Pronomi personali

da | Lug 24, 2017

Alcune poesie da Pronomi personali di Marco Corsi (Interlinea, 2017).

dove siete stati a cancellarmi
per ogni nutrimento di sostanze
o di acque dense
dove siete stati per essermi
piccoli sentimenti eucarioti, procarioti, sentenze
avete avuto facoltà pressoché indeterminate:
silenziose ancora acque
in sé convesse per non dire ripetute
dove siete state noi qui non abbiamo
forma e meno che mai deposito
per qualità di germinanti indizi.

*

lavorare traduce all’infinito un motivo
il prodotto interno capitale,
la somma dei nostri destini felici
in preda all’evoluzione.
e se tu davvero fossi zebra
o bestia da soma, licantropo
notturno, amico mio, fratello
della specie, lo so, ne dubito,
osserveresti tutti i turbamenti
chiamati ad essere rigore
un mattino di quasi marzo
tra bulbi e poche fioriture.

*

dove siamo, dove saremo stati
prima di domani domanderai
conchiglia di sabbia nel nocciolo del mondo,
mio orecchio domenicale. non più pungente
il tuo quesito mi trapassa silenzioso –
sagoma nera di sasso oblungo –
ferendo la cornice dell’occhio e riducendo
il paesaggio a tutto. ecco perché sapevo
da quanto tempo gli altri ti vedessero diverso
o in maniera meno suspiciosa credessero
che tu fossi parte di una serie
anello di anelli mai visti e destinati a morire.

*

congelato, freddo, esausto
come luce in corpo morto
di materia celeste o delicata,
mi dici: «davvero non ti accorgi
di quanto sono diverse le persone
delle sette da quelle delle otto?
dimostrano scarsa ragionevolezza
sono ombre più deboli ogni giorno
hanno il fuso in assetto di guerra
si ostinano nelle permute
sono la nostra specie finita…»

*

non per questo porteremo godimento
e non per questo avremo sentimenti
simili in tutto alle mummie di tollund
addormentate nella loro espressione
sopra un tenero strato di muschio
più o meno dall’età del ferro
quando qualcuno rimase digiuno
la notte precedente
per diventare un fatto di cenere.

*

la felicità è saperti successivo
dove non c’è evoluzione nei corpi
solo la materia inerte
di cui ti sei fatto bello
a immagine di un dio solo
senza padre e senza fratelli.

*

ci vorrebbe un corredo caran d’ache
per questo caravanserraglio che a noi sembra
il tram diretto a mombello
e qui dicono invece che sono piovuti
chicchi di grandine a misura di noci…
dopo dieci minuti, l’autista
ha strappato quattro frutti dal pero
porgendoli in dono, ma il teorema
prevedeva la caduta libera dei gravi
la mancanza congenita di elettricità
una casa nuova nella prateria:
allora, con fare circospetto, abbiamo stropicciato
tutti i gesti nel cotone, acceso i ceri
e liberato la massa dei colori.

*

potevano porgere soltanto acqua e sapone, un vestito di carta leggera. l’ago nell’arteria radiale del polso, guardare silenziosi l’ossigeno che scorre. in te trovarono vene di terra e pochi germogli di cattiva natura. l’inadempienza. ci sottoposero quindi a una cura costante di radiazioni, perché tu volevi vedere le stelle.
la diagnosi era stata perfetta: un eccesso di trasmissione.

Immagine: Lucio Fontana, Ambiente spaziale, 1960.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).