Riccardo Frolloni, Corpo striato

da | Set 17, 2020

Sei poesie inedite.

 

sogni II

Difatti quella fu anche l’estate che senza preavviso si unì a me
e ai ragazzi per la camminata di due chilometri e mezzo una sera
particolarmente calda e anche lui, buttando via i vestiti,
corse urlando in pantaloncini sull’orlo del ruscello e si tuffò

ma pesava ducentocinquanta libbre e il tempo era stato secco
e si trovò in tre piedi d’acqua e quasi si ruppe un femore –
spezzò quasi il mio cuore
……………………………..la visione di lui così felice –

Poi una notte qualcuno venne a casa e si sedette
in cucina a parlare con mamma fra scatole d’imballaggio, io
rimasi fuori sul portico seduto con le gambe allo steccato
a guardare davvero le stelle per la prima volta in vita mia.

Era di novembre, faceva freddo, c’era del fumo nei boschi, c’erano
acque rapide col luccicare dei bagliori d’argento e la fascia rosa là
fuori nel cielo, oltre la villa dell’olandese, se giri a destra puoi vedere
il paese intero, là sulla collina e poi la valle, la strada provinciale,

di notte si nascondono macchine nel buio, si fermano
a metà dei sentieri, spengono i fanali, tornano al silenzio, tutti
vanno incontro alla montagna, ci fanno i conti giorno e notte,
ma’ e altri parlavano dentro di storie ombrate di morti e animali,

di foglie e di vento, noi – l’ho sempre saputo – siamo quelli dei sentieri
e la luce gialla dal paese o la luna come un vento ci toglieva le parole
si infilava nei camini, nel dolore come in sogno cercavo
qualcosa e finivo nella ghiacciaia. Ma nella ghiacciaia c’ero io.

 

 

materiali I

La casa era prima di terra e poi d’aria, l’acquedotto
ce lo siamo allacciato noi, con le nostre mani,

la terra infine la nostra e così comincia una stirpe,
seguono vigneti e alberi di prugne, il caco

d’inverno porta frutti rossi su rami secchi,
ancora come una mano afferra i ricordi di casa

col tempo sono stati piantati ulivi, strappati i filari.

 

 

materiali II

Chi riconosce l’aria della neve
porta guanti di cuoio alle mani
e si passa legna dietro casa,

non ci si dice molto perché
non c’è molto da dire, ogni volta
è come se ci inseguisse qualcosa

le macchine passano per strada
ma più veloci, più sole, trasparenti,
subito rientriamo, odore di polenta,

ci precede un vento che sappiamo
ha il sapore ferroso delle ferite, perché
senza dircelo lo aspettiamo.

 

 

sogno V

Un giorno ti porterò quassù dove si vede
un panorama bellissimo, le vallate tra i monti

ci affacceremo all’alba con la quasi luce
sarà come vedere un film lentissimo e farà freddo,

è qua che voglio essere seppellito,
………………………………ricordo da piccolo

una quercia carbonizzata da un fulmine, rimase lì per anni
e ancora nell’ambra della memoria,

sarà così questa morte, mi prenderà alle spalle
sarà una morte normale,

………………………………..questa mattina
non deve mai iniziare, parlami di te un po’

………………………la volpe s’è appena addormentata, la notte è stata lunga

il cimitero non ha spazi, puoi leggere tutti i nomi

torniamo a dormire che è ancora presto
……………………………………torniamo a letto.

 

 

sogni VI

La montagna era sempre stata presente
di una presenza che agisce per sottrazione,

sono le sette di sera e come oscura il cielo stranisce l’erba,
siamo scesi e l’aria era quella, ancora un po’ di ghiaccio sui campi,

la notte non si capisce da dove viene, lei lontana vuole stare da sola,
la seguo, penso a quanto possa pesare una montagna, a quante cose

non si vedono eppure esistono, gli impianti fermi, la capannina,
in alto su tutto il ripetitore come una ragnatela

ma la notte non si capisce, accade e subito
si alza un vento che impazzisce, comincia a nevicare

nevica forte a vento, lei si volta, ha un cappuccio calcato sul viso
e i capelli volano, i suoi capelli rame si appiccicano alla faccia tra i denti

dice
………………………………………………………………nevica

è rimasta così a lungo, in poco tempo nuova neve era sulla vecchia
e i nostri passi lasciavano impronte, siamo tornati indietro

cominciai a sognare spesso il suo sguardo bianco,
incontravo mio padre da qualche parte in città, mi regalava dei soldi e io li perdevo.

 

 

Immagine: Mario Cresci.