In anteprima da “Movimenti, acque, soliloqui. Poesia moderna bengalese”, a cura di Alessandro Anil e Giuseppe Flora, da poco uscita per Officina Libraria, pubblichiamo cinque poesie di Shakti Chattopadhyay nella traduzione di Alessandro Anil.
NON È UN MOMENTO DI GLORIA, NON È UN MOMENTO FELICE
Dalla testa ai piedi si dondola, nella cornice una cornice, nel muro un altro muro, i vicoli si scambiano a mezzanotte
è tempo di tornare a casa, dentro un piede un altro piede, dentro la casa un’altra casa,
dentro il petto un altro petto
e poi niente – (molto altro?) – e prima,
dalla testa ai piedi si dondola nella cornice una cornice, nel muro un altro muro,
i vicoli si scambiano a mezzanotte
è tempo di tornare a casa, dentro un piede un altro piede, dentro la casa una casa,
dentro il petto un altro petto,
e poi niente.
“Hands up” – mani in alto – fin quando qualcuno
verrà a prenderti, a portarti
dentro la macchina nera di nuovo una macchina nera, dentro quella
un’altra macchina nera
allineate tutte le finestre, le porte, i cimiteri – sottosopra gli scheletri
dentro gli scheletri le termiti bianche, dentro le termiti la vita, dentro la vita
la morte – quindi
dentro la morte sempre la morte
e poi niente.
“Hands up” – mani in alto – fin quando qualcuno verrà a prenderti, a portarti
a buttarti di sicuro fuori dalla macchina, dentro un’altra macchina
dove c’è sempre qualcuno che aspetta – afferra l’intonaco
dalla melma
qualcuno di sicuro, che non conosci
aspetta dietro una foglia come un bocciolo indurito
il cappio dorato dei ragni nelle mani, l’anello
che ti infilerà – ti sposerai a mezzanotte, quando i vicoli si scambiano
dalla testa ai piedi si dondola
nella cornice una cornice, nel muro un altro muro.
Immagina, hai lasciato la macchina e ora corri verso la stazione, accanto alle lampadine esauste
ci sono le stelle
immagina, le scarpe che camminano, i piedi sono fermi – la terra il cielo, presto o tardi
immagina, sulle spalle di un bambino corre una bara verso il cimitero – più in là
i vecchietti in fila ballano vestiti da sposi –
Non è un momento di gloria, non è un momento felice
proprio allora
dalla testa ai piedi si dondola, nella cornice una cornice, nel muro un altro muro,
i vicoli si scambiano a mezzanotte
è tempo di tornare a casa, dentro un piede un altro piede, dentro la casa una casa,
dentro il petto un altro petto
e poi, niente.
*
SE SOLO UNA VOLTA
Se solo una volta provassi ad amare –
potresti osservare, dentro il fiume, i sassi precipitare dal petto dei pesci
rocce, rocce, rocce e acqua del mare-fiume
la pietra blu è rossa, la pietra rossa è blu
se solo una volta provassi ad amare.
È meglio avere delle pietre dentro al petto: se emettessi un suono, potresti sentirne l’eco
quando tutti i sentieri percorribili dall’uomo sono scivolosi, allora si spiegano le vele delle pietre
una ad una come se fossero i gesti minimi della poesia, come le onde e l’icona di Kumartuli
intrecciata da fili medievali, d’oro e di bronzo, così in lontananza potrei pure tornare
dopo aver osservato le porte un po’ sbiadite della stella autunnale.
È meglio avere delle pietre dentro il petto
per quel che si intende «cassetta delle poste» non se ne trovano qui – potresti comunque lasciarle
negli spazi-interstizi delle pietre e hai risolto il problema
molte volte la mente vuole costruire una casa.
Gradualmente le pietre nel petto dei pesci stanno occupando il nostro petto
noi abbiamo bisogno sempre di tutto. Costruiremo case – alzeremo pilastri permanenti della civiltà.
Quando il pesce d’argento se ne sarà andato facendo cadere ad una ad una le pietre
se solo allora provassi ad amare.
*
NEI BOSCHI AUTUNNALI
Ho visto molti postini vagare in questi boschi autunnali.
I loro sacchi gialli si erano gonfiati, come la pancia di una capra appena sazia.
