Quarto quaderno italiano di poesia contemporanea

da | Nov 13, 2015

Continua la storia dei Quaderni di Franco Buffoni, con i loro oltre vent’anni di ricerca nella poesia italiana. Per ogni volume presentiamo una scelta di poesie a cura degli autori. Il IV Quaderno esce nel 1993 per Guerini e Associati con poesie di Fabio Ciofi, Paolo Febbraro, Marco Molinari, Giselda Pontesilli, Antonello Satta Centanin (Aldo Nove), Emanuele Trevi, Paola Zampini, Edoardo Zuccato.

***

Fabio Ciofi, da Prendi ad esempio me

Ti addosso colpe di nubi piovose,
se non rido lo addosso al tuo volto gaio.
Bersaglio del mio strale
non trasalisci quando
il mio occhio ti vorrebbe incendiare.

Ti rifilo addebiti di pensieri
cupi, buco nero nella mente.
Cospiro trame selvagge vendette
al dettaglio preparo
per vederti a terra strisciare.

Ma non ti trovo.
So che abiti qui e in nessun luogo
perchè solo esisti
quando mi torce il male,
quando ti formi sulla cenere
del mio scalpitare.

Non posso azzerare la vita,
e non è una questione di conti
attivi o passivi il bilancio
da cui mi dissocio. E’ la spinta
a forgiarmi di un’altra materia,
per meglio poterla plasmare.

E’ sconfiggere questo continuo morire
senza trapasso.

*

Paolo Febbraro, da Disse la voce

CAINO (II)

«Nella mente il tuo sangue
offeso, il rosso della tempia
disfatta. Rivedo la terra
sorbirlo, spaccata, in un fermo
silenzio tra gli aridi
fili dell’erba.
Fratello, il ricordo
non t’assomiglia già
ma, vedi, non cade ed è come
spezzarsi di dentro,
l’oscuro ripagamento
della mia bruta libertà.
Riguardami, ora,
invaso dalla memoria, seduto
sulle rovine del mio oblio
e dal lato sinistro mi scruta
la fredda innocenza di Dio».

*

Marco Molinari, da Madre pianura

Segnati da un cerchio
di primule, alcuni uomini
ricordano il loro primo autunno
sulla strada infangata,
e non altro che questo:
i parafanghi violati
e le fughe sui tetti.

Quando sarebbero venuti
i santi del paradiso
e si giocava ad abbattere
soldatini, quando la luce
che non accendevi
aveva una radice salda
nella mente, ti scoppiava
il Mondo.

Sarà che Apollo ha figliato
sotto al caco, grandine e semi
spazzati dalla furia dei marciapiedi;
domani partirà, domani gli darà
l’educazione che ha sempre sognato:
uomini vestiti alla moda sono qui
e mi costringono a vederti,
scarafaggio di K.

*

Giselda Pontesilli, da Il pensiero bello di lui

PAESAGGI

I

Uno sforzo d’argento,
un notturno messaggio
inesausto, immoto, immortale:
per caso io lo vedo,
esco dolorante sulla strada
e si fa immoto il cuore
al suo colore,
nei moti, nei millenni misterioso
si sa immortale
è puro
è consolato da se stesso
è tutto;
e a lui di fronte
onde e onde di luce
il bianco lume,
inesausto, immoto, immortale
puro pensiero anch’esso
puro cuore.

*

Antonello Satta Centanin (Aldo Nove), da La luna vista da Viaggiù

Qualcosa di
completamente nuovo, come il wurstel
ripieno di formaggio americano,
che addomesticato dall’acquisto
riposa nello spazio
rimasto tra il prosciutto e gli assorbenti
inerte come il docile stupore
del peso che si scava l’interstizio:
un tonfo sordo. Quattromila lire.

Qualcosa di
tradizionale come
il petto di tacchino, messo sopra
la confezione d’acqua minerale,
in bilico. Seimila
trecentoventi lire.

Adesso è questa
bolletta dell’Enel. Luglio
millenovecentottantotto, il due. Sull’
orologio le
diciannove e quarantacinque non sono una ragione
per nessuno, oltre
le mani che stringono senza capire il foglio
del conguaglio, rosse
le linee che contengono le cifre. E alla storia
consegno questo. Né
testimone o di me o del mio tempo
vedo inerpicarsi nello stretto dovere
che ancòra sgretola tempo e tempo dalle persiane,
dove il deserto è una goccia
che dall’infanzia prorompe
in questa cucina.

*

Emanuele Trevi, da Argomenti per il sonno

UN ROVESCIO

“Ecco il vertice”

Nel sonno la fuga del sonno,
le Iadi piovose
nel giro notturno.

Va pensando un nome
e non si arresta.
Poi la segue
nello stesso fiume.

Amata – crede
di ascoltare –
fermaglio d’ombra.

“Le acque superiori”

*

Paola Zampini, da a Roma

Ne sa qualcosa il platano
la sua verde esistenza
che cresce arborea e inarca
il cielo tra fitti tramagli
– si ritiene colomba?
Colombe
ombre sui rami intima voce
d’una possibile chiarezza.
Ma vòlto ma ecco
incupisco ai tuoi occhi,
miei fuochi sottili,
lentamente rinasco
su instabili abitudini
e io e lenta
all’amore mio
lui che mai si disorienta
dichiara specie e incendia
piccole venerabili braci;
ma tu, così maturo da non fumare.

*

Edoardo Zuccato, da Tropicu da Vissévar Tropico di Castelseprio

BALZARINN

Hinn un pügn da cassinn
in sü ’n fiancu daa Lumbardia
cut i cà setâ gió in gir ai curti
temé di vecc in gir a ’n taul
a cüntà d’una ölta.

’Na quaj vüna
püssê smaralâ, la sa pogia
a ’n baston
’tan che tocch a tocch
turn indrê
in daa tera.

Balzarine – Sono un pugno di cascine / su un fianco della Lombardia / con le case sedute intorno ai cortili / come vecchie intorno a un tavolo, / a raccontare di una volta. // Qualcheduna / più malferma, si appoggia / a un bastone / intanto che pezzo a pezzo / ritorna / alla terra.

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Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).