Quarantuno oggetti

da | Apr 14, 2021

Tre traduzioni dal danese di Elena Graziano da Quarantuno oggetti di Carsten René Nielsen (Taut Editori, 2021).

 

Dalla sua prima raccolta, Meccanico ama sarta (1989), Carsten René Nielsen, poeta danese del ‘66, si è imposto come una delle voci più interessanti della poesia scandinava. Lontano dai toni consolatori, Nielsen aggredisce l’immaginario tradizionale con una visionarietà innevata, caratterizzata dal grottesco e da un’analisi raffreddata di situazioni al limite della follia. In questa nuova raccolta di poesie in prosa, la scrittura dell’assurdo fornisce nuove prospettive sul quotidiano: l’uso ludico del linguaggio, scanzonato e subliminale, apre profondità plastiche impreviste; la percezione del reale, allucinata e distorta, crea nel lettore un effetto perturbante. Nel rapporto tra natura e artificio, tra vita e arte, l’autore privilegia infatti le zone d’ombra: c’è sempre un elemento che sfugge, qualcosa di nascosto, un segreto difficile da interpretare.

(dall’introduzione di Alberto Pellegatta)

 

 

GESSO

Ho cercato di scrivere sulla lavagna, ma il gesso non ha lasciato traccia.
Come se la lavagna fosse fatta di metallo, o il gesso fosse un chiodo arrugginito. Non che importasse. I miei studenti stavano seduti, come fanno loro, strillando in silenzio a occhi chiusi, le mani premute contro le orecchie. Era così tranquillo nella stanza che si potevano sentire gli insetti volare contro le grandi finestre. I miei occhi erano forse due piccoli soli o era il sole che brillava così intensamente quell’estate che tutti eravamo illuminati da dentro? Non lo so. Sei tu che te lo ricordi.

 

*

FRIGORIFERO

Mi sono svegliato dentro il mio frigorifero e ho considerato se non fosse l’ora di ridurre il consumo di alcol. Ho deciso comunque di rimanerci seduto per un po’, studiando il clima e le condizioni di luce. Chi l’avrebbe detto, è arrivata una nevicata e di rado ho visto un tramonto più bello. I piselli aleggiavano brillanti nel cielo notturno e il terreno era pieno di uova. Come per tutto il resto, l’esperienza della vera bellezza dipende da una certa moderazione, quindi la domanda era se qualcuno potesse sentirmi o meno: «Posso uscire ora», ho chiesto esitante, «posso?»

 

*

TROMBA

C’erano cibi poco tradizionali nella caffetteria automatica: torta a strati di neve, zampa d’agnello in un calzino lungo, spazzola da bagno con salsa. Mentre l’allarme antincendio suonava, e gli irrigatori versavano acqua su di noi, ci siamo seduti al tavolo, ognuno col proprio piatto. Tu avevi una tromba col raffreddore, io un piccolo dolmen. «Odio il surrealismo», hai detto, e io ho spiegato perché questo non ha niente a che vedere col surrealismo. «Inoltre guarda che bello che è, quando le pesanti gocce d’acqua colpiscono la superficie del tavolo». Ho provato. Proprio in quel momento, la tromba ha starnutito. Uno starnuto così soffocato, imbarazzato, che sembrava quasi umano.