Prisca Agustoni, Luca Bresciani, Alberto Cellotto, Giorgia Esposito – Collana Gialla 2020

da | Set 1, 2020

In anteprima una selezione di poesie dai quattro libri usciti quest’anno per la Collana Gialla di pordenonelegge-Lietocolle: Prisca Agustoni, L’ora zero; Luca Bresciani, Linea di galleggiamento; Alberto Cellotto, La decenza comune; Giorgia Esposito, Smarginature.

 

Prisca Agustoni, da L’ora zero

1.

Abitiamo all’insaputa
la vita segreta delle cose:

la solitudine è un luogo,
una strada abbandonata
dove l’ombra, gemella
crudele ci lascia
da soli sul marciapiede
e aspettiamo,
………………….immobili
e spauriti come dei cani
che la mano diventi carezza

 

2.

La casa gialla ha due cani.

Nella casa gialla c’erano due cani.
Son morti, tutti e due, di una qualche morte
canina. O per mano umana.
Uno dopo l’altro, nel lasso di una settimana.

Da allora, ci si guarda con aria animale
chiedendoci chi sarà il prossimo a cadere.
Se il tuo cane, se il mio, se quello del vicino
o se invece sarò io.

Di una morte qualsiasi, canina o umana.

 

FIORITURA

avremo parole come acini
dicevi, a grappoli sparse
generose tra i giorni di sole.
Ma gracile il silenzio
resta ora invece appeso
boccia di vetro e s’incrina
alle mie labbra questo scorcio
di giardino dove la vite
mentre s’afferra al vento,
coi tralci contratti verso il vuoto,
scova un appiglio, un arpione
forse, una sporgenza,

lo schianto del sole sul selciato.

*

Da giorni il melograno è alla prima fioritura,
la chioma ancora scarna:
impavido chiama a sé lo sguardo
e si staglia, esile col suo esserci
infuocato, contro la parata degli alberi
maturi, tropicali al fondo del prato.

E ti prende lo sconcerto
davanti alla visione
dei frutti rossi e divelti a terra
……………………………feriti
come cuori che ancora battono
ferocemente,
………………………..lontani dal corpo.

 

***

Luca Bresciani, da Linea di galleggiamento

Un rettangolo di cotone
tra il legno e la fame
e nutrirsi senza strozzare con le mani
è ricomparire dalla parte degli uomini.

Due volte in un giorno
la memoria diventa indirizzo
e sono le briciole ai lati dei piatti
il numero civico dei nostri ritorni.

*

Svegliarsi con luoghi abbandonati
all’estremità dei polsi
e l’erba nei corridoi delle vene
è sindrome del tunnel carpale.

Penso a un’usura per sottrazione
nello stallo di chi si astiene
e la natura violata delle braccia
di notte ci riconsegna alla terra.

*

Accendere i fornelli
per credere ancora nei miracoli
e il pentolino con il manico rotto
diventa un cucciolo malfermo.

È savana la colazione
offrendo la gola al telegiornale
ma quanta bellezza l’acacia che resiste
nella siccità rasoterra del niente.

 

***

Alberto Cellotto, da La decenza comune

Una storia di un inizio dove succede la storia.
Viene per vie battute ogni fatto e per fortuna
ogni storia ha la fine che non si merita.
Perché se la fine ha fatto un gorgo per tenere
la luce allora possiamo fare a meno di cielo e terre.

*

È importante che duri, esisti e non sparisci perché
non mi hanno mai punito abbastanza. La discendenza,
le cavallette e le cimici mi perdonano la stoltezza
che ho cumulato. Come tesoro. Come denaro.
Il denaro che ci fa molto simili, più vicini: cari.

*

Per la clava la mazza ferrata o la carezza: popolo
dio cavallette. E poi nemmeno saprei entrare in battaglia
e preferisco sparpagliare la paglia per le mucche e stare
basso dentro il letto del fiume sotto gli argini. Tutto questo
contrabbando al sesso alla fedeltà che per fortuna se ne va.

*

I tralicci sempre in diagonale e questa pendenza che fa
un labirinto dei cementi. Fai una lista di quanto è inutile
staccare e dire, godi per pochi o ritorni simili al tempo
presente. Ci sta un uomo, ci stanno molti uomini ma
tutto il cielo che ci sta scorre in un no o in una stanza.

 

***

Giorgia Esposito, da Smarginature

Quanti cedimenti alla banda,
l’uno che vuole essere parte
ma non gregario, l’infelice
nel suo diaframma di senso,
il gesto che tradisce l’esilio.

Cosa caverai dal nucleo primo?

Qualcuno sta cercando i suoi,
il non ritorno, il bacio sulla fronte
del padre, il mondo-schermo,
questo tempo tutto da schiarire.

*

Spiegarono, grosso modo così.
Quello di sua figlia è
uno spettro di ereditarietà
mal smaltito. Un principio
di psicosi. Ne soffriva anche
la zia, il padre, il fratello.
È ormai certo che un giorno
sfidò il buio come un gran
nemico, seminando il piscio
come acqua santa. Quando
la notte, al Grimaldi, la sana,
la madre, le restò a fianco,
capì quanto il principio
possa essere uno scandalo.

*

In quale pozzo fu benedetto, gli chiedo
sfiorando con paura l’assenza del mito,
il non approdo in cui si inarcò il vagito.

Per le lunghe scale è l’eco la dimora
dell’orco, e più su la campana cinerina
dell’infanzia, l’odore acre del limone –
incredibile credersi salvi.

Tu respingi le due braccia tese
nello sforzo di separare i lembi.
Tu vuoi l’intero nella crepa.

 

Immagine: Banski.