Hanno raccolto lettere di epoche passate, vecchie e nuove,
i postini in questi nostri boschi autunnali,
li vedo, continuamente a setacciare come delle gru che pescano segretamente
con una tale impossibile enigmatica vigilanza,
non come i nostri postini
dalle cui mani continuamente si perdono
le nostre implacabili e gratuite lettere d’amore.
Noi continuamente ci allontaniamo l’uno dall’altro
noi continuamente, nella smania di ricevere lettere, ci allontaniamo l’uno dall’altro,
noi continuamente, riceviamo lettere da lontano
proprio ieri ci siamo allontanati e già abbiamo lasciato cadere
nelle mani del postino una lettera piena del nostro amore.
È in questo modo che le persone simili si allontanano da altre persone simili,
in questo modo che cerchiamo di esprimere le nostre arroganze, debolezze e desideri.
È in questo modo che in piedi davanti allo specchio, non riusciamo più a guardarci
nella solitudine delle terrazze serali ci lasciamo trascinare alla deriva.
È in questo modo che tenendo le nostre camicie aperte, da soli, continuiamo
a naufragare sotto un materiale di luce lunare
è da molto tempo che non ci siamo abbracciati
è da molto tempo che non sentiamo il gioco delle labbra e della lingua
è da molto tempo che non abbiamo ascoltato le canzoni dell’Uomo
è da molto tempo che non abbiamo visto i giochi insensati dei bambini.
Da una foresta all’altra più antica ci lasciamo trascinare.
Dove l’eterno delle foglie lascia il segno sulla pietra in un esilio ultraterreno
così nel paese senza cielo della comunicazione ci lasciamo trascinare —
Ho visto molti postini vagare in questi boschi autunnali
i loro sacchi gialli si erano gonfiati, come la pancia di una capra appena sazia.
Lettere di epoche passate, vecchie e nuove, sono state raccolte
dai postini in questi boschi autunnali.
Ho visto lettere allontanarsi l’una dall’altra.
Non ho mai visto gli alberi allontanarsi l’uno dall’altro.
*
SE SOLO UNA VOLTA
Se solo una volta provassi ad amare –
potresti osservare, dentro il fiume, i sassi precipitare dal petto dei pesci
rocce, rocce, rocce e acqua del mare-fiume
la pietra blu è rossa, la pietra rossa è blu
se solo una volta provassi ad amare.
È meglio avere delle pietre dentro al petto: se emettessi un suono, potresti sentirne
l’eco
quando tutti i sentieri percorribili dall’uomo sono scivolosi, allora si spiegavano le
vele delle pietre
una ad una come se fossero i gesti minimi della poesia, come le onde e l’icona di
Kumartuli
intrecciata da fili medievali, d’oro e di bronzo, così in lontananza potrei pure tornare
dopo aver osservato le porte un po’ sbiadite della stella autunnale.
È meglio avere delle pietre dentro il petto
per quel che si intende «cassetta delle poste» non se ne trovano qui – potresti comunque lasciarle
negli spazi-interstizi delle pietre e hai risolto il problema
molte volte la mente vuole costruire una casa.
Gradualmente le pietre nel petto dei pesci stanno occupando il nostro petto
noi abbiamo bisogno sempre di tutto. Costruiremo case – alzeremo pilastri permanenti della civiltà
Quando il pesce d’argento se ne sarà andato facendo cadere ad una ad una le pietre
se solo allora provassi ad amare.
*
SONO ANDATO TROPPO LONTANO NELLA MIA MENTE
Sono andato troppo lontano nella mia mente – se volessi tornare dovrei nascere
una seconda volta
dovrei camminare fin dalla nascita
camminare e camminare
dove una volta ho iniziato potrei arrivarci
ma il percorso non è uno –
eppure, tutto gira e ruota intorno all’inizio e alla fine
le radici su entrambi i lati del fiume
da un lato le abitazioni dell’uomo dall’altro il deserto
su entrambi i lati la riva, su entrambi i lati c’è un fianco o l’altro, la tessitura, persone
che vanno e vengono…
due sono le nascite che ci vorrebbero
nella mia mente due nascite ci vorrebbero
NB: Non è stato possibile rispettare la grafica degli originali. Ci scusiamo per l’inconveniente.