Appena uscita per la collana ‘Lyra giovani’ di Interlinea “La nostra villeggiatura celeste”, la raccolta delle poesie di Pietro Polverini, scritte dal 2012 al 2021, a cura di Francesco Ottonello. Pubblichiamo in anteprima i testi della sezione d’apertura.
Non tornare sullo stesso punto
acuminato, sonno: là c’era uno
spiazzo di cemento da nessuno
percorso, adorno di tralicci senza
corrente; sottovoce si ripercorre la
via che conduce ad una casa, anch’essa
disabitata, un tempo lasciata alle storie
di lamenti o comunioni, di lavoro
concluso e di corpi da riportare in
un santuario di riposo: questo era il
tuo letto dove restavi con una canotta
azzurra attaccato al polmone di tua
moglie che in respiri annullava il chiarore
del giorno trascorso sulla soglia del cielo.
*
Ora che resto senza stelo
natura un tempo folla di lumini,
di terre morbide minerali
ti svuoti: veglia su te la lunga
dentatura di falò che parla roca
con la voce di questa rupe.
*
Chiedo alla terra un sacrificio
ultimo per ordine e natura,
abbia solo abbaio di sangue
vestigio globulare di noi
che sapientemente veniamo
meno alla nostra storia.
Cedi un sonno che sia perfetto
per misura e astrazione,
lì passa in rassegna
in una tintura di sogno
quanti volti scucisti
per poi riportare guerra
in altro bianco stame.
*
Per questo il sonno deve tardare
teso l’agguato sul velo di papiro
l’inchiostro non tiene il passo dei
vostri incendi privati se ne compare
uno in comune che fa in terra
scorza cinerea
tempo unitario
orchestra sfalsata
ritornano poi sullo stelo del leggio
sottratti veli di spartito e nell’aria
conservi una precisione di lumino
nell’intento che abbaglia la filigrana
del giorno che manca, il grembo poi
dei nostri occhi s’apre, scoccano le
biglie pupille quando il ventaglio di ciglia
lo apriremo sul rovescio del tuo.
*
Quanto è scompigliato
stanotte il falasco dal vento,
perdona se non ho raccontato
questo florilegio di appunti
ho annotato in un crepitare d’inverno
ma le tue storielle non valgono niente
se sfinita dolcezza di bianco occhio…
*
È sempre all’altezza di questo bagliore
che mi reclama lo sbaglio di un sonno
oscuro incontro in cui si dissolve e si
trapianta in verginità di capo sfaldata
una storia appuntata in faldoni
in cui si sgrana la vecchia tinta che ti fece
protagonista e vuoto palcoscenico.