que apuesta el estupor
a la temeridad de las visiones,
con la fe del que arriesga
en el costado
la sal de la victoria.

(da Araña)

***

Piegata sulla roccia
sulle dune io cammino.
L’infinito.

(Inedito)

*

Inclinada en la roca
sobre las dunas ando.
El infinito.

(Inédito)

Immagine: Louise Bourgeois, Maman, 1999.

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Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).