Per le parole che si ostinano a restare. Poeti portoghesi contemporanei

da | Feb 7, 2015

L’introduzione di Nuno Júdice all’antologia di poesia portoghese contemporanea, Per le parole che si ostinano a restare, in uscita per Kolibris. Con testi di testi di Ana Luísa Amaral, Golgona Anghel, João Luís Barreto Guimarães, António Carlos Cortez, Luís Filipe de Castro Mendes, Maria do Rosário Pedreira, Luís Quintais, Jorge Reis-Sá, Margarida Vale de Gato. Traduzione di Chiara De Luca.

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Il pensiero poetico portoghese nella prima metà del secolo XX può essere definito da due concezioni opposte a ciò che di fatto è la Poesia, e che sono ben sintetizzate dai titoli di due libri: Il mistero della poesia, di João Gaspar Simões e La conoscenza della poesia, di Vitorino Nemésio. Mistero e conoscenza sono i due poli contrari di questa visione di ciò che costituisce l’attitudine del critico o del teorico nei confronti dell’argomento che stanno trattando. Se la parola mistero rimanda allo spazio del sacro, alludendo alla visione romantica e ispirata della poesia, la parola conoscenza ha a che vedere con il razionalismo e con il pensiero capace di giustificare o spiegare l’effetto di “sublime” o di bello che la poesia è in grado di creare.

In questa dicotomia incontreremo anche un’opposizione destinata a perdurare per tutto il corso del Ventesimo secolo, fino agli anni ’70, tra ambito accademico e ambito non accademico. Pur con tutta la sua cultura, Gaspar Simões, il primo biografo di Pessoa, laureato in Diritto, non proviene dal mondo letterario; Nemésio appartiene invece al settore umanistico e sarà professore per tutta la vita. È forse questa la ragione per cui Simões, nel corso della sua attività di critico letterario, che avrebbe attraversato vari decenni del secolo fino alla sua morte, nel 1987, manifestò grandi riserve in relazione a quella che designava “poesia accademica”, considerandola troppo intellettuale e contraria alla sua idea di poeta ispirato.

Nel corso del Ventesimo secolo queste linee saranno perseguite da altri nomi e da altre correnti politiche, tra le quali vale la pena ricordare Jorge de Sena nell’ambito di una visione della poesia come costruzione razionale e intellettuale, i cui archetipi sono Camões e Pessoa; e David Mourão-Ferreira, sul piano della conciliazione del mistero con il pensiero, cui si unisce la sensibilità, che è la cifra distintiva della sua poesia. In un piccolo e fondamentale capitolo del Discorso diretto intitolato Il poeta e il mondo dei sentimenti, Mourão-Ferreira scrive della sfiducia nutrita dai poeti contemporanei nei confronti del sentimento sentimento: “D’altra parte, questa dissociazione delle parole dai sentimenti ci conduce direttamente a concepire il poeta come una persona che stia sempe fingendo i sentimenti che esprime.” (p. 196); e a partire dal verso di Pessoa “il poeta è un fingitore”, sostiene che, sull’esempio del «paradosso dell’attore» di Diderot, se ne possa trarre il “paradosso del poeta”, che consiste nella sua impossibilità di rifiutare, in poesia, il sentimento, ma anche, al contempo, nell’impossibilità di ignorare la poetica della parola.

Negli anni Settanta, questa tendenza “intellettualistica” sarebbe stata proseguita e approfondita nel senso di una applicazione delle proposte risultanti dallo sviluppo degli studi di poetica e di teoria letteraria. Ci troviamo ancora sulla linea teorica di matrice universitaria, ora però incentrata su un lavoro ispirato alla teoria della letteratura dei formalisti russi e dei loro seguaci, e sulla rivelazione di scritti pessoani sull’essenza del soggetto e del poetico (ciò che avrebbe introdotto nei recenti studi la figura del “soggetto poetico” in sostituzione del Poeta, concetto troppo impregnato di romanticismo). In ogni caso, ciò che qui ancora si verifica è quella continuità relativa alla tradizione che possiamo definire moderna, a partire dal Modernismo, assimilando le grandi questioni poste dalla dottrina pessoana del soggetto e perseguite nel corso del secolo, e infine, tentando quella possiamo definire una decostruzione di questo mondo. E giungiamo qui al momento decisivo nel passaggio da un secolo all’altro, in cui questa estetica “teorica” sarà superata da quello che possiamo definire un regresso al lirismo, accompagnato, in alcuni casi, dal neoclassicismo. Non è forse casuale il fatto che quest’ultima tendenza si presenti con la maggior evidenza nella poesia scritta dalle donne, come è il caso di Ana Luísa Amaral, che inscrive in questo spazio poetico una presenza della dimensione femminile che non si lascia sconfiggere dalle imposizioni ideologiche. Inoltre, non c’è in lei alcuna concessione alla militanza che indebolisce, spesso, la letteratura “femminista”, e questo punto di vista – e di partenza – sfocia in una poesia in cui sono presenti tutti i grandi temi, dalla solitudine all’amore, ma sempre con un tono che lascia trasparire una certa distanza e, a volte, una certa auto ironia. Diverso è il caso di Maria do Rosário Pedreira nella cui poesia questo tono lirico è più interiorizzato e acquisisce uno statuto confessionale, su una linea che non è estranea al regresso di quel lirismo che, in poeti come Luís Filipe de Castro Mendes, João Luís Barreto Guimarães o Jorge Reis-Sá mira a recuperare forme tradizionali come il sonetto o l’elegia. Se però in Castro Mendes assume una forma espressiva che tradisce la lettura di Rilke, Guimarães e Reis-Sá cercano invece di attualizzare e sovvertire queste forme, creando effetti stranianti che aprono la strada a quella che, nel Ventunesimo secolo, costituisce una poesia di rottura con le forme classiche e la forma espressiva dichiaratamente lirica. È ciò che succede con Margarida Vale do Gato, Luís Quintais e Golgona Anghel, che vengono meno a questa caratteristica, che fu presentata come il segno distintivo della poesia degli ultimi decenni del Ventesimo secolo: la malinconia e la sopravvivenza di quello che è il sentimento più rappresentato dalla poesia portoghese fin dal Medio Evo: l’intraducibile saudade. Si tratta di poetiche distinte e peculiari, che non si integrano in movimenti o in correnti, essendo questa una delle qualità che contraddistinguono i nuovi poeti di cui sopra, cui si aggiunge António Carlos Cortez che, unendo in sé i fili del poeta e del critico, attua una conciliazione di questa rottura espressiva con il sentimento lirico che percorre i suoi scritti.

E se ci chiedessimo quale sia, nel secolo attuale, l’eredità delle differenti poetiche che arricchirono il Ventesimo Secolo, definito “secolo d’oro” della poesia portoghese?
La risposta non è facile, perché manca la giusta distanza per avere una visione d’insieme che ponga in prospettiva ciò che è avvenuto dall’inizio del secolo fino a oggi; ed è anche vero che quindici anni sono un tempo insufficiente per osservare con un minimo di rigore e di oggettività questo periodo. Se abbiamo, da un lato, poeti che vengono da generazioni e periodi anteriori e che proseguono un cammino personale, quella cui assistiamo oggi è soprattutto una affermazione di nomi e di proposte che si distinguono per la voce propria e personale. Come è il caso dei poeti che questa antologia riunisce. Altre scuole sono e saranno possibili, ma questo è un primo passo verso la conoscenza delle trasformazioni della poesia portoghese allo spartiacque tra due secoli.

Immagine: Street art, Lisbona.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).