“Nessuno” della poetessa inglese Alice Oswald – “Nobody”, uscito nel 2019 – è un poemetto che rilegge il mito di Ulisse ed è appena stato pubblicato nella sua prima traduzione italiana per le edizioni ETS, a cura di Rossella Pretto e con una nota introduttiva di Marco Sonzogni. Presentiamo in anteprima alcuni estratti.
E improvvisamente nel buio violaceo
un amo bronzeo si rattizza e rispegne baluginando
e quando piove e con la bassa marea la sabbia
marca ogni mia oncia e subito la dimentica
così che lontane nel futuro le mie impronte
continuano a camminare sotto di me sprofondando
quando piove talvolta nevica
come se addormentandosi il corpo iniziasse a galleggiare
su un fianco
*
Piccola figura geometrica
persa dentro al colore
egli continua a immergersi e poi torna ma è
crepuscolo senza fondo laggiù pallido buio
senza nome e torpore come quando ci si stira dopo il sonno
e i piedi addormentati non rispondono
come se io mi immergessi nel profondo
trenta iarde dalla superficie di me stesso
ma non sono io è solo un nero violaceo
non sono i miei piedi sono le ore che avanzano
se almeno gli uccelli avessero sottotitoli se fissandoli
potessi almeno attingere certe direzioni nella mia mente
*
Fin dove un uomo può gridare attraverso l’acqua
e con ali respinte il suo grido
si sperde e più non lo si sente
e un altro uomo può sentire il lamento delle onde
ma la sua risposta
si dissolve in acqua come ovale di sapone
si dice che la donna contorta dal sonno
cominciò a sentire cose
come se il mare le si accostasse al letto
poteva sentire si dice la nota esatta
di un tuffatore vibrante come cellulare
tra pesci triangolari in sospensione
e la muraglia del mare e la scogliera sfibrata
fin dove l’orlo dei suoi abiti
viene eroso
*
Si dice che nell’occhio umano ci siano microscopici insetti
che parlano greco e questi invisibili
ambasciatori della visione non vedono mai sé stessi
ma mirano superfici piatte e tornano
trattenendo pigmento tra i tremuli capelli dei ricettori
ed è così che si trasporta avanti e indietro il tempo
e le onde svariano da un colore all’altro
e talvolta la foschia una specie di pioggia stupefatta
si lascia cadere sull’acqua come un teenager
e talvolta ritorna il sole fatale maschera dorata
a fissare con sguardo metallico che pare
ammiccare
*
A quel punto l’acqua si rigirò nel suo mantello
e si scosse in fiamme e si incenerì in pelliccia
e si lacerò in carne e raccontò tutto
e all’istante si contrasse in polietilene
e si seccò e fiorì e decise di essere meno intermittente
e fallì
e divenne una medusa una semplice mollezza d’acqua
un boccone di ghiaccio una malia di olio
e divenne odore di pesce e poi foca putrefatta
e poi un vecchio marezzato pieno di sbalzi d’umore
che dimentico del suo nome si torceva le mani
negando e distorcendo e pensando male di tutto
egli si ruppe in bastoncini ed esplose in foglie
che di nuovo ricaddero indietro come acqua
verde-blu e bianca nel rovescio nero lucente
e si strizzò in migliaia di occhi in sé rivolti
come un pezzo di carta contorta in cinque secondi di fuoco
che con la sua luce la sua luce
distrugge
*
Terrorizzati dagli insetti dal mezzodì dalla luce solare
quando il mare si dilata per far entrare più verde
e i corrosi recessi si vedono in tutte le loro crepe
quando le rondini si liberano dei loro dispiaceri
e i gabbiani si appendono su invisibili armature
e solo alcuni piccoli quasi magici lampi di luce
cadono sotto forma di pioggia e
si fermano
quegli amanti si acquattano nelle loro dimore chiedendosi
può sentirci ora quel poeta ha finito
il suo poema su di noi che tipo di stoccata infine canterà
del marito se in effetti sta
tornando conoscendo ormai la scoscesa sporgenza
del bassofondo dove le foche beccheggiano come palloni
e hai sentito quel coro di alberi lungo la riva
con alghe appese ai rami come fazzoletti intrisi di pianto
commossi dall’accorato sospiro del vento
e hai notato il modo in cui il raggio dell’acqua
si mantiene proporzionato ai suoi cerchi
come se ogni goccia di pioggia facesse un veloce calcolo
e quando si ferma vi sono tracciate righe piatte
che metricamente scorrono da un’isola all’altra
*
Come comincia il mare ha infiniti inizi
*
Ti prego egli disse ti prego lasciami dormire
smanioso sotto la coperta un piede a terra
lo sai bene disse è soltanto l’acqua
che ci parla con voce d’amnesia
talvolta trascinando i piedi ansiosi
che rivoltano le pietre e talvolta
ululando la stessa domanda
e sulla sua roccia quel poeta vaga in dormiveglia
di tanto in tanto ribattendo
chi è
ma con tutto ciò per forse mille anni
a stessa domanda stessa risposta
nessuno
e il guardiano sgrana appena gli occhi
fissi al cielo marino mentre sul tetto si chiede
come sia inchiodato alla notte in caso tuo marito
già vestito del suo fato ma non ancora
assassinato
improvvisamente appaia