Sette poesie in anteprima da “Non è la fine del mondo” di Maddalena Lotter, da poco uscito nella collana ‘Apnea’ di Mar dei Sargassi Edizioni.
E pensare che era stata l’idea migliore
nel tempo abbandonata,
così belle sono sempre e solo
le realtà impossibili.
Rughe fonde della terra
taglienti picchi di nera roccia
e fuoco, e zolfo furente
questa è ora
Europa
dormiente, che non sapeva di finire
niente nel niente.
*
TITANIC
Decorata l’anima in Irlanda e Inghilterra
con le medaglie, le più belle;
mai ripescato giace il corpo
ornato di verdi raggi dell’oceano
ed esistenze solitarie sul fondale sconfinato.
Gli abitanti del mare hanno visto
nella grande notte il suo coraggio
e la disperazione.
Hanno pensato per lui
una corona di calcare e diamanti,
e ancora oscilla, nel profondo
dopo tutto questo tempo
sul cranio luminoso
del Capitano Edward Smith.
*
“The Call of the Wretched Sea”
Non mi pento dell’insistenza con cui ho lottato,
dell’ossessione che mi ha portato qui
sul fondo,
al cospetto di me stesso.
Ognuno dovrebbe tentare di raggiungere
a un certo punto della sua vita
il senso di questa tragedia,
la massima espressione
di ciò che è vero;
più vero di ogni cosa era
l’occhio immobile della balena
in cui mi sono visto
morente.
La sua bianca presenza
incalzante dal fondale
a quell’altra vita
tutte le notti mi chiamava.
*
NOVA
Di questi giorni, l’annuncio:
hanno scoperto una nuova stella
mi rivolgo allora alla pianura pulsante
del cielo di notte
e considero con lo sguardo
quei fuochi azzurri, lontani
fuochi che segnano
un mistero insondabile
sei tu, super vita
e continui a rinascere
mentre sul limite del mare
comincia
il gran finale dei cento uragani.
*
Anno 2651 d.C., forse devo cominciare
a indicarlo sempre nei miei appunti
per non perdere il segno del nostro tempo,
di com’era,
visto che qui è tutto diverso
e non c’è giorno e non c’è notte
dietro l’orizzonte del grande Ananke,
volano gli ammassi e i superammassi
e la sensazione è di tornare indietro
alle esplosioni, ai processi di fusione
dove siamo già stati.
In questo silenzio mi è capitato infatti
di ricordare.
*
Nell’ultimo giorno del mondo
per come noi lo conosciamo
su muri rossi e affumicati
torreggia un immenso varano,
le scaglie del dorso rilucono
in brevi lampi d’argento
l’occhio sottile è puntato
su quello che resta della foresta
e la furia del fuoco sulle città abbandonate
segna l’inizio, o il ritorno
a una durevole e stabile
e leggendaria era dei rettili.
*
Corporibus caecis igitur natura gerit res.
(Lucrezio, De Rerum Natura, I – 328)
Abituati ad associare il vivente alla capacità di movimento, non
abbiamo immaginato altro nel cosmo. Questo perché fino ad ora
abbiamo osservato più di tutto l’addensamento di materia: gran-
di o piccoli individui che si manifestano in un corpo.
In seguito alla marea grande
che sommerse ogni cosa sulla Terra,
ci fu un periodo felice di stasi.
La vita c’era ancora, invisibile, brulicava magnifica
ma solo interiormente
nei sogni senza contorno di una soggettività diffusa.