Nominazioni

da | Feb 10, 2016

Cinque poesie da Nominazioni (Poesie dal ritorno, 2012–2014).

da ET IN ARCADIA EGO

III. Manualistica ad uso.

Potrei squadernare
un manuale botanico,

un florilegio per
confrontare grafo e realtà,

starnutendo alla polvere
di avere più di trent’anni, e una vita

tutto sommato agra, di metropoli,
invasata di geometrie abitative.

Quella che cerco però qui è
la bocca o una sua collusione,

la vegetazione carnivora,
il dare nome,

e riaverlo possibilmente indietro,
altrimenti non sarei tornato a questi plessi,

altrimenti non mi sentirei troppo esposto qui,
e troppo incagliato qui,

davanti alla bocca della pianta, della valle,
mi disincaglierebbe

dall’incombustire, da subito
(a sacrificio)

Il problema è che l’uomo,
la disaffezione, qui è piaga,

un italico zoccolo che lancina ogni dove,
allappato nei suoi piaceri zuccherosi

e così io non potrò che essere un figlio
non voluto, più e più volte,

col suo manuale
di botanica sott’ala,

a cercare esoso il nome dell’acqua,
il nome del fiume, del pane,

il nome della via Francigena
ciottolosa, ciottolosa,

faticosa da percorre a ritroso
in mezzo al regno dei grassi saturi.

*

IX. Mantello per le notti.

Adotterei una coperta di buio,
per aggirarmi in questa valle rifrangente
farei faccia da lupo travestito
con quella stoffa
valuterei l’impossibile:
muovere la gente, l’abbandonai
quando mi persi giovanile,
adesso ci sarebbe voglia d’accompagnarla
a un po’ vita, un po’ d’altra cappa ruvida.

Il mio mantello sarà condanna,
magro rifugio,
o rivalsa o stigma pura, diranno infatti
“cosa vorrà mai?
Col suo mantello,
sicuro privarci
del bene più prezioso,
nasconderlo nel suo buio sicuro,
beffarci come sempre fanno
quelli che si credono a salvo?”

La mia sottrazione
sarebbe scavo di luce,
luminescenza, lanterna,
un gioco mimetico,
che riflette
stringe le spalle e la gola, nel dire,
nell’indicare
avendo la profondità di una sacca
un po’ salata nel fondo,
solo idea del lungo viaggio di ritorno.

Poi se anche mi prenderanno,
poi se anche m’acciufferanno
malamente per il bavero
ansimando da su
del polmone violaceo
delle loro vite strette
delle loro vite affastate
delle loro minute esigenze
al patibolo non mi ci manderanno
fino in fondo – peggio, vagherei denudato,
irriso, lucertola dalla coda mozza
che si dimena davanti
al gioco dei bimbi.

Mentre vivono loro
nella notte irrisoluta,
notte d’indistinta pace,
nottuccia affogata
in se stessa,
lamento di notte fatto nel teatro della notte,
notte lepidottero che non si posa,
barattata solo notte ad hoc
per sorveglianti e svegliati
fobantropi
dal mio vagolare
celato, seppur certo.

***

da TWOMBLIES
Ecfrasi per alcune opere di Cy Twombly

III.
Su “Ferragosto, I, 1961 Roma”

I corpi
………………………………….04/09/2014

Questa è la scena, al contrario:
i corpi tutti lì
protesi dopo il crash
la notizia giunge all’occhio
…………fatto protagonista
all’Occhio
che, vorace, col Ciuffo,
s’inzacchera tutto della scena radicale:
– Sarò arrivato primo alla tragedia? –
inorgoglisce.
Si attornia d’altri organi più sanguigni più sciupati
s’avvicinano pretenziosi, impettiti
è una di quelle cose inumane
che accadono quando si sta a crogiolarsi dell’umanità
per troppo tempo, a succhiarla
fino alla ventresca
………con l’occhio che gronda
con l’Occhio che cerca
………con l’Occhio che guarda l’Orrore,
l’Orrore protagonista suo malgrado
………e solo registra
i casi più eclatanti da comunicare
con vivido scalpore.
(L’hai vista, la scena, l’incidente?
Ora puoi tornare a casa,
………organo salvo, spugna prosciugata di vita.)

*

V.
Su “Ferragosto V, 1961 Roma”

…………………………………………..30/09/2014

Un olocausto pieno di neve

Neve ha inzuppato sé
delle nostre zampe sanguinanti
il cammino che abbiamo fatto assieme
ha davanti a sé grosse premonizioni
…….corri e sotto il suolo
…….che ti si sfa per te tra le gambe,
…….corri
perché ci sono quei grandi vecchi depositari di…
…….che ti braccano,
un uomo e una donna pitturati
siamo di fronte all’olocausto digrignato
un uomo e una donna pitturati
dalla troppa smania di essere
mentre il vento, la tempesta, la tempera
spiegano le pattuglie degli anziani
venute dalle province sature e
infiammabili al contatto con l’ossigeno.

Quando noi ci siamo voltati,
…….di spalle, ora siamo davanti
ci fregano con le loro fiammate in bocca,
le loro grida roboanti,
…….non ci si può fare niente:
“La storia arriva prima o poi per tutti!
La memoria arriva prima o poi per tutti!”
è quello che sbraitano
contro un uomo e una donna pitturati.

Noi pitturati babbini e mammine,
lo si sapeva della truffa dell’oblio,
dell’amore da giovani sotto il sole, le escoriazioni, eccetera.
Solo che si correva,
…….solo che la neve era rossa, non frizzava,
………….solo che si correva, e quell’olocausto
era solo gentilmente sognato
come tutto sommato una liberazione.

***

da DUE SOLI MESSAGGI AI POSTERI

IV.

Guardia bionda
di una lingua che gli cresce
pigra e un po’ severa in gola,
come giglio pungente,
mio nipote fa capannello
coi suoi minuscoli eroi,
li tiene in un palmo della mano,
irrigato dalla felicità subitanea
di uno scambio:
si passano aggeggi robotici,
da distruzione mondiale innocua,
coi suoi amicini paonazzi,
accondiscendenti, giallini,
mangiati i denti dal vapore gelido,
ossuti sotto i piumini spelati,
appena moderni o favolosamente cinesi.

Immagine: Opera di Cy Twombly.

Caporedattrice Poesia

Maria Borio è nata nel 1985 a Perugia. È dottore di ricerca in letteratura italiana contemporanea. Ha pubblicato le raccolte Vite unite ("XII Quaderno italiano di poesia contemporanea", Marcos y Marcos, 2015), L’altro limite (Pordenonelegge-Lietocolle, Pordenone-Faloppio, 2017) e Trasparenza (Interlinea, 2019). Ha scritto le monografie Satura. Da Montale alla lirica contemporanea (Serra, 2013) e Poetiche e individui. La poesia italiana dal 1970 al 2000 (Marsilio, 2018).