In anteprima da “Sottopelle”, il primo libro di poesia di Noemi Nagy, appena uscito nella collana ‘Gialla’ di Samuele editore-pordenonelegge, presentiamo le quattro sezioni del poemetto di apertura.
I
La terra è fradicia, gli alberi si arrampicano sopra gli altri. Il più basso lo vedi: cresce o crepa. Ceppi spuntano dall’acqua, la superficie si alza. Impariamo a camminare come i Weltu: così i pastori, i piedi rivolti all’indietro.
Non gli orsi. Quelli zittiscono i cani.
Sono corpi di cui non restano avanzi – solo denti
Gyűjtsd össze az összes fogat
dentro a un’unica grande pelle sulla superficie le alghe
che non suda, li tiene a galla
tutti i denti che torniamo a prendere.
Gyűjtsd össze az összes fogat
ti resterà sullo stomaco la puzza ó questa e la distesa
e di acqua nera. Allunghi le braccia
gyűjtsd össze verso il basso dove
a bocca chiusa sposta
i residui mentre cammini fin sopra alle ginocchia
gyűjtsd össze az összeset
ma raccogli le lische almeno az összes fogat
I due signori sono venuti fino a qui per studiare la conformazione delle grotte. Ora stanno al piano di sotto dove fa più caldo. Parlano inglese e bevono pálinka. noi cerchiamo la donna ma la donna è fuori
nyakláncot fogsz fűzni
serviranno ago e filo per le mani
ó, fehér kezeid troppo grosse per infilarsi negli spazi
accarezzano la mia schiena che è una schiena pelosa
le mani sono le tue
mentre i denti
fehér fogakból láncot fognak fűzni
la schiena che si inarca
Questa è l’ora del giorno in cui fa più buio. Puoi sentirli respirare, i Weltu bocche grandi piedi storti, attraverso i vetri. i lamenti di un vitello.
La donna ha preso con sé alcuni cani e bastoni.
Quando non lo sentiremo più potremo uscire anche noi
tornare al lago con le reti
II
La mattina seguente i davanzali sono coperti di mosche. Qualcuno ha tagliato una parte dei lenzuoli. Ci alziamo per trovare i nostri piedi già scoperti la gola anche aperta il fiato si condensa e ha freddo
Tu lo sai che cos’è un cane
ha benne vagy
la donna dice mangialo.
Dobbiamo ancora disgrassare la carne
imparare a sfilare la colonna vertebrale con un unico lungo gesto
te fel tudod ismerni batterla sul tavolo
il colore bianco come di involucro ci avvertono: sega le corna di una vacca
se è bagnato con le gambe di fuori gli occhi le mani sono finte e
galleggiano – potrai vederne il cervello
de még mindig fel tudod ismerni
Scaldiamo una tazza di latte nel pentolino si incrosta. Il freddo ai piedi le assi si staccano dalle pareti: sotto di loro marcisce quello che sta sotto
Un uomo è uscito dallo sgabuzzino e non parla. È venuto per i topi
i loro corpi sono ancora dei corpi e noi siamo dentro, i denti invece
affondano sono denti veri
li conosci anche tu, e ancora
non hai paura se allunghi il braccio fino a qui fino quasi a toccarne
lo spazio cavo ha még mindig benne vagy
III
Usciamo per andare a caccia delle uova deposte la notte: molto presto, prima che la testa umida e il becco le crepino dal dentro. Anche noi portiamo i bastoni ma sono più corti e appuntiti sui gusci sono così sottili che i capillari li percorrono
bentről al caldo
piangi il desiderio di essere mangiate
le conservi
meg kéne enni con le tre nostre mascelle
stretti i denti dello stomaco
prima che vadano a male non provano dolore.
IV
Stendiamo i gradini. Pareti di corde qui dentro le donne come le
oche non hanno la testa di bue.
Sono fatte di filo, le pelli sulla sporgenza dei palmi
di mani molti dei ciechi li battono a terra
szorít: io mi ammalo